Roma, reportage femminile su mondo e società contemporanea

La Festa della donna celebrata attraverso sguardi femminili su mondo e società contemporanea: dal 7 al 29 marzo torna a Roma “Obbiettivo Donna”, appuntamento annuale a cura di Lina Pallotta ed Emilio D’Itri, organizzato e prodotto da Officine Fotografiche, con il Patrocinio del Municipio Roma XI, che vedrà in mostra, presso lo spazio espositivo di […]

La Festa della donna celebrata attraverso sguardi femminili su mondo e società contemporanea: dal 7 al 29 marzo torna a Roma “Obbiettivo Donna”, appuntamento annuale a cura di Lina Pallotta ed Emilio D’Itri, organizzato e prodotto da Officine Fotografiche, con il Patrocinio del Municipio Roma XI, che vedrà in mostra, presso lo spazio espositivo di via Libetta 1, una collettiva tutta al femminile accompagnata da un programma ricco di seminari, incontri e presentazioni editoriali, per raccontare realtà, contesti sociali e culturali del nostro tempo. Titolo e fil rouge che attraverserà l’VIII edizione della rassegna fotografica sarà “Percorsi Atemporali. Memoria, disfunzioni e problematiche sociali”.

Fra le sue protagoniste, c’è Annalisa Natali Murri con “Cinderellas”, percorso fotografico in bianco e nero vincitore del Pictures of the Year International (POY), incentrato sulle hijras di Dhaka, (Bangladesh), né uomini né donne appartenenti al cosiddetto “terzo genere”. Vera e propria casta dell’Asia meridionale, un tempo considerata alla stregua di divinità, in grado con canti e danze rituali di auspicare fortuna e fertilità, la comunità hijra (dalla radice araba hjr “colui che lascia la tribù”) è composta soprattutto da mussulmani, indù e cristiani di ceti sociali diversi e viene identificata storicamente con gli eunuchi. La rimozione dei genitali maschili (nirwaan) era infatti considerato un requisito fondamentale per accedere alla dimensione spirituale. Con l’arrivo degli inglesi e della morale vittoriana, la comunità fu perseguitata da leggi come il Criminal Tribes Act (1871), stigmatizzata come reietta e sodomita anche dopo l’indipendenza. Da un ventennio, la tribù hijra accoglie pure transessuali, omosessuali, uomini e donne con variazioni intersessuali, cacciati dai loro villaggi sin dalla tenera età. La comunità è organizzata in famiglie, ciascuna guidata da una “madre” (guru ma), che insegna alle giovani chelas a danzare, cantare e a suonare strumenti musicali per esibirsi nelle cerimonie.

Un consiglio di anziane coordina le famiglie e si occupa di eseguire le sempre più rare – perché vietate per legge – evirazioni, in strutture prive di requisiti igienico-sanitari, che espongono le adepte al rischio d’infezioni. “Le oltre 35.000 hijras che vivono nel Paese oggi vengono disprezzate e derise, sono prive di un’identità riconosciuta, di diritti civili e cittadinanza. Non hanno accesso all’istruzione o al lavoro e sono costrette a mendicare o a prostituirsi per vivere”, spiega la fotografa. Dopo anni di mobilitazioni di Ong internazionali, l’India e poi il Pakistan (2009) hanno formalmente introdotto il “terzo genere” sui documenti, garantendo loro diritti umani e di voto. In Bangladesh, l’unico spiraglio concesso è stato la legalizzazione del lavoro sessuale (2000). Una debole iniziativa che non le ha strappate dalla marginalità, né al dilagare di malattie sessualmente trasmissibili come Hiv ed Aids.

La rassegna Obbiettivo Donna ospiterà anche il lavoro della fotoreporter napoletana Sara Palmieri, “Algos” che, nell’arco di tre anni, ripercorre le limitazioni imposte dalla malattia al giovane corpo di Rosaria, 33 anni, diventata disoccupata in poco tempo perché affetta da artrite psoriasica, malattia autoimmune invalidante che, fra i 30 ed i 50 anni, attacca le articolazioni soprattutto di mani e gambe, portando ad una progressiva ed inesorabile insufficienza motoria, nonostante le terapie farmacologiche. In programma anche seminari e presentazioni editoriali, che culmineranno il 29 marzo con il lancio del romanzo di Simona Guerra “Bianco e Oscuro, storia di panico e fotografia” (Edizioni Postcart 2012), che ispirato ad una storia vera, intreccia disagio mentale con la fotografia. La postfazione è curata da Giuseppe dell’Acqua, psichiatra successore di Franco Basaglia e da allora direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. Uno spazio di confronto, quello offerto da Obiettivo Donna quindi, che farà convergere immagini, parole, documenti visivi e testuali, sottolineando il ruolo sempre più attivo delle fotoreporter nel panorama contemporaneo e che farà il punto sulle modalità di partecipazione delle donne nel mondo della comunicazione visiva e dell’editoria indipendente.

Loredana Menghi

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