L’Ue tifa Italia, per forza

Le borse europee avanzano e solo Milano continua a arretrare, con lo spread che sale a 327, mentre il numero uno di Eurotower, Mario Draghi, in un discorso alla Accademia Cattolica di Monaco di lancia un grido d’allarme sulla piaga della disoccupazione,  che sta lacerando il Vecchio Continente ed esorta i Governi ad “attuare riforme […]

Le borse europee avanzano e solo Milano continua a arretrare, con lo spread che sale a 327, mentre il numero uno di Eurotower, Mario Draghi, in un discorso alla Accademia Cattolica di Monaco di lancia un grido d’allarme sulla piaga della disoccupazione,  che sta lacerando il Vecchio Continente ed esorta i Governi ad “attuare riforme fondamentali che spingano il potenziale delle loro economie” affrontando in primis “la sfida urgente della disoccupazione”.

“Bisogna conoscere per decidere e deliberare”, diceva Einaudi e a guardare i numeri sull’emergenza lavoro, un conto è fermarsi ai 3 milioni di disoccupati ufficiali, un altro  rendersi conto che aggiungendosi i cosiddetti giovani “neet” gli scoraggiati, gli inoccupati e i sottocupati, l’area del disagio arriva a toccare 8 milioni.

A ciò si aggiunga l’impoverimento di famiglie e pensionate, il 63% di imprese in difficoltà per i pagamenti de l’IMU ed in credito con lo Stato pe4r 70-100 miliardi e la crescita che manca, con i dati Istat che ci dicono che negli anni 90 e 2000 il sistema non ha sfruttato le nuove tecnologie per fare grande innovazione. perdendo 30 punti di competitività in 15 anni rispetto al benchmark tedesco.

Nel suo discorso a Monaco, Draghi ha colto anche l’occasione, in un momento in cui sembra prevalere l’euroscetticismo in alcuni Paesi, per celebrare i meriti della moneta unica e ribadire che la collaborazione con Jens Weidmann, presidente della Bundesbank tedesca e membro del consiglio della BCE, è “molto buona” e che le differenze tra loro, sempre messe in evidenza dai media, “sono esagerate”.

Come saggiamente scrive Gianfranco Summa sulla Gazzetta del Sud, nell’Anno Quinto dell’Era della crisi, il Grillismo è solo uno dei frutti del declino economico, l’ultimo in ordine di tempo. Ma ogni Paese, fuori e dentro l’Unione europea, è attraversato da tensioni sociali e politiche innegabili, per le quali servono contromisure concrete.

Alcuni punti del programma grillino sono utopistici così come alcune dichiarazioni del Cavaliere di Arcore del tutto irresponsabili. E questo è grave perché Grillo e Berlusconi (che comunque nessuno, come ha ricordato Napolitano, può chiamare  “buffoni”) hanno vinto le elezioni e si preparano, se non a comandare, di sicuro a condizionare le decisioni del governo italiano quale che sia.

Ogni loro parola viene registrata ed elaborata dai mercati, che non sono entità astratte o mostri a tre teste assetati di sangue ma meccanismi fatti da persone e che, complessivamente, si comportano in base a timori, rischi e prospettive di miglioramento come chiunque.

E mentre, io credo, sbaglia Berlusconi a consigliare gli italiani di non curarsi dello spread, come hanno fatto negli ultimi vent’anni, perché siamo  arrivati sul ciglio del burrone proprio in virtù del fatto che per vent’anni abbiamo ignorato da dove arrivassero i soldi che tengono in piedi il Paese: dal debito e sbaglia Beppe Grillo con il suo Movimento quando continua a lanciare anatemi, li programma riformatore del M5S, al netto dei tratti utopistici, è quello che può salvarci dal burrone. Se non altro per il vento di novità dal quale è prepotentemente sospinto. Al governo Monti va riconosciuto il merito indiscutibile di averci impedito la scivolata improvvisa e rovinosa, ad un prezzo carissimo che tutta l’Italia ha pagato.

Se il nostro debito pubblico (pari a 2.000 miliardi di euro) diventasse ingestibile, a pagare saranno le banche di tutto il continente con un effetto domino inimmaginabile.

Poteva succedere (ed in parte sta succedendo) con la Grecia, che ha il pil della provincia di Treviso, figuriamoci con il Belpaese.

Agitare il fantasma del nazionalismo, rispolverare l’idea di non-ingerenza è senza senso: esattamente come in Italia ci domandavamo dove sarebbe andata la Francia con Le Pen o cosa sarebbe accaduto all’Europa con la Merkel è lecito e doveroso che nel resto dell’Ue si faccia il tifo per una Italia stabile e migliore.

Ma per il momento questa Italia, come dice Gramellini, con il Papa che si dimette oggi alle 20, il Presidente della Repubblica in Germania, il governo chissà e a presidiare Roma è rimasto soltanto Alemanno,non sembra a portata di mano, sorretta e rappresentata da una neosenatrice dei Cinquestelle,che  intervistata alla radio, non sa esattamente quanti siano i componenti di Camera e Senato che vorrebbe giustamente dimezzare e con i tedeschi che pretendono di esportare la stabilità e, avendo le elezioni a settembre, potrebbero decidere che il vincente governerà loro e il perdente noi.

D’altra occorre che, a fronte delle trepidazioni europee, comiciamo a capire che non abbiamo tempo per girarci i pollici.

Bersani ha ricevuto da Grillo una risposta scontata. L’uno offriva non si capisce cosa, l’altro gli ha dato del cadavere. Possiamo archiviare la cosa, ma non possiamo andare avanti in questo modo. La classe politica italiana ha dato ampie prove di pulsione suicida, ma ora è in gioco la sicurezza del Paese. Qui dobbiamo capire che nessuno può sfuggire alle proprie responsabilità

Su due punti fondamentali, la politica economica orientata allo sviluppo e il rapporto con l’Unione europea e l’euro, il Pd e il Pdl hanno posizioni simili. Hanno passato anni a tirarsi dietro i problemi, accusandosi di volere uscire dall’euro o di volere un’orgia fiscale, ma nessuno dei due è riuscito né a far scendere la pressione fiscale, né a far correre meno pericoli alla moneta unica.

Grillo è del tutto distante da queste posizioni e tuttavia occorre in fretta varare un governo “a tempo”, che, oltre a rifare la legge elettorale, metta in sicurezza i conti e allenti il cappio fiscale mediante riduzione della spesa.

Insomma, al’Europa urge aiutarci perché senza di noi cola a picco, ma dobbiamo fare in modo di essere convincenti, senza eccesso di rigore o manie come il pareggio di bilancio, ma con la forza che avevamo nel passato, ricordandoci che un grande e duro cancelliere tedesco come Kohl , nel 1998, ci volle nell’euro sia perché il Governo Prodi (con Ciampi ministro del Tesoro) aveva fatto un ottimo lavoro,  sia perché era consapevole che la forza manifatturiera dell’Italia avrebbe contribuito a quella europea.

Carlo Di Stanislao

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