Natale italiano

La posizione ferma de l’Italia ha convinto la suprema corte di Kerala ad esprimere parere favorevole alla richiesta di concedere il Natale in famiglia per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone,i due marò italiani detenuti in India da undici mesi, membri di una squadra militare a protezione della petroliera Enrica Lexie, che, a febbraio scorso, aprì […]

La posizione ferma de l’Italia ha convinto la suprema corte di Kerala ad esprimere parere favorevole alla richiesta di concedere il Natale in famiglia per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone,i due marò italiani detenuti in India da undici mesi, membri di una squadra militare a protezione della petroliera Enrica Lexie, che, a febbraio scorso, aprì  il fuoco contro una barca di pescatori scambiata per un’imbarcazione di pirati.

La vicenda, deprecabile sotto diversi punti di vista, ha creato non poche tensioni tra Nuova Delhi e Roma, con l’Italia che ha criticato la volontà dell’India di processare i marò, poiché il tragico fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali.

Comunque  ora i due militari  potranno passare le festività natalizie a casa loro, a fronte di una garanzia  di 60 milioni di rupie, pari a circa 826.000 euro.

Una vicenda intricata e incresciosa, non meno delle pantomime di Berlusconi che, dopo la finta intervista dalla D’Urso su Canale 5 di domenica e quella di Del Debbio di martedì su Rete 4, arriva immancabile dal fido Vespa,  per essere il più possibile in  tv, secondo il suo stile e prima dell’entrata in vigore della par condicio che dovrebbe scattare 45 giorni prima delle lezioni, pertanto ai primi di gennaio,  più o meno.

E mentre Napolitano fa sapere che per lui la data del 24 febbraio sarebbe del tutto giusta, per il Cavaliere sarebbe meglio votare i primi di marzo, con la scusa  ufficiale che il rinvio garantirebbe  al meglio il voto degli italiani all’estero, ma con la reale intenzione di pianificare in modo più accorto la sua strategia  elettorale, soprattutto basata su una costante presenza in video, con  l’ufficializzazione della candidatura al Tg5,  che rimandava ai “successi” del governo Berlusconi e prosecuzione metodica col Tg4 e con l’integrale della presentazione del libro di Vespa ed il seguito sia su Mediaset che sul sempre pronto Vespa.

Quanto a Monti è ora in difficoltà, sia per la volontà di Berlusconi di far slittare le elezioni, sia perché ieri, il Pdl ha rinviato l’approvazione della legge di stabilità.

Per questo, a sua volta, ha rimandato la conferenza stampa di fine anno fissata in un primo tempo per il 21 dicembre, anche perché si sta ancora concentrando sul manifesto da presentare: un’agenda in linea con l’attuale governo, con riforme radicali per cambiare l’Italia e soprattutto per raccogliere i semi del lavoro fatto, con l’obbiettivo di imprimere un’accelerazione sui provvedimenti in cantiere, dall’abbattimento del debito al taglio graduale dell’Irpef.

Spera anche il professore che una parte di esponenti di via de l’Unità possano fare quadrato con le forze che si stanno aggregando al centro sotto il suo nome, anche se sa bene che le sensibilità sono diverse e non tutti sono propensi a lasciare il partito di appartenenza. Alcuni malpancisti potrebbero unirsi con i ‘fuoriusciti’ e formare anche un gruppo per evitare la raccolta firma; ma vi è anche chi sostiene il tentativo, ancora in piedi,  di convincerlo a non scendere in campo, anche se i più affermano che, per Monti, ormai il dado è tratto, come hanno fatto intendere i suoi grandi elettori Pier Ferdinando Casini, Lorenzo Cesa, Luca Cordero di Montezemolo e Andrea Riccardi,  anche se la ufficializzazione la darà dopo il via libera alla legge di stabilità e lo  scioglimento delle Camere.

Comunque, anche se lui per ragioni di stile procedurale e decoro intende rispettare questi tempi, la politica è già a lavoro   e, per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, al momento resiste l’ipotesi di fare una lista unica al Senato e quattro liste alla Camera perché alcuni – come i montezemoliani – non vogliono liste “miste” tra società civile e “vecchia” politica.

Proprio il fondatore di Italia Futura, dopo l’incontro con Monti – sul sito puoicontarci.org – ha fatto partire la raccolta delle firme per la lista Montezemolo-Riccardi.: una mossa che alcuni hanno interpretato come un via libera che sarebbe arrivato dallo stesso premier.

Sia Agorà che il Sole 24 Ore, prevedono che, alla fine,  il centro montiano avrà almeno due anime: una lista Italia civica fondata da Luca Cordero di Montezemolo e guidata verso le urne da Andrea Riccardi e una Lista per l’Italia fondata da Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini e guidata alle urne non si sa ancora bene da chi,  o un altro esponente del governo Monti (Corrado Passera è un nome forte in tal senso) o un candidato nuovo in arrivo dalla cosiddetta società civile.

Resta critica, invece,  la posizione di certa destra (la strana coppia Crocetto-Meloni) e di certa sinistra (Giorgio Cremaschi e Fiom), che commentando la presenza oggi di Monti con una pletora di ministri a Melfi,  per plaudire, in fondo, all’operato di Marchionne, sostiene che il professore ha fatto (e si propone di fare) al Paese ciò che l’ad italiano ma cittadino  Svizzero e con residenza in USA, ha fatto alla Fiat, tenendo in esclusivo conto gli interessi e gli utili degli azionisti di riferimento, promettendo un radioso futuro e intanto realizzando disoccupazione e super sfruttamento.

Ma anche alcuni giornalisti di area moderata, come Davide di Santo su www.Oggi24.it., esprimono su Monti delle perplessità, affermando che, in fondo, il suo raggruppamento, che potrebbe ben chiamarsi la “balena bianca” 2.0, potrebbe essere l’unico soggetto politico in grado di insidiare la vittoria del Pd alle prossime elezioni.

Infatti,  sulla scia del successo delle primarie, dopo  il passo indietro di Matteo Renzi (che intanto boccia la candidatura della Bindi in Toscana) e il volano della consultazione popolare per i candidati democratici al Parlamento,  Pier Luigi Bersani non vuole senitr parlare di  un possibile Monti bis e l’ipotesi di un accordo dopo il voto,  per il momento la considerano solo i centristi.

C’è infine chi, con l’albero di Natale pronto ed il Presepe in bella vista, pensa che la cosa più auspicabile è quella di creare una galassia centrista gravitante attorno al professore con apparentamenti con i reduci del terremoto del Pdl, con Alemanno e Frattini, Lupi e Quagliariello, Formigoni e Albertini, tanto da ricostruire una nuova  “balena bianca”:  animale mitologico che i naufraghi centristi della Prima Repubblica non sono mai riusciti a resuscitare.

A seguire questo teatrino non si può fare a meno di ricordare lo strano presepe familiare composto da Eduardo in “Natale in casa Cupiello”, con un vorticare di personaggi in cerca di una connotazione ed un protagonista “che considerava il mondo come un grande giocattolo”,  “ma  quando ha capito che con questo giocattolo si doveva scherzare non più da bambino ma da uomo,  non ha potuto” perché uomo, nonostante l’aspetto, non è mai diventato.

Un misto di dramma e risata, in una atmosfera cupa e sinistra, che l’ipocrisia dei sorrisi copre a malapena, come in “Toto Modo” di Sciascia e di Petri, dove la politica è vista nel suo apparire e sparire, come se si dissolvesse nel nulla, con un reiterato atteggiamento beffardo e sprezzante, capace solo di produrre, nel comune cittadino, la tentazione  di far crollare ogni speranza ed ogni certezza.

Difficile dire, in questo stato di cose, come andrà a finire,  perché quando si recita a soggetto il copione manca e anche se c’e’ una bozza questa e’ in continua evoluzione.

Il centro-destra è in confusione e il  centro-sinistra ostenta serenità,  ma incapace di reagire con l’arma della politica ha fatto rispolverare ai giornali che lo fiancheggiano le solite armi del vecchio, trito e perdente  (nei risultati)  antiberlusconismo.

Cosi’ si riscoprono i legami dell’Eni con il Gazprom che però,  a dispetto di quanto ritiene Repubblica,  sono nati più di mezzo secolo fa, cioè  quando Silvio suonava ancora al piano bar, mentre la balena bianca democristiana nuotava in acqua vaste e serene.

Ben oltre un secolo fa, uno studioso poliedrico e insieme sottile come Albert Sorel, dopo aver descritto con acume e dottrina impeccabili Montesquieu e la sua temperie, concludeva che la Francia, nel corso della sua ricca e feconda storia, aveva avuto, con ogni probabilità, filosofi “più sublimi e audaci” di Montesquieu, nonché scrittori più “classici” e acclamati di lui, ma non aveva potuto annoverare”«un osservatore più intelligente delle società umane, un più saggio consigliere nei grandi affari pubblici, un uomo che avesse unito un senso così delicato delle passioni individuali a una penetrazione così perspicace delle istituzioni di Stato, e che avesse messo, insomma, un talento così raro di scrittore al servizio di un buon senso così perfetto”.

E, dodici anni fa, Bedeschi nel saggio Storia del pensiero liberale, affermava che un Montesquieu è mancato al nostro Paese, in cui, pertanto, un pensiero politico maturo non si è mai davvero radicato.

D’altra parte, già il 22 luglio 1752 l’abate Niccolini, scrivendo al cardinal Neri Corsini su La ammirabile opera dello Spirito delle Leggi”, affermava che l’ostacolo maggiore in Italia alla comprensione della’opera del grande francese consisteva nel divorzio tra cognizione delle leggi e filosofia morale, poiché, nel nostro paese le deficienze culturali, la scarsa sensibilità ai problemi politici della maggioranza dei cittadini per mancanza del gusto di “filosofare” sopra le leggi, l’assenza di discussione pubblica costituivano insormontabili elementi negativi per produrre una coscienza migliore in uno stato migliore, consapevole del suo ruolo e del suo mandato.

Carlo Di Stanislao

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