Italy

Al’inizio del secolo passato, nel 1904, traendo ispirazione commossa da un episodio veramente accaduto nella famiglia di un piccolo agricoltore suo amico, Pascoli scrisse “Italy”, lungo poemetto in versi (450, divisi in due canti, di terzine dantesche organizzate in strofe), con sottotitolo “Sacro all’Italia raminga”, che chiama dunque in causa il fenomeno dell’emigrazione, guardato con […]

Al’inizio del secolo passato, nel 1904, traendo ispirazione commossa da un episodio veramente accaduto nella famiglia di un piccolo agricoltore suo amico, Pascoli scrisse “Italy”, lungo poemetto in versi (450, divisi in due canti, di terzine dantesche organizzate in strofe), con sottotitolo “Sacro all’Italia raminga”, che chiama dunque in causa il fenomeno dell’emigrazione, guardato con sgomento come perdita d’identità e fattore di estraneità reciproca fra chi è partito e i parenti rimasti in patria a conservare arcaiche abitudini di vita: estraneità fittamente rappresentata nella prima parte del testo dall’incomprensione linguistica fra gli “americanizzati” che hanno quasi disimparato l’italiano e la famiglia in Lucchesia, che non conosce l’inglese. Inoltre, a complicare ulteriormente la trama dei piani linguistici, polarizzata sulla distanza fra italiano e inglese, intervengono da un lato i termini e i modi di dire dialettali e dall’altro le battute nel linguaggio misto italo-americano. Poco noto poiché non inserito nei programmi scolastici che trascurano il Pascoli impegnato sotto il profilo sociale e politico, il poemetto si scaglia contro l’imbastardimento linguistico (e quindi culturale) degli emigranti e mostra una sorta di attrazione-repulsione, con punte di sperimentalismo ardito, che si espongono soprattutto in sede di rima, fin dall’inizio del canto primo (febbraio : Ohio), con un compiacimento abbastanza trasparente (si veda la Nota a “Italy” che l’autore ha posposto al testo per agevolare la comprensione del “povero inglese” dei suoi personaggi).
Giuseppe Battiston, uno dei nostri attori di maggior valore, che del poeta romagnolo aveva già messo a fuoco la passione politica e l’impegno sociale nel recital “A quel cielo lontano-Il mio Pascoli”, nel 2007, con, come allora, la collaborazione del cantautore Gianmaria Testa (autore di “18 mila giorni – Il Pitone”), porta in scena “Italy” e debutta a Milano, con uno spettacolo che prende forma da una vecchia foto di un barcone di migranti italiani carico all’inverosimile, con la voce della protagonista, la piccola Molly, che parla un dialetto incomprensibile, imbastardito dall’inglese e non capisce la lingua degli zii e della nonna, non ha nostalgia di luoghi che non ha mai conosciuto e per lei il ritorno “a casa”, in Italia, perché è ammalata ed in quei luoghi il medico gli ha detto che potrà guarire, è triste, brutto, inospitale.
Ma la partenza, dopo la guarigione, avrà per Molly il sapore dolce e amaro delle radici, di una terra che lascia partire i suoi figli ma che è anche in grado di accoglierli nuovamente.
“Trovo che la vicenda degli italiani emigrati sia molto simile a quella dei migranti di oggi. Il nostro è un paese che accoglie, ma è diventato anche un paese che respinge. Vorrei che l’Italia e gli italiani avessero rispetto per la propria memoria e ne facessero un patrimonio”, ha detto Battiston, rendendo più amare queste ore di attesa per un presidente che non si elegge, in uno stato senza governo e senza certezze, che è ormai preda di una smemoratezza radicale.
Dopo il tonfo di Marini, è Romano Prodi il nuovo candidato del centrosinistra al Quirinale, avanzato da Pier Luigi Bersani stamane all’assemblea dei grandi elettori del Pd al teatro Capranica di Roma e che è vissuto come un atto di guerra dal centro-destra, ma che ricompatta il Pd dopo le ultime tensioni.
Dopo l’applauso degli elettori, Luigi Zanda ha chiesto un’approvazione formale del nome di Prodi, l’assemblea ha votato per alzata di mano all’unanimità. Polemico invece Gasparri che ha dichiarato: “Quella di Prodi è una scelta che divide. Il contrario di quello che serve all’Italia”, con Fabrizio Cicchitto (che ha ringhiato: “Il Pd prima ha realizzato con noi una intesa su Marini che non ha potuto o voluto onorare. È evidente che la scelta su Prodi è di rottura”.
Adesso resta da vedere come si comporterà il Movimento 5 Stelle che, come al solito, suona ambiguo.
Il nome del Professore era uscito nella rosa dei dieci delle Quirinarie e in un’intervista a Fanpage.it il capogruppo dei “5 Stelle” alla Camera Roberta Lombardi aveva concesso ieri sera una timida apertura: “Il nome di Romano Prodi per il Quirinale “già che rientra nella rosa di nomi votati dal nostro elettorato alle Quirinarie sarebbe una gran cosa, anche se noi siamo compatti sul nome di Stefano Rodotà, perché i nostri elettori ci hanno dato una precisa indicazione”.
Va tuttavia detto che gli altri deputati chiudono dicendo: “Non basterà la conversione sulla via di Capranica a farci cambiare idea”. La linea insomma resta quella di continuare a votare Rodotà.
Oltre a questo alla serrata negativa del Pdl, Scelta Civica fa sapere che dalla quarta votazione in poi concentreranno i loro voti sul nome della Cancellieri.
Intanto Prodi è in Africa, a Bamako, capitale del Mali, in una terra povera che non ha più identità da molti anni e forse pensa a quando così poveri erano gli italiani e a come ora la povertà sia nuovamente alle porte e non solo per motivi economici, ma identitari, con una politica, di cui è stato lui stesso protagonista, senza sussulti di novità e senza attenzione.
Ricorda le sue battaglie esterne contro Berlusconi e quelle interne e più in sordina contro D’Alema e sa che il vero problema è che il Pd, come partito, non si è mai davvero formato.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *