Terremoti, Tsunami, Esplosioni Vulcaniche, Impatti Cosmici

“Niuno però presagì prima dell’avvenimento quello, che dopo l’avvenimento di poter naturalmente presagire dicevano quasi tutti”(Anton Ludovico Antinori). “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole […]

“Niuno però presagì prima dell’avvenimento quello, che dopo l’avvenimento di poter naturalmente presagire dicevano quasi tutti”(Anton Ludovico Antinori). “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”(Art. 33 Costituzione Italiana). In tempi di polpette avvelenate dalla disperazione politica per l’anello del potere, a 47 mesi dal terremoto di L’Aquila del 6 Aprile 2009 (Mw=6.3; 309 morti; 1600 feriti), alla vigilia dell’Agu e dell’Egu Spring Meeting AD 2013 dei geo-scienziati, l’unica imparziale lezione finora impartita dalla drammatica tragedia che ha distrutto per la seconda volta in 310 anni la Capitale d’Abruzzo, non sembra concentrata sulle politiche di prevenzione e mitigazione degli effetti delle catastrofi naturali. Ma sulle polemiche e sulla paralisi. Che cosa sta succedendo in Garfagnana e nella Protezione Civile? Dall’Anno Domini 1703 e 2009, dalle due diverse catastrofi aquilane, cosa abbiamo imparato in 310 anni? Il Sistema Paese è forse in stato di emergenza logica ed etica? Il Processo alla Commissione Grandi Rischi servirà a far luce sulle cause delle catastrofi italiane in termini di perdita di vite umane, di accettabilità del Rischio e di danni materiali? Lascia allibiti l’ignoranza scientifica dominante in Italia nella classe politica e dirigente, mentre “candidati” impresentabili per il Parlamento (le Elezioni Politiche e Presidenziali del 24-25 Febbraio 2013 sono la “fotografia” sociale del Belpaese) vantano una “verginità” ormai perduta da tempo nell’abisso dell’irresponsabilità garantita loro dalla legge. Le sentenze si eseguono. Non si giudicano. Il Giudice imparziale e indipendente applica le norme di legge scritte e votate dai politici, approvate dal Parlamento, firmate dal Presidente della Repubblica e cristallizzate dalla Giurisprudenza. Il Giudice “giudica” nel nome del Popolo italiano. I terremoti, soprattutto quelli forti, sono un’esperienza rara e sempre sconcertante. Insieme agli edifici (anche quelli pericolanti delle nostre città medievali) fanno tremare le persone, le coscienze, il senso di sicurezza, la fiducia nella scienza, nella politica, nella giustizia. Le discipline scientifiche che si occupano di terremoti riescono oggi a fornire informazioni sufficientemente precise sui processi geologici e fisici, ma le incertezze umane restano tante. Exhibit, convegni, conferenze, dibattiti, tavole rotonde e macchine da toccare e mettere in movimento, permettono di visualizzare nelle vere Città della Scienza i principi ed i fenomeni legati ai moti della crosta terrestre ed alla struttura delle placche. Capire come le energie della Terra si accumulano e si disperdono durante i fenomeni sismici e vulcanici, tuttavia, non basta se poi non si controllano gli edifici dove abitiamo che possono essere messi in totale sicurezza antisismica per resistere meglio ai movimenti tellurici. I politici che fanno? Il terremoto di magnitudo locale 4.8 avvenuto alle ore 15:48 italiane del 25 gennaio 2013 alla profondità di 15.5 km, tra le province di Lucca, Modena e Pistoia, è solo il più forte finora tra gli oltre 75 terremoti della sequenza (non sciame!) sismica che interessa il distretto sismico della Garfagnana. Su “allerta” della Protezione Civile i sindaci della zona della Garfagnana, in provincia di Lucca, hanno “consigliato” i cittadini di dormire fuori da casa, per la possibilità che si verificasse una scossa sismica distruttiva. I “consigli” sono arrivati in ogni modo: su internet, via Tweet, “brevi manu”, con persone che giravano di notte nei paesi suonando ai campanelli dei cittadini invitandoli a uscire. Migliaia di persone sono state raggiunte dall’allerta, diverse centinaia hanno dormito all’aperto o in strutture indicate dalle autorità e le scuole sono rimaste chiuse nelle 24 ore successive. Ma, come negli Anni Ottanta del secolo scorso, non vi è stata nessuna scossa rilevante. Cos’è successo per davvero? L’innesco di questa sequenza mediatica e istituzionale di eventi (qualcuno ha subito pensato a un’esercitazione di protezione civile!) è stato un comunicato stampa inviato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia alla Protezione Civile Nazionale. Del tutto normale, come accade ogni giorno alle sette di mattino e sera, ovvero “diverso”? Il testo diramato e firmato dallo scienziato Gianluca Valensise dell’Ingv, afferma che “dopo alcuni giorni di lenta decrescita della sismicità, con scosse molto piccole (da M 2.8 in giù) localizzate quasi tutte a NE della scossa principale del 25 gennaio, la scossa di M 3.3 delle 00:42 della notte scorsa segna un punto di svolta nella sequenza. Questa affermazione ha due motivazioni: si tratta della seconda scossa più forte di una sequenza caratterizzata da una ricchezza di scosse molto piccole e una anomala assenza di scosse di M intermedia (nel range 3.0-4.0); la nuova scossa della notte scorsa è avvenuta a SW della scossa principale, quindi in posizione opposta rispetto allo sviluppo del resto della sequenza, che come si è detto si concentra a NE della scossa principale. Se resta confermata l’ipotesi che la sequenza sia generata da una struttura orientata NE-SW – dunque trasversale alla catena – nelle prossime ore potrebbero avvenire altre scosse a SW della scossa principale, in prossimità dell’abitato di Castelnuovo in Garfagnana e dell’epicentro del terremoto del 23 gennaio 1985 (M 4.2)”. Interviste a vari ricercatori dell’Ingv, anche su Radio Tre Scienza, chiariscono i fatti scientifici e legali del comunicato. La zona della Garfagnana è attualmente interessata da una sequenza sismica e lo scorso 25 gennaio è stata colpita da una scossa abbastanza importante (4.8). L’Ingv dirama sempre alla Protezione Civile Nazionale due comunicati automatici quotidiani in cui si evidenziano solamente i dati delle scosse (luogo, entità, profondità) senza altro aggiungere. In questo caso il testo è stato argomentato. Allora è prassi che  la Protezione Civile Nazionale chiami l’Ingv per chiedere chiarimenti. L’Ingv provvede ad emanare un testo più esteso con la spiegazione scientifica dell’evento. In pochissimi minuti. Stavolta non è stato chiesto nulla e la Protezione Civile ha diramato senza altri pareri, intorno alle tre del pomeriggio, un comunicato. Da notare che fra il comunicato originale e i consigli alla cittadinanza non sono passati pochi minuti ma diverse ore. Fosse stata un’Emergenza vera, ancora non “normata” dalla legge perché i terremoti non si possono prevedere a differenza delle eruzioni vulcaniche con annessi tsunami, vi lascio solo immaginare che cosa si sarebbe potuto verificare! Il testo del comunicato Ingv non è una previsione sismica. Ma come è credibile segnalare la possibilità di “altre scosse nelle prossime ore”, se i sismologi insistono sul fatto che i terremoti non si possono prevedere? Dipende dal modello teorico e dall’analisi del rischio naturale connesso ed “accettabile”. Avete presente la tragedia dello Space Shuttle Columbia e il lavoro della Commissione d’inchiesta americana? Gli scienziati, fino allo sfinimento, insegnano che esistono modelli secondo cui più tempo passa senza una scossa di terremoto in zone soggette a rischio sismico, più si innalza la probabilità di una scossa di una certa entità, probabilità che non sarà mai pari a Uno (1), cioè certa, ma che a seconda dei calcoli legati al modello tenderà ad avvicinarsi asintoticamente a una certa probabilità stabilita. Altri modelli invece trattano l’evento sismico come un evento catastrofico ed al verificarsi di una scossa tendono ad associare altre scosse anche molto intense in qualche modo scatenate dal verificarsi della prima in un arco di tempo anche di poche ore. Al momento gli scienziati non sanno affatto quale dei due approcci sia giusto ovvero se siano giusti entrambi o nessuno dei due. I sismologi possono solo limitarsi a verificare a posteriori se le assunzioni di uno o dell’altro modello vengono verificate o falsificate. Con gli strumenti oggi disponibili, sul breve termine, certamente non possono dire quel che succederà. Nel caso della Garfagnana AD 2013, finora, ci si è limitati a osservare che si era registrata un anomalia e che tale osservazione, in accordo con uno dei modelli teorici, poteva indicare il possibile verificarsi di scosse nelle ore successive. Spetta soltanto ai politici, ai dirigenti ed agli amministratori pubblici dei comuni decidere il da farsi: se mettere in moto migliaia di persone, già allarmate, nel cuore della notte, in montagna e in pieno inverno, ovvero lasciarle dormire nelle loro case. Vale sempre il principio di precauzione che a L’Aquila il 6 Aprile 2009 avrebbe salvato 309 persone. Ogni vita salvata è un tesoro immenso per il mondo intero. In Italia, come in California, non ci si dovrebbe mai pentire, in via di principio, di essersi allarmati troppo. L’eccesso, semmai, è il problema. Siamo un Belpaese in cui la sismicità è tutt’altro che un’eccezione: tutto il nostro territorio è a forte rischio sismico e più di una zona è in questo momento sottoposta a fenomeni sismici e vulcanici. Per quanto tempo ancora la Politica non lo capirà o farà finta di non aver compreso? Un conto sono le esercitazioni di protezione civile (scampagnate, tende, servizi e palazzetti dello sport), un conto sono le evacuazioni di massa in altre regioni che richiedono vie di comunicazione efficienti e mezzi sicuri per poter essere messe in moto. E faremo lo stesso nel Pollino, in Abruzzo, alle falde del Vesuvio, dell’Etna e in chi sa quanti altri posti? Un allerta (non allarme) del genere non sorprende certo all’indomani della famosa storica Sentenza del Processo di L’Aquila. Non sorprende nemmeno che nessun politico, come al solito, si sia voluto prendere una responsabilità chiara. Mancano le firme in calce! La Protezione Civile Nazionale e l’Ingv non hanno mai detto di “evacuare” né lo hanno fatto i sindaci o la provincia di Lucca. Ci si è limitati a un perentorio “consiglio” che sa più di un “invito” da buon padre di famiglia. Dalla portata pubblica, però, dirompente. Se questi “allerta” vagamente generici si moltiplicheranno diventando sempre più frequenti, perderanno di efficacia. Cui bono. A che giova dichiarare uno “stato di emergenza” continua in Italia? Chi si salverà? L’emergenza è per sua stessa definizione “straordinaria”. Se è continua, cari politici, bisognerebbe mettere subito mano alle casse pubbliche e private europee e italiane per un Grande Progetto di Manutenzione Straordinaria del Belpaese. Ed anche se nel nostro Dna abbiamo molto in comune con i Nativi Americani e i Beduini del deserto, la tenda non dovrebbe essere la dimora abituale degli Italiani negli Stati Uniti d’Europa (www.agenda-monti.it). Se l’emergenza diventa un palliativo per le coscienze, non è forse il caso di rendere strutturali le risorse e le misure per la messa in sicurezza totale del territorio italiano per contrastare le catastrofi con un “attacco” preventivo? Tutti gli edifici vanno messi in sicurezza perché le sorgenti sigmogenetiche tappezzano la Penisola, le coste e i mari che la circondano. Oppure i nostri politici, vergini o meno, vogliono riservare agli Italiani il destino delle donne in dolce attesa? Cioè di vivere con la valigia, l’elmetto, la torcia, la tenda e il “pronto soccorso”(magari in un unico kit speciale!), tutti pronti a fuggire immediatamente di casa, al primo squillo di tromba? Per farsene una ragione basta dare un’occhiata ai due nuovi database dei terremoti storici europei “online”. Sono stati realizzati nell’ambito dei progetti della Commissione Europea NERIES (2006-2010) e  SHARE (2009-2012) con il coordinamento dell’Ingv di Milano e la partecipazione di numerosi ricercatori e istituzioni europee. “AHEAD” (European Archive of Historical Earthquake Data 1000-1899, www.emidius.eu/AHEAD/) è un archivio finalizzato a preservare, inventariare e rendere disponibili vari tipi di dati sulla Storia Sismica Europea, quali articoli, rapporti, dati macrosismici, cataloghi parametrici e così via. È costituito da archivi regionali indipendenti e da un inventario generale. Attualmente si basa su otto archivi macrosismici online che forniscono la maggior parte dei dati riguardanti 4.722 terremoti. AHEAD è concepito come un archivio dinamico: infatti nuovi archivi online e altri “dataset” possono essere inclusi in qualsiasi momento: può essere consultato sia per terremoto sia per sorgente dei dati. Attraverso la “homepage” è possibile sia inserire commenti sia segnalare nuovi studi non ancora inclusi nell’archivio. “SHEEC”(Share European Earthquake Catalogue 1000-1899, www.emidius.eu/SHEEC/) è un Catalogo parametrico dei terremoti storici dell’area europea e deriva dalla versione attuale di AHEAD che ha fornito sia la lista dei terremoti, ottenuta rimuovendo duplicazioni di eventi e terremoti falsi, sia le basi di dati più aggiornate. I parametri dei terremoti in SHEEC sono stati determinati elaborando i dati macrosismici disponibili con procedure aggiornate e ripetibili, calibrate su base regionale mediante un set di terremoti recenti; ricalcolando la magnitudo momento (Mw) a partire dai più recenti cataloghi parametrici regionali;
selezionando la localizzazione epicentrale più affidabile e determinando un valore finale di Mw attraverso la media pesata. L’Aquila fu interessata il 2 Febbraio 1703, esattamente 310 anni fa, dal più forte terremoto noto alle fonti storiche che abbia interessato il settore dell’Appennino centrale. Non tutti conoscono gli aspetti sismologici dell’evento più volte richiamato da alcuni a paragone del sisma del 6 Aprile 2009. La distribuzione del danno, le indicazioni geologiche e la storia del periodo sismico dell’evento del 2 Febbraio 1703, tuttavia, evidenziano molte differenze con il recente sisma aquilano. Per quanto concerne la distribuzione delle intensità del 2 Febbraio 1703 desunte dal database (http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/query_eq/) gli scienziati evidenziano forti danneggiamenti a Nord di L’Aquila, e in particolare ad Arischia, Pizzoli e Barete cui è stata attribuita l’intensità X (dieci) della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). Il danneggiamento del terremoto del 6 Aprile 2009, invece, presenta i più forti risentimenti da L’Aquila verso Sud. Tali differenze non sono casuali, ma legate al fatto che i due eventi risultano dall’attivazione di faglie diverse. Più lunga e localizzata in buona parte a Nord di L’Aquila, è la faglia che ha generato il terremoto del 1703. Più corta e posizionata a Sud di L’Aquila, è la faglia che ha causato il terremoto del 2009. Dall’analisi dell’intensità massima legata al terremoto del 1703 gli scienziati deducono che l’energia rilasciata è superiore a quella del terremoto del 2009. Confrontando, infatti, le magnitudo momento attribuite, 6.7 al 1703 e 6.3 al 2009, si evince che il terremoto 1703 ha rilasciato un’energia più di 40 volte maggiore di quella del terremoto del 2009. Le indagini geologiche condotte sulla faglia del terremoto del 1703 hanno evidenziato che il tempo di ricorrenza per eventi di simile magnitudo, originati dalla medesima faglia, dovrebbe verosimilmente essere superiore al millennio. Le stratigrafie archeologiche suggeriscono che il grande evento precedente al 1703 possa essere avvenuto, non nel XIV Secolo, ma nel IV o nel V Secolo d.C.: ecco perché, secondo alcuni scienziati, sembra oggi poco probabile la prossima occorrenza di un terremoto analogo a quello del 1703, cioè di un sisma di pari magnitudo legato all’attivazione della medesima sorgente sismogenetica che generò l’evento. Anche la sequenza sismica in cui s’inquadra il terremoto del 2 Febbraio 1703 è diversa da quella del 2009. Nel 1703, in pochi giorni, avvennero più terremoti distruttivi, a cominciare dal fortissimo sisma del 14 Gennaio 1703 di Mw=6.7 che interessò l’Umbria meridionale, il Lazio e la parte più settentrionale dell’Abruzzo, distruggendo Cittareale (XI MCS) e Norcia (X MCS). Per finire con il “colpo di grazia” del 2 Febbraio 1703 che distrusse L’Aquila (IX MCS). La sequenza sismica ebbe un’evoluzione spaziale da Nord verso Sud con più eventi sismici di elevata magnitudo che interessarono aree diverse perché prodotti da faglie diverse. Questa modalità di rilascio dell’energia sismica è stata osservata altre volte nell’Italia peninsulare: nel 1997 in Umbria-Marche (26 Settembre e 14 Ottobre), nel 2002 in Molise, nel 1456 nell’Appennino meridionale e nel 1783 in Calabria. Nel 2009, invece, la sequenza sismica precedente all’evento principale era caratterizzata da terremoti di bassa magnitudo, localizzati in un’area piuttosto ristretta e vicina alla zona dove si è poi verificata la scossa del 6 Aprile. L’evoluzione della sequenza sismica del 1703, secondo l’Ingv, non mostra quindi un comportamento “tipico” che avrebbe dovuto far ipotizzare l’evoluzione della sequenza del 2009. Quindi, riconsiderando scientificamente dopo 310 anni le caratteristiche del terremoto aquilano del 1703 (oltre 6mila vittime) si può dedurre che si è trattato di un evento sismico distruttivo non paragonabile in nulla a quello del 2009. In altre questioni dovrebbero essere cercati dei punti di contatto tra questi due terremoti diversi. In effetti, la rilettura della storia fa emergere come, anche trecentodieci anni fa, alla vigilia dell’era dei Lumi della Ragione, la discussione tipica popolare più ricorrente del dopo-catastrofe sismica fosse sulla possibilità di “prevedere” i terremoti. Basta leggere Anton Ludovico Antinori, il grande storico aquilano del Settecento che scrive:“Niuno però presagì prima dell’avvenimento quello, che dopo l’avvenimento di poter naturalmente presagire dicevano quasi tutti”. Tuttavia, le crisi sismiche ricorrenti nel XVIII Secolo convinsero i governanti aquilani a costruire meglio le proprie abitazioni e fortezze! Oggi, 310 anni dopo, è l’attenta lettura delle Motivazioni della Sentenza di primo grado del Processo di L’Aquila (emessa il 22 Ottobre 2012, che condanna a 6 anni di reclusione per omicidio colposo i sette partecipanti (scienziati, nessun politico del Sistema Paese, nessuno del Sistema Regione Abruzzo) alla riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 Marzo 2009, tenutasi pochi giorni prima del terremoto del 6 Aprile in cui sono perite 309 persone) a far riflettere sul destino di un’Italia derisa nel mondo anche a causa della sua classe politica e dirigente. Per ben altre motivate ragioni. Come denuncia la Corte dei Conti sul pericoloso “avvitamento” della corruzione dilagante nel territorio. Le Motivazioni sono corpose, articolate. Ma non solo secondo gli scienziati dell’Ingv, “sembrano ignorare la dura lezione lasciata dal terremoto del 6 Aprile 2009: l’assenza di prevenzione e l’incapacità del Sistema Paese di gestire nel medio e lungo termine le informazioni sulla pericolosità, sulla vulnerabilità e quindi sul rischio sismico. Si è invece focalizzata l’attenzione sulla previsione a brevissimo termine, nonostante l’acclarata impossibilità di prevedere l’accadimento di una forte scossa sismica in termini di ora, luogo ed intensità; impossibilità che non esclude che il terremoto possa verificarsi. Al contrario di quanto affermato nelle Motivazioni riteniamo che la strada principale per ridurre il rischio sismico sia la prevenzione in termini di riduzione della vulnerabilità degli edifici”. La Sentenza di L’Aquila sostiene in 800 pagine che gli scienziati avrebbero potuto sapere ciò che stava per accadere, ma non si sarebbero curati, o meglio, avrebbero volutamente evitato di comunicare adeguatamente il Rischio. I sismologi italiani hanno sempre contribuito con grande impegno alla difesa dai terremoti e dalle altre catastrofi naturali lavorando insieme alla Protezione Civile, alle Università di tutto il mondo ed alle autorità locali. I sismologi italiani hanno elaborato e messo a disposizione del Belpaese la Mappa di Pericolosità Sismica del territorio nazionale, la cui ultima versione aggiornata nel 2006, tre anni prima del terremoto di L’Aquila, è Legge dello Stato (www.mi.ingv.it/pericolosita-sismica/). Questa Mappa rappresenta uno strumento importantissimo per la Prevenzione sismica. Era ed è ben nota. Nella Mappa, L’Aquila ricade in una zona ove la pericolosità sismica è massima, indipendentemente dal fatto che ci fossero o meno delle sequenze sismiche in atto. Questo è stato discusso nella riunione del 31 Marzo del 2009 insieme agli amministratori ed ai politici locali. “Quindi – sostengono gli scienziati Ingv – l’Allarme e la comunicazione del Rischio erano stati chiaramente dati, per le proprie competenze, dai sismologi”. Già, quali sono le competenze degli scienziati? Quali quelle dei politici, dei dirigenti, degli amministratori? “Noi pensiamo che il progresso per la mitigazione dei rischi naturali – rivelano i sismologi dell’Ingv – debba essere basato sulla conoscenza della pericolosità del territorio, sulla riduzione della vulnerabilità e sulla consapevolezza dell’esposizione al rischio. Ciò è raggiungibile solo attraverso l’azione congiunta di scienziati, istituzioni, autorità locali, operatori dei media e società”. È stato fatto? “Purtroppo dal 2009 a oggi poco è stato fatto per migliorare la capacità di affrontare i rischi connessi con i fenomeni naturali. Noi riteniamo urgente intraprendere una nuova strada, civile e moderna, in cui scienziati, Protezione Civile, governo, amministratori locali, cittadini contribuiscano, ognuno per il proprio ruolo, a creare un sistema capace di affrontare e convivere con i rischi naturali. Per questo motivo, rinnoviamo il nostro impegno per la ricerca, per la comunicazione e per il dialogo con la società e le popolazioni dei territori a rischio” – spiegano chiaramente i ricercatori italiani. “L’Ingv esprime tutto il suo rammarico e la