Papa Francesco e l’Amore di DIO nei Santi nel 50esimo anniversario di Giovanni XXIII

“Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’Uomo: gli offre il suo amore, lo accoglie con tenerezza”(Papa Francesco). Nella Solennità del Corpus Domini celebrata nella Basilica di San Giovanni a Laterano, Papa Francesco chiede ai fedeli di seguire Gesù e di ascoltarlo, anche per imparare il valore della parola solidarietà. […]

“Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’Uomo: gli offre il suo amore, lo accoglie con tenerezza”(Papa Francesco). Nella Solennità del Corpus Domini celebrata nella Basilica di San Giovanni a Laterano, Papa Francesco chiede ai fedeli di seguire Gesù e di ascoltarlo, anche per imparare il valore della parola solidarietà. “Nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada – dichiara Papa Francesco – quella del servizio, della condivisione, del dono”. Al termine della Messa il Santo Padre ha presieduto a piedi la storica Processione lungo via Merulana tra due ali di fedeli prima di impartire la benedizione eucaristica a Santa Maria Maggiore. Sequela, comunione, condivisione. Sono le tre parole che Papa Bergoglio declina nella sua omelia improntata sul miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci secondo il Vangelo di Luca. Il Papa parla della folla, della moltitudine che segue Gesù, per ricordare che ascoltarlo significa fare della nostra vita un dono. “Noi – afferma il Pontefice – siamo la folla del Vangelo, anche noi cerchiamo di seguire Gesù per ascoltarlo, per entrare in comunione con Lui nell’Eucaristia, per accompagnarlo e perché ci accompagni”. Quella folla, di cui ci racconta Luca, ascolta Gesù perché “parla e agisce in modo nuovo, con verità, con l’autorità di chi è rivelazione del Volto di un Dio che è amore. Chiediamoci: come seguo io Gesù? Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri”. Agli apostoli Gesù chiede di sfamare quella folla, che per seguirlo si trova all’aperto, lontana dai centri abitati, all’imbrunire. “Per i suoi discepoli, nonostante la necessità della moltitudine, la soluzione – spiega Papa Bergoglio – è tutt’altra: ognuno pensi a se stesso, congedare la folla”. Di qui l’appello ai fedeli, “quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso: Che Dio ti aiuti. O con un non tanto pietoso: Felice sorte e se non ti vedo più…”. Ciò che, invece, “Gesù propone agli Apostoli è altro, e li sorprende: chiede loro di dare da mangiare, nonostante i soli cinque pani e due pesci. E così avviene. È un momento di profonda comunione – rileva Papa Francesco – questa sera anche noi siamo attorno alla mensa del Signore, alla mensa del Sacrificio eucaristico, in cui Egli ci dona ancora una volta il suo Corpo, rende presente l’unico sacrificio della Croce. È nell’ascoltare la sua Parola, nel nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue, che Egli ci fa passare dall’essere moltitudine all’essere comunità, dall’anonimato alla comunione. L’Eucaristia è il Sacramento della comunione che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui. Allora – esorta Papa Bergoglio – dovremmo chiederci tutti davanti al Signore: come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tutti fratelli e sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?”. Terzo elemento: da dove nasce la moltiplicazione dei pani? Papa Francesco individua la risposta nell’invito di Gesù ai discepoli:“Voi stessi date”. Dare, condividere. “E questo ci dice che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura – rivela Papa Francesco – è la solidarietà, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano! Il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, Lui si fa dono. E anche noi sperimentiamo la solidarietà di Dio con l’Uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo, e la morte. Nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla. Fratelli e sorelle: sequela, comunione, condivisione. Preghiamo perché la partecipazione all’Eucaristia ci provochi sempre: a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione, a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo. Allora la nostra