Prima dello stop

Le cose in campo economico non vanno meglio perché non se ne parla, con tutti impegnati a commentare le uscite infelici di Berlusconi, Bersani e buon ultimo Monti, smentito dai tedeschi circa l’ingresso al governo del Pd, che mostra di aver perso il loden ma anche il suo stile da signore. La scorsa settimana Mario […]

Le cose in campo economico non vanno meglio perché non se ne parla, con tutti impegnati a commentare le uscite infelici di Berlusconi, Bersani e buon ultimo Monti, smentito dai tedeschi circa l’ingresso al governo del Pd, che mostra di aver perso il loden ma anche il suo stile da signore.
La scorsa settimana Mario Draghi aveva avvertito che non siamo certo usciti dalla crisi e oggi la BCE pare rilanciare dichiarando che, fra il 2011 e il 2012, quando intervenne comprando i titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, ha acquistato 102,8 miliardi di euro di bond italiani: la quota maggiore nell’ambito del programma Smp (Security markets program), molto più in alto di Spagna (44,3 miliardi), lGrecia (33,9), Portogallo (22,8) e Irlanda (14,2).
Quindi quasi la metà degli acquisti di titoli di Stato, sul mercato secondario, pari in totale a 218 miliardi di euro, sono serviti a contenere l’aumento dello spread dell’Italia, come dire che senza la BCE saremmo già ampiamente saltati e saltati nel modo peggiore.
Lo scorso 19 febbraio, d’altronde, il vero e unico superMario per il Tricolore, ha parlato chiaro al Parlamento Europeo e ha detto che, in questo inizio di 2013, nell’area dell’euro, ”si è registrato un’ulteriore debolezza” dell’attività economica con ”la domanda interna che resta debole ed ha aggiunto che la ripresa sarà molto graduale.
Infine l’avvertimento: se i risanamenti dei conti pubblici nell’area dell’euro ”subiranno un rallentamento, questo si ripercuoterà sul costo del credito’, influendo negativamente sul finanziamento alle piccole e medie imprese, che sono dipendenti dal sistema bancario e che rappresentano il 75% dell’occupazione nella zona euro.
Ma, naturalmente, nessun politico ne parla ad un giorno dallo stop per i comizi elettorali e si continua a parlare di concessioni e minore stretta fiscale, come se i soldi ora potessero venire dal cielo.
Tutti, ma proprio tutti, si inerpicano su rocambolesche riduzioni, con lettere sulla restituzione dell’IMU inviata agli italiani (anche defunti) da Berlusconi, Bersani che dice che taglierà gli sprechi avendo così agio di una minore pressione fiscale con risorse per il lavoro e Monti che ventila l’idea di una patrimoniale con dismissione di beni pubblici di pregio.
Quasi tutti vogliono ridurre il numero dei parlamentari, perché costano troppo, e a nessuno viene in mente che basterebbe ridurre le loro prebende, per raggiungere lo stesso risparmio. Meglio ancora, basterebbe liberare l’indennità parlamentare dal vincolo stabilito con la legge del 1965, che la aggancia allo stipendio di un magistrato presidente di sezione di Cassazione con 35 anni di anzianità: in tal modo cesserebbe l’assurdo privilegio che garantisce ad un parlamentare appena eletto la stessa retribuzione di un magistrato pervenuto a fine carriera. E forse lo status di parlamentare sarebbe meno desiderato, altro vantaggio non trascurabile in questa Italia di furbi e di furbetti.
Il centro sinistra prevede che sulla prima casa, qualora sia questa la coalizione che si affermasse post elezioni, andranno detratte somme fini a €500,00. Quel che non verrà nelle casse dello Stato per le detrazioni dell’IMU, verrà recuperato con una nuova tassa, la patrimoniale sugli immobili che registrano un valore catastale almeno di 1,5 milioni di euro. Si promette più accertamento e rilevamento dell’elusione fiscale lotta contro l’evasione. Quel che perverrà da questi accertamenti, verranno utilizzati per abbassare le imposte sul lavoro e l’impresa; la crescita invece deve essere sostenuta dallo sviluppo sostenibile. Sollecitando la propensione manufatturiera dell’Italia, si deve pensare ad una politica industriale basata su energie rinnovabili, efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie al servizio di beni culturali e made in Italy.
Per i trasporti, energia, banche, semplificazione delle imprese si punterà al regime delle liberalizzazioni. Il lavoro sarà la punta di diamante del prossimo Governo, che partirà dalla modifica della riforma voluta dall’ultimo Ministro Elsa Fornero, sostenendo il lavoro fisso in luogo del temporaneo per abbattere i costi; maggiore considerazione alle modalità produttive incentivando accordi aziendali e locali e via alla innovazione della rappresentanza in azienda. Sotto esame i bilanci dello Stato a seguito delle ultime manovre eseguite dal Governo Monti. Per i rapporti con l’estero, l’Italia non verrà meno al fiscal compact e assicurerà il pareggio di bilancio dal 2013 in poi. Incentivazione dell’eurobond e condivisione dei debiti pubblici di ogni Paese. Riforma dei partiti politici per contenere la spesa in questo settore. Nulla viene accennato alla spending review.
