Conclave in confusione estrema

Inizia oggi il “conclave laico” che dovrebbe portare alla nomina dei Presidenti di Camera e Senato prima e, con l’intervento del Capo dello Stato, ad un governo che tenga il timone dritto, mentre attorno alla nave-Italia è bufera e tutti gli occupanti sono in subbuglio. E inizia male, senza che i febbrili incontri di ieri […]

Inizia oggi il “conclave laico” che dovrebbe portare alla nomina dei Presidenti di Camera e Senato prima e, con l’intervento del Capo dello Stato, ad un governo che tenga il timone dritto, mentre attorno alla nave-Italia è bufera e tutti gli occupanti sono in subbuglio.
E inizia male, senza che i febbrili incontri di ieri abbiano portato a nessun accordo e con Grillo che dice che i suoi voteranno scheda bianca.
Lo Spiegel ha definito Grillo: “l’uomo più pericoloso d’Europa” e le sue sono state parole tombali: “È meglio un salto nel buio che un suicidio intellettualmente assistito. Non ascolteremo le sirene del Pd. Ormai siamo in guerra e, se moriremo, lo faremo solo sul campo di battaglia delle prossime elezioni”.
Parole che mettono i brividi, non meno di quelle di Polimartis in Grecia e che lasciano intravedere momenti di confusione crescente e crescente difficoltà senza uscita.
Dopo l’insediamento dei parlamentari eletti e la costituzione dei gruppi , già sabato si procederà all’elezione dei presidenti di Camera e Senato, dopodiché inizierà una serrata consultazione tra i capigruppo e Napolitano al termine della quale, con molta probabilità, Bersani riceverà il mandato di verificare i presupposti politici ma soprattutto numerici per la formazione del nuovo governo.
Le elezioni hanno consegnato un quadro politico incerto. Nessun schieramento ha ottenuto una forza numerica autosufficiente. Per avere la nomina a Presidente del Consiglio bisogna rispondere con decisione a due requisiti, co-sa che nessuno è in grado di fare oggi: devi garantire il numero legale di 160 senatori, tenendo conto che se alcuni escono per farlo passare altri possono uscire per farlo mancare; se sì, devi essere in grado di far prevalere i Sì sulla somma di no e astensioni, considerando che, se alcuni rientrano per assicurare il numero votando no o astenuto, a quel punto possono rientrare anche altri mettendo il Sì in minoranza.
Tre sono gli scenari possibili: un “governo di cambiamento”, come definito da Bersani durante la direzione nazionale del Pd, incardinato su otto punti programmatici, sui quali chiedere la fiducia al Movimento 5 Stelle (ma Grillo ha archiviato questa ipotesi ribadendo più volte il suo niet alla fiducia a Bersani); un governo di larghe intese tra Pd e Pdl, come Berlusconi sta sollecitando, che si occupi delle contingenze economiche del Paese e avvii le riforme della Costituzio-ne e revisioni la legge elettorale (Bersani e gran parte dei dirigenti Pd, però, escludono categoricamente questa ipotesi in nome dell’antiberlusconismo imperante, mentre invece Grillo preme e spera in questa convergenza anomala che attribuirebbe ai suoi una posizione speculatoria conveniente in termini elettorali); un governo tecnico “di corto respiro” che si occupi dell’amministrazione ordinaria e di modificare la legge elettorale, per poi tornare al voto nel giro di un anno.
Ma c’è anche l’ipotesi di Sacconi di una alleanza “preternaturale” fra Pdl e Grillo, che hanno ottenuto rispettivamente, il 21,6 e il 29,2% alla Camera ed il 22,3 e il 30,7% al Senato, ma che in comune non hanno proprio nulla.
Secondo Fabio Marcelli de Il Fatto Quotidiano, appare evidente, in questo scenario da incubo paludoso, che lotta per liberarci di Berlusconi non è finita ed è sempre più chiaro che non potremo liberarci di lui se non ci libereremo al tempo stesso di Monti e di Bersani che gli hanno consentito di recuperare forza e consensi nell’ultimo anno e mezzo.
Pertanto, forse, l’idea migliore sarebbe quella di un incarico a una personalità davvero al di sopra delle parti per attuare un programma di emergenza basato sui seguenti punti:
1. Attuazione del dettato costituzionale in tutti i suoi aspetti. Difesa e rilancio della Costituzione repubblicana.
2. Nuova legge elettorale basata sulla proporzionale, senza premi di maggioranza e senza soglie di sbarramento. Legge per la democrazia sindacale piena sul posto di lavoro, come richiesto dalla Fiom.
3. Rinegoziazione con l’Unione europea del fiscal compact e del debito pubblico. Risanamento della spesa pubblica bloccando quelle per sistemi d’arma e grandi opere e riducendo drasticamente consulenze e prebende varie nonché andando al dimezzamento immediato di tutte le indennità spettanti ai politici.
4. Abolizione dell’Imu e sua sostituzione con  un’imposta patrimoniale che colpisca i settori a reddito più alto, riducendo una diseguaglianza sociale ed economica che nel nostro Paese ha raggiunto dimensioni preoccupanti, come riconosciuto perfino dall’Osce.
5. Salario garantito per i disoccupati e piano di intervento pubblico per creare nuova occupazione.
6. Difesa del patrimonio e dei servizi pubblici. Attuazione della volontà referendaria espressa dal popolo italiano nel giugno 2011.
7. Legge sul conflitto di interessi per rimuovere l’innaturale potere monopolistico di Berlusconi nel campo dell’informazione ed altri.
Non sembra invece una buona soluzione una proroga a Monti, che con il suo governo ha reso saturi gli italiani, insofferenti ed insoddisfatti degli esiti dopo tanti sacrifici.
In queste ore il vero epicentro del rompicapo, comunque, è palazzo Madama. A Montecitorio i progressisti (Pd-Sel) vantano una solida maggioranza (345 seggi rispetto ai 316 necessari) e in qualsiasi momento possono decidere chi eleggere Presidente: il grillino Fico nel caso quasi impossibile di una intesa con il Cinque Stelle, il democratico Dario Franceschini nel caso si decidesse per l’autosufficienza oppure, la loro vera candidata Angela Finocchiaro.
E spunta anche l’ipotesi Monti la cui disponibilità di è maturata, pare, per effetto di alcune “incursioni” in campo amico che il presidente del Consiglio non avrebbe gradito, con offerte pervenuti a numerosi esponenti della sua area.
A Grillo per ora non va bene niente sicché il Parlamento riparte in completo stato confusionale.
Senza proiettare lo sguardo troppo avanti (se ne occuperà Napolitano dalla prossima settimana), una fitta nebbia avvolge i passaggi più immediati, che consistono nella scelta dei presidenti di Camera e Senato.
Lo stallo è soprattutto determinato dalle zero aperture di Grillo, che anzi rincara sulle provocazioni, come nel caso della proposta di tagliare gli stipendi dei parlamentari, con un massimo 2500 euro netti al mese (più benefit) come hanno già fatto quelli a Cinque stelle.
Come scrive su La Stampa Ugo Magri, vi è anche il problema di farsi accettare dall’Europa che con regge l’atteggiamento anti Euro di Grillo.
E non può reggerlo Bersani (preoccupato all’interno dal fatto che Renzi torna a riunire i suoi), il quale sa che uscire dall’euro significherebbe “che andremmo nel Mediterraneo con della carta straccia in tasca e un disastro di proporzioni cosmiche”.
Nel frattempo anche a destra la situazione è liquida e confusa. Monti che, come visto, si è detto disponibile per lo scranno alto in Senato e poi, spera, di sostituire Napolitano, pare abbia chiesto di non escludere la destra dai giochi. Intanto Berlusconi, che di nuovo è mollato dalla Lega, ha detto ai suoi di votare scheda bianca, perché davvero non si fida ed ora, anche come persona, è ad alto rischio.
Mentre mi immergo in queste cronache mi viene in mente la recentissima pièce di Gabriele Lucci “Stazione di Transito”, presentata poche settimane fa da Mario Fratti alla Settimana della Cultura Italiana a New York, dove si racconta di una confusione estrema e conflittuale e di uno scontro senza sosta né soluzione, mentre il dramma del presente avanza ignorato e tutto è ingoiato dal caos più estremo.

Carlo Di Stanislao

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