sua preoccupazione per la  sentenza di primo grado del processo a L’Aquila, che – rileva il professor Stefano Gresta, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – condanna i componenti della Commissione Grandi Rischi, il vice capo dipartimento della Protezione Civile, il direttore dell’Ufficio Rischio Sismico della Protezione Civile e il direttore pro tempore del Centro Nazionale Terremoti dell’Ingv. Il nostro pensiero va ancora una volta alle vittime del terremoto e ai loro parenti: sappiamo che nessuna sentenza potrà mai ricompensare gli affetti perduti. Ma è importante considerare che la sentenza costituisce un precedente, in grado di condizionare in modo determinante il rapporto tra esperti scientifici e decisori, non solo nel nostro Paese. La sentenza di condanna di L’Aquila rischia, infatti, di compromettere il diritto/dovere degli scienziati di partecipare al dialogo pubblico tramite la comunicazione dei risultati delle proprie ricerche al di fuori delle sedi scientifiche, nel timore di subire una condanna penale”. Quale scienziato vorrà esprimere la propria opinione sapendo di poter finire in carcere? “L’Italia è uno dei Paesi maggiormente sismici al mondo – spiega il prof. Gresta – dove ogni giorno avvengono decine di terremoti, la maggior parte dei quali non sono percepiti dalla popolazione. Quest’attività sismica è monitorata dall’Ingv 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno. Sulla base dei dati storici e dei risultati della ricerca che l’Ingv svolge, l’Istituto ha contribuito a elaborare una Mappa di Pericolosità Sismica dell’Italia, tra le più avanzate del mondo, che è un importante strumento di conoscenza e prevenzione in materia di terremoti. Secondo quanto affermato dalla letteratura scientifica internazionale, allo stato attuale – sottolinea il prof. Gresta – è impossibile prevedere in maniera deterministica un terremoto. Di conseguenza, chiedere all’Ingv di indicare come, quando e dove colpirà il prossimo terremoto non solo è inutile, ma è anche dannoso perché alimenta in modo ingiustificato le aspettative delle popolazioni interessate da una eventuale sequenza sismica in atto.
L’unica efficace opera di mitigazione del rischio sismico è quella legata alla prevenzione, all’informazione e all’educazione della popolazione in cui istituzioni scientifiche, Protezione Civile e amministrazioni locali devono svolgere, in modo coordinato, ognuna il proprio ruolo”. Per questo motivo l’Ingv collabora con il Dipartimento di Protezione Civile e la Commissione Grandi Rischi (l’organismo di consulenza della Protezione Civile) svolgendo la sua attività tecnico-scientifica in materia di informazione, educazione, previsione e prevenzione delle varie situazioni di rischio.
“Questo è quanto successo anche nel caso del tragico terremoto di L’Aquila, ed è quanto succede quotidianamente in tutte le situazioni che presentano profili di rischio. Ma l’opera di prevenzione deve passare necessariamente attraverso la riduzione della vulnerabilità degli edifici. Da oggi sarà molto difficile comparire in pubblico a parlare dell’attività sismica in atto in Italia, con la possibilità che i ricercatori possano essere denunciati per qualche omissione o per procurato allarme.
Siamo particolarmente colpiti dalla sentenza di L’Aquila, perché rischia di minare uno dei cardini della ricerca scientifica: quello della libertà d’indagine, di discussione aperta e trasparente e di condivisione dei risultati, fattori imprescindibili del progresso scientifico. Condannare la scienza – rivela il prof. Gresta – significa lasciare il campo libero a predicatori che millantano di sapere prevedere i terremoti, rinunciando di fatto al contributo di autorevoli scienziati. Sebbene sia un colpo molto duro, l’Ingv continuerà il suo lavoro di ricerca con il massimo impegno e rafforzerà la sua presenza nella società per un’opera di corretta informazione ed educazione”. Sui fatti della Garfagnana il prof. Gresta precisa che “l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in relazione a quanto riportato nel comunicato del 31 Gennaio 2013 delle 6:45 UTC indirizzato al Dipartimento della Protezione Civile, non ha fornito alcuna previsione né tantomeno ha lanciato un allarme”. L’Ingv precisa inoltre che con il comunicato della mattina del 31 Gennaio “si intendeva mettere in luce alcuni aspetti spaziali dell’evoluzione della sequenza”, e sottolinea che “la sismicità registrata finora rientra nel quadro atteso per sequenze sismiche di questo tipo. Le scosse successive a quella di magnitudo 3.3 avvenuta nella notte tra il 30 e il 31 Gennaio sono localizzate a NNE della stessa”. Il Presidente dell’Ingv ricorda che “la Garfagnana è una zona ad alta pericolosità sismica e che la probabilità di forti terremoti è costantemente non trascurabile. Il trend medio della sequenza in termini di numero di scosse è in fase di generale decrescita, ma sono possibili variazioni statisticamente frequenti rispetto a questo andamento”. Il 18 Gennaio 2013 sono state depositate le Motivazioni della sentenza che ha condannato per omicidio colposo gli esperti della Commissione Grandi Rischi riunitasi prima del terremoto aquilano del 6 Aprile 2009. Questa è un’altra importante tappa della complessa vicenda giudiziaria che fa discutere il Paese e la comunità scientifica nazionale ed internazionale. Ormai tanti ricercatori e scienziati continuano, non certo per partito preso, a coltivare dubbi sulla strada intrapresa dalla Magistratura ed a ritenere ingiuste le accuse e la condanna a sei anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per omicidio colposo ai loro colleghi. Oggi, soprattutto dopo aver letto le motivazioni, gli scienziati dell’Ingv sentono il dovere di comunicare il loro punto di vista. “Per quanto riguarda il processo – rilevano i ricercatori – con la sentenza si è inteso confermare la tesi contenuta nella requisitoria dei pubblici ministeri, secondo cui gli scienziati avrebbero potuto sapere ciò che stava per avvenire ma non si sarebbero curati, o addirittura avrebbero volutamente evitato, di comunicare adeguatamente il rischio. A fronte del fatto che la comunicazione verso la cittadinanza non è prerogativa degli esperti che sono chiamati a fornire pareri, l’ampia documentazione esistente sulle caratteristiche sismiche del territorio testimonia la bontà del lavoro della comunità scientifica e l’avvenuto trasferimento delle informazioni e delle conoscenze disponibili per definire e comunicare il rischio sismico nella città di L’Aquila. A tal proposito, si deve notare come il giudizio sul ruolo giocato dalla comunità scientifica sia stato in buona parte imperniato su un’intervista al vice-capo del Dipartimento della Protezione Civile avvenuta precedentemente alla famosa riunione del 31 Marzo 2009, nel corso della quale la Commissione Grandi Rischi ha discusso davanti alle autorità locali le caratteristiche sismiche dell’Aquilano e la possibilità di prevedere i terremoti”. Che cosa comunicarono gli scienziati ai politici, alle istituzioni ed agli amministratori locali? “Nel corso della riunione è stata comunicata alle istituzioni l’impossibilità di prevedere l’accadimento di una forte scossa. Questa comunicazione non poteva essere interpretata come l’impossibilità che il terremoto avvenisse. La certezza di quanto sostenuto è nel fatto che i risultati delle ricerche svolte dal 2009 a oggi non hanno smentito nulla di quello che è stato sostenuto dagli esperti nella riunione e non hanno evidenziato aspetti che avrebbero dovuto suggerire con certezza uno sviluppo così drammatico della sismicità. Infatti, anche in questo preciso momento possiamo serenamente affermare che dal punto di vista scientifico una sequenza sismica di bassa magnitudo in atto non rappresenta un segnale prognostico per l’accadimento nell’immediato di un forte terremoto”. Se poi si guarda al processo, gli scienziati dell’Ingv sottolineano il fatto che “per dimostrare la colpevolezza degli imputati i pubblici ministeri sono entrati nel merito di lavori scientifici estremamente complessi, senza avvalersi di adeguata consulenza sismologica.  