Questo non è sport

Botte, coltelli, mazze, l’odore di birra che si leva dal pavimento appiccicoso nel locale a soqquadro, con macchie di sangue, specchi e vetrine frantumate e tavoli e sedie rovesciate. I tifosi inglesi bevevano tranquillamente dal pomeriggio, conversando  loro.  Poi, all’improvviso, una trentina di teppisti coperti da caschi ed armati di mazze e sampietrini sono entrati […]

Botte, coltelli, mazze, l’odore di birra che si leva dal pavimento appiccicoso nel locale a soqquadro, con macchie di sangue, specchi e vetrine frantumate e tavoli e sedie rovesciate.

I tifosi inglesi bevevano tranquillamente dal pomeriggio, conversando  loro.  Poi, all’improvviso, una trentina di teppisti coperti da caschi ed armati di mazze e sampietrini sono entrati e li hanno massacrati.

La spedizione punitiva si è consumata nel giro di pochi minuti nel pub “Drunken Ship”, dove già nel 2006 un fan del Middlesbrough era stato accoltellato,  alla vigilia dell’incontro con la Roma.

Stavolta la scusa è stata la partita di Europa League fra Lazio e Tottenham, con sette feriti e un venticinquenne ricoverato in gravi condizioni al San Camillo, dove è stato operato per una ferita di arma da taglio all’aorta.

La società biancoceleste ha subito preso le distanze,  convinta che i suoi supporter non c’entrino.  Ma vi è un precedente inquietante ad allarmare: nel match di andata a Londra, quando alcuni giocatori del Tottenham furono oggetto di cori razzisti, perché il Tottenham, il cui gruppo principale di ultrà si chiama “Yid army” (armata ebraica), è ritenuta una squadra con tifoseria e seguito semita.

C’è anche chi pensa ad una spedizione punitiva di marca razzista composta da laziali e romanisti, tanto che, per ora, fra i sei arrestati due sono “lupacchiotti”:  Francesco I., 26 anni, già nel 2007 sottoposto a Daspo e Mauro P., 25 anni,  che nascondevano tirapugni, spranghe e avrebbero avuto contatti per pianificare il blitz.

Le telecamere presenti sulla piazza hanno ripreso tutta la scena, e le immagini sono al vaglio della Digos e della polizia scientifica, per identificare gli altri partecipanti alla spedizione.

Intanto i giornali inglesi parlano di Roma come di una città ad elevato rischio di accoltellamento e linciaggio e vengono in mente le immagini concilianti delle opposte tifoserie, impegnate a scambiarsi dolcetti e pacche sulle spalle e sorrisi e strette di mano, solo pochi giorni fa, prima e dopo l’incontro di rugby fra Italia e Nuova Zelanda, nella stessa Roma,  che però sembrava una città diversa,  distante milioni di chilometri da quella di mercoledì notte.

E le cose sono ancora peggiorate durante la partita all’Olimpico, con i laziali che hanno accolto gli avversari al grido: “”Juden Tottenham”, esponendo uno striscione con scritto: “Free Palestina”.

Già oggi la UEFA ha aperto un fascicolo sui fatti della capitale e le ripercussioni sulla Lazio potrebbero essere molto gravi.

Non si tratta, infatti,  solo del delirio di trenta razzisti disturbati e facinorosi,  ma di un intero settore, quello del calcio, che è da tempo malato e non mostra segni di miglioramento.

”La Lazio ha sempre predicato ai propri simpatizzanti la necessità di manifestare spirito sportivo nei confronti degli avversari e dei loro tifosi – sottolinea la società in una nota -, limitando le proprie esternazioni al sano antagonismo sportivo, e ne è prova il comportamento tenuto allo stadio dalla tifoseria biancoceleste nel recente derby stracittadino della settimana scorsa”.

Ma è davvero poco e alla luce dei fatti, dentro e fuori lo stadio, tutto questo non è sufficiente.

Carlo Di Stanislao

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