Obama-bis: la personalizzazione della politica

Nel 2009, appena eletto, Barack Obama riceve il premio nobel per la pace senza aver fatto sostanzialmente nulla: lo ha ricevuto sulla fiducia. Questo premio rappresenta l’importanza della vita politica statunitense per il resto del mondo: dopo otto (disastrosi) anni con Bush figlio, l’elezioni di Obama ha incarnato la speranza non solo dei suoi elettori, […]

Nel 2009, appena eletto, Barack Obama riceve il premio nobel per la pace senza aver fatto sostanzialmente nulla: lo ha ricevuto sulla fiducia. Questo premio rappresenta l’importanza della vita politica statunitense per il resto del mondo: dopo otto (disastrosi) anni con Bush figlio, l’elezioni di Obama ha incarnato la speranza non solo dei suoi elettori, ma di tutto l’occidente. L’influenza americana sulla politica mondiale è ovviamente frutto della “vittoria” a stelle e strisce nel confronto della guerra fredda, e questa supremazia ha spalancato le porte ad un neocesarismo tutto americano: lo stato è la nuova religione, ed il presidente è il gran sacerdote del culto. Su questi presupposti si basa la costruzione di un candidato alla presidenza degli USA: dev’essere possibilmente un senatore, non può essere in alcun modo ateo e, soprattutto, dev’essere felicemente sposato con figli. Sì, perché la first lady rappresenta da anni una discriminante per le elezioni del presidente: l’immagine che il candidato deve emanare è quella di un buon padre di famiglia, di un marito fedele; Obama, eletto per la seconda volta Presidente degli Stati Uniti d’America, è salito sul palco per la seconda volta tenendo per mano la figlia minore, con Michelle e figlia maggiore al seguito, rigorosamente mano nella mano. A Michelle Obama il presidente rieletto ha dedicato la sua vittoria: “non ti ho mai amato così”, come se il suo matrimonio con la first lady fosse lo sposalizio del primo presidente afroamericano con la sua nazione.

Il Presidente USA è il nuovo “Cesare” della religione di stato americana, incarna un nazionalismo a stelle e strisce, emanato dalla maggior parte delle arti visive e letterarie made in USA. Una su tutte la produzione cinematografica, soprattutto nel racconto fantasy o storico, a dispetto di chi siano i protagonisti, che si tratti di Robin Hood o dei Greci a Troia, il racconto è dicotomico: i buoni rappresentano gli americani, e i cattivi il resto del mondo.

Obama per altri quattro anni sarà il capo di stato, il sacerdote ed il profeta del più grande impero del globo, e starà a lui risollevare tutto l’occidente dall’inerzia decadente che sta attraversando. Ave Cesare.

Fabio Zenadocchio

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