Già questo aspetto basterebbe ad affermare che l’intera vicenda giudiziaria presenta aspetti tali da farla considerare anche un processo alla scienza. In questo quadro non sorprende che lo stesso pubblico ministero giunga a definire “categoria giuridica il concetto di analisi del rischio”, cioè procedure proprie del mondo della ricerca, continuamente discusse, cui sono legati significativi margini di incertezza. Assumere posizioni come questa, prescindendo dal fisiologico sviluppo di un dibattito scientifico, a noi sembra una forzatura. Altro aspetto generale del processo che alimenta più di una perplessità – rilevano gli scienziati – è la mancata analisi delle responsabilità istituzionali, politiche, amministrative, sia al livello centrale sia locale. In questo caso possiamo richiamare la lucida analisi del ministro Clini:“Non si può chiedere a tecnici e scienziati di assumersi una responsabilità che dovrebbe essere amministrativa e, in ultima istanza, della politica”. Ciò è certamente vero per il caso specifico delle conseguenze della riunione della commissione di esperti oggetto del processo, ma è altrettanto vero in generale, su un piano che potrebbe dirsi addirittura storico, il cui richiamo è suggerito proprio dalla lacuna del dibattito processuale”. Obiettivamente, in effetti, basta guardare a quanto discusso in occasione di terremoti passati. “Il 2 Gennaio 1909, pochi giorni dopo la catastrofe di Reggio e Messina, sul Corriere della Sera, un illuminato Pasquale Villari (già Ministro della Pubblica Istruzione), riprendendo tesi di Guido Alfani (direttore dell’Osservatorio Ximeniano) osservava che la distruzione “non è una ragione per condannare noi stessi … ad un’opera eterna di fare e disfare, ripetendo sempre gli stessi errori, non evitando quella parte non piccola di calamità da cui la ragione e l’esperienza possono difenderci”. Era la perorazione del ben costruire che anche il giorno dopo, sullo stesso giornale, un altrettanto illuminato Francesco Saverio Nitti faceva sua, citando, come si fa anche oggi, il Giappone:“Le costruzioni sono fatte in guisa da rendere i pericoli sempre meno gravi. Tutta la Calabria deve adottare forme di costruzioni, che possono resistere almeno in parte all’opera distruggitrice dei terremoti. Questo problema va affrontato arditamente, come un problema nazionale”. Ancora oggi è questo l’unico strumento per la difesa dai terremoti. Se dopo più di cento anni discutiamo delle stesse questioni – fanno notare i ricercatori – vuol dire che il problema a livello nazionale non è stato affrontato, almeno non “arditamente”. Possiamo affermare che se avessimo cominciato a costruire in modo antisismico dal 1909, molte vite umane si sarebbero salvate: del resto la zona di L’Aquila fu classificata come sismica dopo il terremoto del 1915”. C’è poi la storia infinita della previsione dei terremoti. “Nel caso del sisma aquilano se ne è discusso a lungo, per concludere che, come sostenuto dagli esperti della commissione, non è possibile previsione alcuna. Non è storia nuova: dopo il disastroso terremoto abruzzese del 1915 (ben più forte di quello del 2009), il direttore dell’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica (l’Ingv di una volta) così rispondeva a chi pretendeva informazioni sul momento esatto delle scosse a venire:“Caro signore…se noi potessimo sapere quello che lei chiede, questo ufficio invece di chiamarsi Osservatorio si chiamerebbe Segnalatorio”. Il fatto che a quasi cento anni di distanza ci siamo trovati di fronte ad analoghe discussioni manifesta le lacune di progresso culturale della società. Ancora oggi, nonostante gli avanzamenti scientifici fatti nel campo sismologico, nessuno può prevedere una forte scossa con esattezza di tempo e luogo”. È l’ignoranza scientifica abissale dominante nella società civile, nei quadri dirigenti territoriali, la prima piaga d’Italia che la nuova classe politica deve estirpare al più presto, prima che sia troppo tardi, prima della prossima catastrofe nazionale. I cittadini elettori ne siano ben consapevoli quando si recheranno alle urne il 24-25 Febbraio 2013. Ecco l’urgenza e l’importanza del doveroso voto politico. “In questo quadro di persistente arretratezza – rivelano gli scienziati – l’importante elemento di progresso politico e culturale determinato dall’attività dei sismologi nei decenni passati è rappresentato dalla classificazione sismica del territorio nazionale (Decreto MLP 14/07/1984), base irrinunciabile per le corrette pratiche edilizie. Da ultimo, nel 2004, gli esperti hanno messo a disposizione delle pubbliche autorità la Mappa di Pericolosità Sismica, una legge dello Stato (2006) da utilizzarsi appositamente per la difesa dai terremoti, come riferimento nelle norme tecniche per le costruzioni. La mappa è una vera e propria previsione probabilistica di quanto può accadere dal punto di vista sismico sul territorio nazionale in un momento qualsiasi, non sappiamo se domani, fra dieci o cinquant’anni”. Diversamente da un articolo scientifico, che per definizione è destinato ad un pubblico di esperti e va letto nella sua interezza e non estrapolando una singola frase, “le Mappe di Pericolosità – dichiarano gli scienziati Ingv – sono elaborate dalla comunità scientifica internazionale secondo procedure consolidate e condivise, e realizzate in una forma semplice e comprensibile a tutti per la diretta pianificazione dell’uso del territorio. Nel caso italiano, la Mappa considera tutta la lunga storia sismica italiana e tutti i risultati della ricerca aggiornati e discussi dalla comunità scientifica. Quella stessa Carta fu mostrata dagli esperti anche nella riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 Marzo 2009”. La storia di un secolo evidenzia che “la ricerca applicata alla difesa dai terremoti ha avuto quello sviluppo consono alle necessità di un Paese moderno. Al contrario, i persistenti difetti culturali e di messa in pratica delle acquisizioni scientifiche chiariscono drammaticamente, anche sul lungo periodo, le lacune amministrative e della politica richiamate, per lo specifico del processo, dal ministro Clini. Si intravedono in pratica due storie, quella del Paese e quella della ricerca, che non hanno avuto, per quanto attiene la mitigazione dei rischi naturali, la stessa velocità, essendo quasi rimasta al palo la prima e avendo superato numerosi traguardi la seconda. È proprio a questo contesto che fa riferimento la vera lezione lasciata dal tragico terremoto del 6 Aprile 2009: l’assenza ancora oggi di una forte politica di prevenzione e l’incapacità del Sistema