Genio, morte e libertà su Internet

La morte di Aaron Swartz, il programmatore informatico e cyberattivista che si è tolto la vita venerdì, rischia di divenire il motivo di una malintesa guerra culturale, come acutamente sottolineato dalla studiosa dei new media Danah Boyd, conosciuta su Twitter come  @zephoria, la quale ha scritto: ” Mi fa paura la possibilità che Aaron sia […]

La morte di Aaron Swartz, il programmatore informatico e cyberattivista che si è tolto la vita venerdì, rischia di divenire il motivo di una malintesa guerra culturale, come acutamente sottolineato dalla studiosa dei new media Danah Boyd, conosciuta su Twitter come  @zephoria, la quale ha scritto: ” Mi fa paura la possibilità che Aaron sia trasformato in un martire, nel simbolo di un attivista geek ucciso dallo Stato. Perché è stato molto più di questo: amabile e imperfetto, appassionato e determinato, brillante e infinitamente stupido. Sarà facile per le folle chiedere vendetta usando il suo nome. Ma non c’è molto da ottenere nello scontro tra “noi” e “loro”. Ci deve essere un’altra strada”.
Sicuramente la sua mente correva veloce, forse troppo veloce. E non si è mai fermata: proponendo continuamente idee nuove, come quelle alla base di Reddit (sito poi acquistato nel 2006 dall’editore Condé Nast, usato anche da Obama per rispondere alle domande dei giovani elettori), ma anche interpretando il ruolo del ribelle della rete per eccellenza.
Già in precedenza Swartz era finito nel mirino degli investigatori dell’Fbi che indagavano su varie effrazioni di casseforti informatiche, pur senza essere chiamato a rispondere di un reato preciso.
Il suicidio del giovane genio informatico è da ricondursi all’azione legale intentata dal procuratore dello Stato del Massachusetts, con l’accusa di aver “rubato” circa 5 milioni di documenti pubblici dalla biblioteca digitale  Massachusetts institute of technology (Mit); accusa in base alla quale Aaron rischiava fino a 35 anni di carcere.
Il  Wall Street Journal ha rivelato che, pochi giorni prima del suicidio, il suo avvocato Elliott Peters avrebbe provato a convincere l’accusa a patteggiare, incontrando però parere negativo, perché, aveva dichiarato il procuratore del Massachusetts Carmen Ortiz: “Rubare è rubare —— sia se si utilizzi un computer o un piede di porco, sia se si prendano soldi o documenti e dati”.
Dopo il suicidio di Aaron, a soli 27 anni, l’11 gennaio a New York, la Rete ha fatto quadrato attorno alle posizioni della famiglia del giovane cofondatore di Reddit ed accusato E il Massachusetts Institute of Technology e i magistrati di persecuzione giudiziaria, poiché l’aver messo in rete gratuitamente milioni di articoli accademici è “un presunto crimine che non aveva vittime”, come hanno scritto i genitori Robert e Susan Swartz, i fratelli Noah e Ben e la partner Taren Stinebrickner-Kauffman.
Ha scritto ancora Danah Boyd: “Quando il governo federale ha deciso di perseguirlo, non l’ha fatto pensando a una persona che poteva essere responsabile o meno di un reato. Ma a un esempio da dare. Sicché il processo contro questo«brillante, divertente genio, doveva diventare il processo-simbolo contro la comunità hacker Dal blogger attivista Cory Doctorow al fondatore del web Tim Berners-Lee fino al professore della New York University Clay Shirky, docente di un corso di Social Weather e autore di un libro molto venduto nel 2009, in cuui mostra in che modo le democrazie possono imparare la lezione di Internet, per essere non solo trasparenti ma anche pronte ad attingere conoscenza da tutti i cittadini, sostenendo che la storia del mondo moderno può essere vista come la storia dei modi di argomentare, in cui le evoluzioni dei media hanno cambiato anche i topic trattati – con profonde implicazioni sociali e politiche.
Tornando al suicidio di Swartz, nonostante le apparenti similitudini con Wikileaks e la difesa postuma di Anonymous, lui non era un pirata informatico ma, per usare le parole del filosofo digitale David Weinberger: “un costruttore”, che non ha sabotato il sistema JSTOR per scaricare illegalmente i file, ma ha scritto un codice che ne rendesse possibile la pubblicazione.
E lo ha fatto, secondo molti, non per denaro, ma per rendere accessibile la conoscenza, poiché in un suo manifesto del 2008 scriveva: “L’informazione è potere e come tutte le forme di potere c’è chi vuole tenerla per sé”.
Per questo l’azione più opportuna per difendere la sua memoria è sembrata a molti ricercatori e accademici il rilascio — su Twitter attraverso l’hashtag #pdftribute — di documenti, testi e report di valore scientifico, operazione a cui sta partecipando anche l’Italia grazie all’iniziativa del blogger Andrea Stoppa.
Ciò che Aaron ha fatto, a costo della vita, è dimostrare che anche strutture apparentemente inviolabili come il Mit possono essere penetrate e, pertanto, dal punto di vista della sicurezza generale (ed individuale) oggi siamo davvero messi male.
Lawrence Lessing, suo mentore e sostenitore e che lo ha assistito come avvocato all’inizio della disavventura giudiziaria, per poi rinunciare per incompatibilità professionali derivanti da un suo contratto con Harvard, nel suo blog ha scritto: “ho continuato a seguirlo come amico. Non abbastanza, senza dubbio, ma niente che potesse mettere in discussione la nostra amicizia”; ricordando a tutti che a lungo, dal i gennaio del 2011, da quando era stato arrestato come criminale informatico era stato lasciato solo, senza neanche quelle notizie che avessero dato qualche dettaglio in più rispetto alle manette e all’eco della detenzione, capaci di chiarire che, pur avendo lo skill dell’hacker, Aaron era stato accusato solo per lesue straordinarie capacità tecniche e per la enorme vivacità creativa.
Nel 2002 Aaron aveva scherzato con la morte, redigendo la pagina (tuttora online) “If I get hit by a truck”, ovvero “Se finisco sotto ad un camion”, in cui faceva testamento, contenente il passaggio in cui dice: “esiste un vecchio scherzo tra i programmatori a proposito di chi deve mantenere codici e procedure nella malaugurata ipotesi che il suo autore sia investito da un autocarro” e spiega che “questa pagina è qui per qualunque ragione io non fossi più in grado per curare i servizi web in corso di erogazione, così che la gente sappia cosa fare”, nominando suo esecutore testamentario “virtuale” Sean B. Palmer, unico – a suo dire – in grado di organizzare certe cose. E avvisandolo avvisa senza mezzi termini “e se tu cancelli qualcosa, Sean, ti verrò a prendere dall’altro mondo!”
Il desiderio mio e di molti è che il suo desiderio sia rispettato e, nonostante tutto, i contenuti dei suoi dischi rigidi siano resi pubblici tramite il suo sito “aaronsw.com”.
Aristotele ha detto, oltre 2000 anni fa, che la felicità  non è di proprietà ma si ottiene attraverso l’esercizio della virtù e secondo lo psicologo israeliano Daniel Kahneman della Princeton University, a giudare la nostra felicità non è la situazione attuale, ma la prospettiva di migliorare il futuro.
Ed è evidente allora che per Aaron un futuro senza alcuna forma di libertà e di trasmissione di informazioni, con vincoli è steccati, era un futuro infelice.

Carlo Di Stanislao

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