esistenza sarà veramente feconda. Amen”. Papa Francesco si congeda dalle decine di migliaia di fedeli, affidando un importante compito, quello di chiedersi tutti se grazie all’adorazione di Cristo presente nell’Eucaristia ci si lascia trasformare da Lui, se consentiamo al Signore che si è donato a noi, di guidarci per farci uscire dai nostri piccoli recinti e per non farci avere paura di donare, di condividere, di amare Lui e il prossimo. “La festa del Corpus Domini ci chiede di convertirci” per “condividere il poco che abbiamo senza chiuderci in noi stessi”. È quanto sottolinea Papa Francesco all’Angelus di Domenica 2 Giugno 2013, in Piazza San Pietro, gremita di fedeli. Papa Bergoglio rivolge un accorato appello per la liberazione delle persone sequestrate in Siria, assicurando la sua preghiera per la pace nel martoriato Paese dove la guerra civile ha causato oltre 80mila vittime. Il Pontefice chiede di pregare per la pace, la riconciliazione in America Latina e per i soldati italiani caduti in missioni di pace all’estero. Papa Francesco confida la sua “viva e sofferta” preoccupazione per il persistere del conflitto che colpisce soprattutto la “popolazione inerme che aspira ad una pace nella giustizia e nella comprensione. Questa tormentata situazione di guerra porta con sé tragiche conseguenze: morte, distruzione, ingenti danni economici e ambientali, come anche la piaga dei sequestri di persona. Nel deplorare questi fatti, desidero assicurare la mia preghiera e la mia solidarietà per le persone rapite e per i loro familiari, e faccio appello all’umanità dei sequestratori affinché liberino le vittime. Preghiamo sempre per la nostra amata Siria. Nel mondo ci sono tante situazioni di conflitto, ma ci sono anche tanti segni di speranza”. Papa Francesco incoraggia “i recenti passi compiuti in vari Paesi dell’America Latina verso la riconciliazione e la pace”. Passi che “vanno accompagnati con la nostra preghiera”. Papa Francesco si sofferma sul miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, evidenzia l’atteggiamento dei discepoli che cercano la “soluzione più realistica, che non crei troppi problemi: l’atteggiamento di Gesù è nettamente diverso, ed è dettato dalla sua unione con il Padre e dalla compassione per la gente, quella pietà di Gesù verso tutti noi: Gesù sente i nostri problemi, sente le nostre debolezze, sente i nostri bisogni. Di fronte a quei cinque pani, Gesù pensa: ecco la provvidenza! Da questo poco, Dio può tirar fuori il necessario per tutti. Gesù si fida totalmente del Padre celeste, sa che a Lui tutto è possibile”. Ecco perché Gesù dice ai discepoli di “far sedere la gente a gruppi di cinquanta. Questo – spiega il Papa – non è casuale. Significa che non sono più una folla, ma diventano comunità, nutrite dal pane di Dio. Gesù prende poi i pani e i pesci, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione e così è chiaro il riferimento all’Eucaristia”. Quindi, pani e pesci vengono distribuiti senza che finiscano. “Ecco il miracolo: più che una moltiplicazione è una condivisione, animata dalla fede e dalla preghiera. Mangiarono tutti e ne avanzò: è il segno di Gesù, pane di Dio per l’umanità. I discepoli videro, ma non colsero bene il messaggio. Furono presi, come la folla, dall’entusiasmo del successo. Ancora una volta seguirono la logica umana e non quella di Dio, quella del servizio, dell’amore, della fede. La festa del Corpus Domini ci chiede di convertirci alla fede nella Provvidenza, di saper condividere il poco che siamo e che abbiamo, e non chiuderci mai in noi stessi. Chiediamo alla nostra Madre Maria di aiutarci in questa conversione, per seguire veramente, sempre di più, quel Gesù che adoriamo nell’Eucaristia”. Nella sobria Festa della Repubblica Italiana, salutando i fedeli, Papa Francesco ha chiesto una particolare preghiera, “in silenzio nel nostro cuore”(un minuto di raccoglimento universale) per i caduti in operazioni di pace all’estero. “Questa mattina ho celebrato la Santa Messa con alcuni militari e con i parenti di alcuni caduti nelle missioni di pace che cercano di promuovere la riconciliazione e la pace in Paesi in cui si sparge ancora tanto sangue fraterno in guerre che sono sempre una follia! Tutto si perde con la guerra! Tutto si guadagna con la pace! Chiedo una preghiera per i caduti, i feriti e i loro familiari. A tutti buona domenica e buon pranzo!”