Paese di gestire nel medio e lungo termine le informazioni sulla pericolosità, sulla vulnerabilità e quindi sul rischio sismico. È evidente, in merito a questi problemi ancora aperti, il ruolo fuorviante della sentenza e delle sue motivazioni”. Rilievi che non diminuiscono la determinazione degli scienziati “a rinnovare l’impegno al massimo livello per la ricerca, per la comunicazione e il dialogo con la società e le popolazioni dei territori a rischio. Riteniamo urgente intraprendere una nuova strada, civile e moderna, in cui scienziati, Protezione Civile, governo, amministratori locali, cittadini, definendo chiaramente i propri ruoli, contribuiscano a creare un sistema capace di avviare le corrette pratiche che nel breve e medio termine possano portare ad una sostanziale mitigazione del rischio sismico”. Dunque, dire, sostenere e scrivere che “i forti terremoti sono sempre preceduti da sciami”, è palesemente e scientificamente falso. Nessuno dei maggiori terremoti italiani del Novecento è stato preceduto da uno sciame. Far credere che un modello di pericolosità a 10 o 50 anni, valido su aree di centinaia di chilometri, sia utilizzabile localmente per azioni pratiche di riduzione dell’esposizione, è sbagliato e pericoloso. Non è nemmeno vero sostenere che i risultati di alcuni “studi” siano nascosti chissà dove, dal momento che una ricerca su Internet o una telefonata può consentire a chiunque di trovarli, oggi come anni fa, sul sito web dell’Ingv e negli archivi della Protezione Civile Nazionale a cui vengono sempre consegnati. Si parla impropriamente di “crescita della magnitudo”, come del fagiolo magico nella famosa favola! Ma scherziamo? Le argomentazioni scientifiche forse interessano poco le persone e i giornalisti comuni più attenti alla cronaca nera e rosa. “Durante il processo – rilevano gli scienziati che hanno reso disponibile online la Motivazione della Sentenza – vengono fatte affermazioni pericolose e fuorvianti” che i media “hanno giustamente riportato senza però sottolinearne la gravità: dire che il problema dei terremoti in Italia non sono le case che crollano e che la riduzione della vulnerabilità degli edifici è inutile, è fuorviante e, questo sì, profondamente irresponsabile. Come non ci stanchiamo di ripetere da sempre e come confermano i colleghi giapponesi e americani e qualunque altro esperto in materia, è proprio la Prevenzione sugli edifici lo strumento principale di riduzione del rischio simico”. I ricercatori respingono “con fermezza le accuse di essere “servi del potere”. Servitori dello Stato, sì. Servi del potere, no. Soprattutto respingiamo con forza la definizione di “braccio armato della Protezione Civile”, nel senso negativo del termine”. L’Ingv è un Istituto di ricerca che in base alla Legge (n° 225 del 1992 e il D.Lgs 381/1999) è “componente del servizio nazionale della protezione civile” e opera “in regime di convenzione con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile”. Di questo “delicato compito siamo responsabilmente consapevoli e fieri. In questo ambito operiamo da sempre per migliorare le conoscenze sui terremoti e sul nostro territorio e per sensibilizzare la popolazione. I dati prodotti dalle nostre reti di monitoraggio e i risultati dei progetti che abbiamo portato avanti in tanti anni sono sempre stati resi pubblici. E sono da sempre a disposizione di chi ha il compito di fare scelte politiche e di far rispettare le norme antisismiche. Ci teniamo ancora una volta a precisare che i sismologi presenti alla riunione della Commissione Grandi Rischi hanno fatto il loro dovere presentando tutti i dati disponibili, e che una chiara distinzione dei ruoli sarebbe necessaria: Giulio Selvaggi non solo non faceva parte della CGR, non era mai stato convocato alla riunione, non ha partecipato alla conferenza stampa (come del resto il prof. Boschi), non ha firmato il verbale. Una sentenza che lo accomuna a chi aveva un chiaro ruolo politico, è a nostro parere di cittadini una sentenza ingiusta e preoccupante”. I ricercatori dell’Ingv, alcuni con incarichi dirigenziali, stanno approfondendo le questioni legate al processo anche per evitare che in futuro si possano ripetere quelle circostanze. “Nel processo di L’Aquila ci sentiamo condannati – rivelano gli scienziati – perché il nostro collega Giulio Selvaggi ha portato ed esposto alla riunione del 31 Marzo 2009 una relazione che illustrava il nostro lavoro, e per questo ora è condannato a sei anni di carcere. A nostro giudizio quella relazione non era affatto rassicurante e non lo era certo la Mappa di Pericolosità mostrata e discussa alla riunione. La Mappa, che è legge dello Stato, è già una sintesi di tutte le informazioni disponibili sull’elevata pericolosità dell’area e quindi comprende anche i risultati descritti da alcuni esperti da voi intervistati”. Dunque, gli aspetti scientifici della vicenda aquilana devono sempre essere affrontati con la necessaria completezza. Visioni scientifiche diverse possono sicuramente fornire sui media un quadro più obiettivo. Senza scomodare la Nuova Zelanda, il Giappone e la California, l’Ingv “ha molti statistici e vulcanologi nelle sue file, e collabora con moltissimi Istituti e Università”, compresi quelli dei ricercatori e scienziati più prestigiosi del mondo. Tutti i dati scientifici relativi alle sequenze sismiche del passato, l’uso della statistica nello studio dei terremoti, i metodi di valutazione della pericolosità a breve e lungo termine, devono diventare il pane quotidiano dei cittadini, non soltanto degli esperti. Gli scienziati lo stanno già facendo nello spazio online dedicato dall’Ingv al Processo di L’Aquila (http://processoaquila.wordpress.com/) dove si possono trovare in tempo reale le loro considerazioni. Come evidenziano da ben più illustri colleghi, la tesi secondo la quale l’attività di riduzione del rischio sismico consiste “solo” nel miglioramento delle norme sismiche, negli interventi di consolidamento strutturale preventivo e nella riduzione della vulnerabilità delle strutture esistenti, non costituisce solo oggetto di un’eccezione difensiva ma rappresenta, secondo la vulgata politica dominante, il prevalente, se non addirittura l’unico, strumento di mitigazione del rischio sismico. Soluzioni peraltro giudicate da molti assolutamente insufficienti perché mai applicate capillarmente sul territorio. In tema di valutazione e di mitigazione del rischio sismico, l’affermazione secondo la quale “l’unica difesa dai terremoti consiste nel rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto”, appare tanto urgente quanto ovvia anche se i politicanti non sono d’accordo. Davvero “i Comuni italiani, quasi tutti caratterizzati da estesi centri storici risalenti nei secoli, richiederebbero, per rafforzare le costruzioni esistenti e migliorare la loro capacità di resistere al terremoto, risorse finanziarie talmente ingenti da risultare concretamente indisponibili”? Anche per andare sulla Luna, prima del Luglio 1969, alcuni scienziati ritenevano impossibile l’utilizzo di un razzo pieno di carburante in quantità pressoché infinita! Insomma, poiché mancano i soldi, le vittime saranno sempre nel conto capitale, mentre qualche imprenditore sorriderà beatamente in vista del prossimo affare! Si afferma che “la necessità di rafforzare le costruzioni e migliorare le loro capacità di