‘The Sessions’: sessualità e disabilità, conquista il Torino film festival

Il tema della disabilità conquista il palco del Torino Film festival. Presentandosi, peraltro, in una delle sue declinazioni più sconosciute all’opinione pubblica, quella della sessualità delle persone disabili. È stato presentato ieri sera, in anteprima italiana, The Sessions, film diretto dall’australiano Ben Lewin e già premiato, nel gennaio scorso, al Sundance film festival. La pellicola, […]

Il tema della disabilità conquista il palco del Torino Film festival. Presentandosi, peraltro, in una delle sue declinazioni più sconosciute all’opinione pubblica, quella della sessualità delle persone disabili. È stato presentato ieri sera, in anteprima italiana, The Sessions, film diretto dall’australiano Ben Lewin e già premiato, nel gennaio scorso, al Sundance film festival. La pellicola, che in Italia uscirà il 14 febbraio con il nome di The sessions – Gli incontri, è ispirata alla storia di Mark O’ Brien (interpretato dall’attore John Hawkes), giornalista e poeta americano paralizzato dal collo in giù a causa della poliomelite e costretto a vivere in un polmone d’acciaio. Che, arrivato all’età di 38 anni, decide di perdere la verginità con l’aiuto di un sex surrogate: una terapista (interpretata nel film da Hellen Hunt) che, andandoci a letto, dovrà guidarlo in un percorso verso la maturazione sessuale.

“Non sono una prostituta – dice l’attrice nel film -. Non ho nulla contro le prostitute, ma qui c’è una differenza”. E, in effetti, prima ancora di poter far sesso con Mark, la donna (il cui nome, nel film e nella vita reale, è Cheryl Cohen Greene) dovrà aiutarlo a liberarsi di inibizioni e sensi di colpa, a prendere confidenza con un corpo femminile, diventando consapevole del proprio. Il film è stato ispirato da “On seeing a sex surrogate”, un articolo che O Brien scrisse per il Sun Magazine nel maggio del 1990, raccontando i suoi incontri con Cheryl Cohen Greene.
“A trent’anni – scriveva il giornalista – mi sentivo ancora a disagio con la mia sessualità. Mi sembrava che non avesse alcuno scopo, eccetto quello di mortificarmi quando mi eccitavo mentre le mie assistenti mi facevano il bagno. Volevo essere amato. Volevo essere accarezzato, toccato, desiderato. Ma la paura e l’odio per me stesso erano troppo intensi”. Una storia che solleva una serie di questioni delicate, se non proprio scomode, e costringe a riflettere sul modo in cui ci approcciamo al mondo della disabilità. “Amare ed essere amati: un diritto di tutti” è del resto il tema scelto per la prossima giornata internazionale delle persone disabili (3 dicembre 2012). E soltanto pochi giorni fa, nel commentarlo, l’ex ministro Antonio Guidi sottolineava “la superficialità, la grande ipocrisia e il falso buonismo con i quali la questione viene trattata”.

Antonio Storto

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