Per i programmi economici PD e partiti di unione della coalizione di sinistra, parlano di “riqualificazione della spesa”. Al fine di tutelare il pareggio di bilancio nel 2013 e contenere le spese vengono presentati  i “piani industriali per ogni singola pubblica amministrazione”, il cui fine è “efficienza e risparmio”.  Settori che hanno subito tagli, come ad esempio la scuola, vedranno rimpinguare u po’ le casse per nuove risorse ad essi destinati.
Silvio Berlusconi e i suoi alleati del centro destra hanno altri progetti.  Il centrodestra è formato dal Pdl, Lega Nord, Fratelli d’Italia, La Destra, Grande Sud, Mpa, Mir, Pensionati e Liberi da Equitalia. Discorso IMU: abolizione totale sulla prima casa. Per i cinque anni di Governo obiettivo primario è abbassare la pressione fiscale, per cui l’intento è eliminare l’IRAP entro cinque anni, riduzione della tax expenditures del 3% annui.
Inversione delle politiche di austerità in Europa per aumentare la crescita, per la quale i fondi devono derivare da un forte programma restringente del debito pubblico. Riduzione della pressione fiscale per le imprese, abolizione dei trasferimenti  e loro destinazione  in credito d’imposta. Anche questa coalizione si prefigge la modifica della riforma Fornero; incentivazione dell’occupazione giovanile con la probabile detassazione e contribuzione totale per cinque anni delle nuove assunzioni e a tempo indeterminato.
Mario Monti poi, sempre più appassionato di politica, prevede la riduzione della pressione fiscale a favore del lavoro e delle imprese. Le risorse saranno tratte dalla tassazione sui grandi patrimoni e sui consumi a tutela dei più deboli e del ceto medio. Non si esclude una modifica dell’IMU che però non verrà eliminata quanto meno sulla prima casa. Incentivi per la ricerca, più investimenti e credito strutturale di imposta. Riduzione della pressione fiscal e con la diminuzione della spesa pubblica.
Giannino fa un mezzo passo indietro dopo la grana del curriculum taroccato, Grillo urla ai quattro venti e Ingroia non si capisce da che parte stia.
I competitor principali, Bersani e Berlusconi, riscoprono l’antica regola elettorale del “voto utile”: non votate i piccoli partiti, il voto utile è sulle grandi concentrazioni, mentre Monti spera che un certo numero di italiani diment8ichino il recente passato e desiderino ancora indossa re il cilicio per un futuro solo a vantaggio dei grossi gruppi bancari.
Meno tasse, certo. Più infrastrutture, ovvio. E naturalmente provvedimenti per rilanciare lo sviluppo e l’occupazione. Ma soprattutto ci chiediamo come, perché nessuno l’ha chiarito in modo convincente. E non credo bastino le poche ore residue per farlo, come per sentire se c’è qualcuno che si ricordi che il Paese è vincente se sostenuto in tema di bellezze artistiche, turismo, cultura e paesaggio.
Ad un passo dallo stop e dal voto, passo le notti insonni al pensiero che in Grecia, dove soprattutto una classe politica divisa non ha saputo dare risposte, cresce il numero di senza tetto e sono in corso blocchi stradali organizzati dagli agricoltori per chiedere tra l’altro la riduzione del prezzo del gasolio e dell’Iva sui prodotti agricoli.
Le richieste di indigenze hanno assunto un carattere epidemico e il 50% delle famiglie non riesce più a pagare tasse e bollette.
L’ansa ci dice che crescono al contempo le infiltrazioni dei fascisti all’interno della polizia – in questi giorni è arrivata la denuncia di Amnesty di quattro anarchici torturati dopo un arresto -, e si moltiplicano gli atti di xenofobia.
C’è il timore che la Grecia diventi a breve una seconda repubblica di Weimar, che si concluda con la presa di potere di quelli di Alba Dorata. Mi auguro di non dover vivere tutto questo dal prossimo 26 febbraio.
Forse ha ragione Edoardo Varini, che scrive che Forse la Grecia non dovrebbe nemmeno più starci nell’Ocse, perché non ha più un regime democratico, poiché la dittatura dei creditori è la peggiore, non desta scandalo, è silente, chi le si oppone non acquista gloria.
In Grecia senza assicurazione privata non vieni più curato. Te lo diagnosticano il cancro, ma non te lo curano. Se vuoi una siringa te la devi procurare e devi pagarla in contanti. Sono sorte associazioni di medici clandestini che non si sono dimenticati del giuramento d’Ippocrate: “Giuro di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza”. In Grecia le donne in avanzato stato di gravidanza supplicano che le si lasci entrare negli ospedali. E se non hanno assicurazione restano fuori.
In Grecia i suicidi si moltiplicano: nel triennio 2009-2011 sono aumentati del 40%, mentre la riduzione del costo del lavoro e dei i diritti dei lavoratori imposta dalla Troika, ha preparato il banchetto alle multinazionali: Mondelez, Unilever, Procter & Gamble, Johnson & Johnson, che alacremente hanno ripreso ed anche incrementato gli investimenti.
Certo L’Italia non è la Grecia, ma certi incubi sono difficili da soffocare.

Carlo Di Stanislao

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