resistere al terremoto, ricorda più una clausola di stile che un intento concretamente attuabile”! Affermare che sia inutile l’opera di prevenzione dei rischi sismici, attraverso la costruzione e l’adeguamento di edifici che rispettino le norme antisismiche, è semplicemente assurdo. Eppure è molto in voga di questi tempi. Le discussioni in corso sembrano spostare l’attenzione e il focus dal tema fondamentale: la Prevenzione, spesso confusa con la Previsione. Si pretendono dagli scienziati (non dai politici) risposte immediate e certe per risolvere, in poche ore o giorni, una sistemica carenza strutturale, culturale e politica che potrebbe essere risolta solo con anni di impegno, a cominciare dalla Scuola dell’Infanzia fino al Governo del Paese. Serve (anche in Parlamento) una maggiore conoscenza della Pericolosità del territorio, la consapevolezza della vulnerabilità e dell’esposizione al rischio e l’azione congiunta di scienziati, istituzioni, autorità nazionali e locali, operatori dei media e società civile. E naturalmente i necessari investimenti europei (www.agenda-monti.it). Serve insomma una coraggiosa scelta politica e sociale di medio e lungo termine, in Italia, in Europa e nel Mediterraneo, rilevante quanto si vuole, per salvare milioni di persone dalle future catastrofi naturali. Sappiamo, infatti, che l’Italia è un paese molto sismico e la maggior parte della popolazione italiana vive in zone a rischio sismico. È vero che “non si contesta agli imputati la mancata previsione del terremoto, la mancata evacuazione della città di L’Aquila o la mancata promulgazione di uno stato di allarme”, ma si “addebita agli imputati la violazione di specifici obblighi in tema di valutazione, previsione e prevenzione del rischio sismico disciplinati dalla vigente normativa”. Ma se, in effetti, “dire che in una zona sismica non si possono escludere terremoti, significa operare una vuota tautologia, in quanto se una zona non fosse interessata da terremoti non sarebbe definita sismica”, significa indicare che gli scienziati imputati avrebbero dovuto fare una valutazione della probabilità di un evento più forte: di quanto più forte, quando, dove esattamente? Certamente “le conoscenze e i dati (gli indicatori di rischio che verranno di seguito esaminati) a disposizione degli imputati a L’Aquila il 31.3.09 permettevano certamente di poter formulare una fondata valutazione di prevedibilità del rischio”, ma “la previsione del rischio è invece la formulazione di un giudizio, di una valutazione prognostica, circa la realizzazione in concreto di una situazione potenziale e circa quelle che potranno essere le possibili conseguenze dannose derivanti da un accadimento non prevedibile quale il terremoto”. Di fatto si addebita agli scienziati imputati la “colpa” di non aver previsto un evento imprevedibile, perché la previsione del rischio del terremoto è inscindibile con quella del terremoto stesso, che come è noto, pare dato per scontato:“è imprevedibile”. Insomma “gli imputati, alla data del 31.3.09, conoscevano ed avevano a disposizione una serie di indicatori per formulare un adeguato giudizio di prevedibilità del rischio a fini di prevenzione”(?). Supponiamo che fosse possibile (cosa che non è, e forse non lo sarà mai) prevedere i terremoti con esattezza a distanza di pochi giorni o ore dal loro verificarsi, individuando ora, luogo e intensità precise. Saremmo probabilmente in grado di salvare molte vite umane purché capaci di votare i politici giusti e di implementare piani di evacuazione efficaci! E questo sarebbe già un risultato indiscutibilmente inestimabile. Tuttavia il terremoto farebbe comunque il suo corso distruggendo case, fabbriche, scuole, monumenti, ospedali, palazzi istituzionali del Governo. Così come è accaduto a L’Aquila il 6 Aprile 2009. Quando, oltre alle 309 vittime, 65mila persone sono state costrette a lasciare le loro case. Ancora oggi, a quattro anni di distanza, la città di L’Aquila, il suo grande centro storico, è devastata. Non solo il centro storico non è stato ricostruito ma nemmeno il tessuto sociale ed economico. È tutto deserto. Un chiaro successo politico di chi sta al potere (ed all’opposizione) e vuole pure candidarsi per vincere le elezioni politiche del 24-25 Febbraio 2013. Nessuna fantascientifica e fantapolitica capacità di previsione dei terremoti potrebbe mai evitare questa distruzione. Il terremoto è un evento incontrollabile come la volontà dei mercati. Che cosa facciamo allora? Evacuiamo l’Italia? Aspettiamo il prossimo disastro e incolpiamo “solo” gli scienziati, coloro che da anni stanno facendo il proprio lavoro, seriamente e apertamente, per migliorare la conoscenza e le capacità di protezione dai terremoti? O, magari, celebriamo un processo dopo l’altro, e nelle aule dei tribunali speriamo di rendere giustizia a chi ha perso famigliari e amici o la propria casa? E nel frattempo lasciamo che la violenza politica imperversi insieme ai disastri naturali come i terremoti e gli tsunami (inevitabili nel Mediterraneo, prima o poi, e in Italia), faccia il suo corso e lasci interi paesi senza passato, presente e futuro? Le persone, nell’indifferenza generale, continueranno a morire, e le città e i territori d’Italia ad essere distrutti? Questa notte stessa, in uno qualunque dei comuni italiani e d’Europa, potrebbe avvenire un terremoto devastante, distruttivo, epocale, senza nessun preavviso immediato! Non occorre essere dei profeti e dei veggenti. Non occorre la sfera di cristallo. Morte e distruzione, a differenza del passato, oggi si possono evitare. E, se i politici avessero fatto tutto il loro dovere senza gli scaricabarile istituzionali e le inqualificabili “dominanze” da “passivi”, si sarebbero potuti evitare anche a L’Aquila. Gli strumenti e le conoscenze sufficienti sono a disposizione da molto tempo. Nella famosa Mappa, L’Aquila è segnata come zona ove la pericolosità sismica è massima, indipendentemente dal fatto che ci siano o meno delle sequenze sismiche in atto. Indipendentemente dagli sciami e dai presunti assurdi “scaricamenti” di energia sismica! Roba che pure gli sceneggiatori di Star Trek into Darkness, il nuovo dodicesimo capitolo cinematografico della fortunata serie, sul grande schermo dal prossimo Maggio 2013, a firma del grande regista di J.J. Abrams (www.startrekmovie.com/), giudicherebbero inqualificabile! Se, dunque, “gli eventi ricadono nella zona sismica appenninica che è una delle più sismiche d’Italia”; se “in realtà ci preoccupa perché ci sono stati terremoti fortissimi”; se “quindi non è lo sciame o la sequenza che ci deve allarmare, ma dobbiamo preoccuparci se viviamo in zone sicure o no, sia per le abitazioni, che per gli edifici, come le scuole”; se “sotto il monte Urano la faglia non dorme. La frattura della crosta terrestre che si credeva silente è attiva: una situazione che può creare terremoti…Faglia che, per la sua lunghezza potrebbe essere potenzialmente responsabile di terremoti di magnitudo tra 6,5 e 7 della Scala Richter”, allora perché si continua colpevolmente, da parte dell’intera classe politica e dei media, a fare orecchie da mercante, scaricando poi le gravi responsabilità politiche sulla Magistratura e sugli scienziati pubblici che fanno il loro dovere, cioè sullo Stato? Tutto ciò non viene considerato rilevante, ma lo sono invece solo le dichiarazioni polemiche e le intercettazioni su espressioni e comunicazioni informali che sono state interpretate come rassicuranti, spesso in modo forzoso dai media. Prima fra tutte la famosa intervista a De Bernardinis (pag. 225 e seguenti) che però è avvenuta prima della riunione. Salvo poi quantisticamente soprapporre le varie “realtà-verità” dimensionali (alla “Cloud Atlas” per intendersi) mescolando il tutto in una primordiale zuppa avvelenata da servire al Popolo italiano, in primis agli Aquilani offesi e distrutti. Dov’è la Verità vera tutta intera in questa storia italiana? Pare ragionevole pensare che, insieme alla Mappa, si deve attuare il rinnovamento del patrimonio edilizio italiano che oggi non è in grado di sopportare scosse che in altri Paesi non farebbero cadere neanche un cornicione. L’Aquila è un grande esperimento urbanistico ed architettonico. È importante sottolineare che non sono i terremoti a uccidere ma gli esseri umani che con negligenze, trascuratezze e interessi illeciti impediscono e ostacolano l’opera di prevenzione degli scienziati. Esiste una relazione dimostrata tra indice di corruzione e morti nei terremoti. E, se come sembra la Corte dei conti ha perfettamente ragione, allora gli Italiani sono in guai molto seri. A proposito del patrimonio edilizio aquilano, a pagina 727 della Motivazione della Sentenza, si elencano le carenze strutturali degli edifici in cui sono morte le persone a cui si riferisce il processo: tutte presentano una vulnerabilità sismica alta o medio-alta per errori di progetto, ristrutturazioni sbagliate, carenze costruttive, assenza di interventi di riqualificazione, vetustà! Ma poi si legge:“In altri termini, i profili che nel caso di specie si qualificano come “fatto illecito altrui” rientrano certamente nella sfera di prevedibilità degli imputati così da non costituire, nella sequenza concausale, fatto eccezionale”. Il Giudice fa poi riferimento alla cronica mancanza di fondi delle amministrazioni pubbliche. È verissimo che l’adeguamento del patrimonio edilizio e storico implica degli investimenti. È questo il compito della Politica più alta e nobile nel Buongoverno. Tuttavia è stato dimostrato che interventi di ripristino del costruito non a norma possono essere realizzati a basso costo, e salvare vite umane. Esistono importanti organizzazioni internazionali che svolgono questo lavoro. Possibile che in Italia e in Europa i cittadini non sono capaci di chiedere ai loro “candidati” politici al Parlamento, quanto ci costa la devastazione dopo ogni disastro naturale come un terremoto, un’eruzione vulcanica, un impatto cosmico, uno tsunami? Sicuramente molto di più di quanto ci costerebbe una pianificazione sensata strutturale, che oltre a evitare tante morti proteggerebbe il tessuto economico e sociale delle zone colpite, creando subito milioni di posti di lavoro. Il processo di L’Aquila ha altri aspetti che vanno sicuramente analizzati, approfonditi e discussi pacificamente. Perché tra i sette scienziati imputati non si è fatta alcuna distinzione di ruoli? Gli imputati sono Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi rischi, Bernardo De Bernardinis, vicecapo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, allora presidente dell’Ingv, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto CASE, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova (tutti componenti della Commissione Grandi Rischi) e, inoltre, Mauro Dolce, direttore dell’Ufficio Rischio Sismico del Dipartimento della Protezione civile e Giulio Selvaggi, allora direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv. Tra i presenti alla famosa riunione CGR pre-catastrofe, troviamo anche i responsabili delle autorità locali, in particolare il Sindaco di L’Aquila, l’Assessore alla Protezione Civile della Regione Abruzzo, il dirigente responsabile della Protezione Civile della Regione Abruzzo. Persone rispettabilissime, pubblici ufficiali di Protezione Civile territoriale, cui la Legge affida il compito della salute e della salvaguardia dei cittadini. Le complesse questioni scientifiche frutto di ricerche molto specialistiche, anche sotto il Gran Sasso (Lngs-Infn), che consentono di motivare la Sentenza sulla base di giusti elementi scientifici, escludono altri fatti, atti, omissioni, errori, sottovalutazioni di natura politica, istituzionale, sociale, culturale? Sono tutti elementi che fanno di questo processo un “precedente” nella storia del Diritto e della Giurisprudenza del nostro Paese. Dal potenziale indescrivibile. Potrebbe segnare per davvero un punto di svolta (e di non ritorno rispetto al passato) verso un modo più moderno e civile di affrontare le emergenze ambientali e i disastri naturali in Italia, in Europa e nel mondo. Non crediamo che il progresso per la mitigazione dei rischi naturali passi necessari mante attraverso l’aula di un tribunale. Ma la protezione dei cittadini dai disastri come i terremoti deve diventare una priorità (inter-)nazionale, il primo punto su qualsiasi Agenda politico-programmatica. Perché solo migliorando al contempo la catena di responsabilità-comando tra chi, scienziati, Protezione Civile, amministrazione centrale e locale, si deve occupare per legge di affrontare queste emergenze, potremo togliere il sorriso beffardo sul volto dei futuri speculatori di catastrofi e fondare definitivamente un Paese per davvero civile. Purtroppo dal 6 Aprile 2009 a oggi pochissimo è stato fatto. “Sapere, attraverso la Mappa di Pericolosità, che un forte terremoto potrà colpire una determinata regione entro un intervallo di tempo più o meno lungo – spiegano all’Ingv – non è cosa da poco conto. Non è una notizia particolarmente “sexy”, di quelle che attirano l’attenzione del pubblico e guadagnano i titoli a tutta pagina sui giornali. Ma è quello che serve agli amministratori per formulare le leggi e delle norme di costruzione adeguate. Questo la sismologia oggi lo può fare, e lo fa”. Nel tempo in cui viviamo (ruberie dei partiti, sfiducia, pessimismo, crisi economica, sociale, etica, morale, politica) gli investimenti cospicui di denaro pretendono ricavi altrettanto cospicui, certi, e soprattutto a breve termine. Quello che bisogna cominciare a chiedersi, come società e come cittadini, andando tutti a votare il 24-25 Febbraio 2013, è se siamo finalmente pronti e capaci a investire in qualcosa che potrebbe restituire i suoi preziosi frutti solo dopo molto tempo, al di là del termine della nostra vita di singoli individui, al di là della vittoria politico-elettorale! Se siamo convinti che la tragedia di L’Aquila e dell’Emilia Romagna (Maggio 2012), con tutte le sue contraddizioni, ha dolorosamente contribuito a far crescere la comunità scientifica sismologica italiana, dobbiamo anche essere pronti, non solo come ricercatori sismologi e vulcanologi, ad essere “parte di questa comunità” sempre. Per “continuare a crescere insieme alla società che ci è intorno e di cui noi siamo parte. La condanna del Tribunale e le motivazioni presentate a nostro giudizio non vanno in questa direzione”, ma sono un inizio per sconfiggere e debellare l’abissale ignoranza scientifica italiana. Perché oggi la classe politica e burocratica non è minimamente entrata nell’ottica sismologica in quanto non ne è in grado culturalmente.

© Nicola Facciolini

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