. Sono stati due gli eventi centrali settimanali nell’Anno della Fede: la Solenne Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale e la Giornata dell’Evangelium vitae. L’Adorazione Eucaristica si è tenuta nella Basilica di San Pietro, Domenica 2 Giugno, dalle ore 17 alle 18, sul tema:“Un solo Signore, una sola fede”, scelto per attestare il senso di profonda comunione che lo caratterizza. “È un evento – spiega l’Arcivescovo Fisichella – che per la prima volta si realizza nella storia della Chiesa e abbiamo motivo di definirlo storico. Per un’ora le cattedrali del mondo si sono sincronizzate sull’ora di Roma in comunione con il Papa nell’Adorazione Eucaristica. Abbiamo avuto un’adesione massiccia a questa iniziativa che si è estesa oltre le cattedrali e ha coinvolto intere conferenze episcopali, le parrocchie, le congregazioni religiose, specialmente i monasteri di clausura, e le associazioni”. Dalle Isole Cook a Reykiavyk, passando per Cile, Burkina Faso, Taiwan, Iraq, Bangladesh, Stati Uniti d’America, Argentina, Filippine, Australia, Hawaii, le diocesi si sono sincronizzate con l’ora di San Pietro pregando per le intenzioni proposte dal Santo Padre. La prima intenzione di preghiera è “Per la Chiesa sparsa in tutto il mondo e oggi in segno di unità raccolta nell’Adorazione della SS. Eucaristia. Il Signore la renda sempre obbediente all’ascolto della sua Parola per presentarsi dinanzi al mondo sempre “più bella, senza macchia né ruga, ma santa e immacolata”(Ef 5,28). Attraverso il suo fedele annuncio, possa la Parola che salva risuonare ancora come apportatrice di misericordia e provocare un rinnovato impegno nell’amore per offrire senso pieno al dolore, alla sofferenza e restituire gioia e serenità”. La seconda intenzione di Papa Francesco è “Per quanti nelle diverse parti del mondo vivono la sofferenza di nuove schiavitù e sono vittime delle guerre, della tratta delle persone, del narcotraffico e del lavoro “schiavo”, per i bambini e le donne che subiscono ogni forma di violenza. Possa il loro silenzioso grido di aiuto trovare vigile la Chiesa, perché tenendo lo sguardo fisso su Cristo crocifisso non dimentichi tanti fratelli e sorelle lasciati in balia della violenza. Per tutti coloro, inoltre, che si trovano nella precarietà economica, soprattutto i disoccupati, gli anziani, gli immigrati, i senzatetto, i carcerati e quanti sperimentano l’emarginazione. La preghiera della Chiesa e la sua attiva opera di vicinanza sia loro di conforto e di sostegno nella speranza, di forza e audacia nella difesa della dignità della persona”. Il 15 e il 16 Giugno 2013 si terrà a Roma la Giornata dell’Evangelium vitae dal titolo “Credendo abbiano la vita”. È stato chiamato l’incontro dell’Evangelium vitae “per attestare tutta la grande tematica che si sviluppa intorno all’impegno della Chiesa sulla promozione, rispetto e difesa della dignità della vita umana – rivela Monsignor Fisichella – Papa Francesco presiederà la santa Eucaristia della Domenica alle ore 10:30 con tutto il “popolo della vita” per rivolgere il suo messaggio e la sua attenzione anche ai tanti malati presenti alla celebrazione. Come per gli altri eventi, anche questo seguirà lo svolgimento ormai tradizionale per l’Anno della Fede. Anzitutto, il pellegrinaggio alla Tomba di Pietro, che si terrà nel pomeriggio, mentre nel contempo chi lo desidera potrà avere il tempo per la celebrazione del sacramento della riconciliazione e dell’Adorazione eucaristica. Nella mattina i diversi gruppi linguistici avranno una catechesi in differenti chiese di Roma. La sera di Sabato 15 Giugno alle ore 20:30 si snoderà per via della Conciliazione una fiaccolata silenziosa per richiamare l’attenzione sul tema della vita umana e del suo valore intangibile. Raggiungerà piazza San Pietro dove si concluderà con alcune significative testimonianze. Ad oggi hanno già fatto pervenire la loro consistente adesione diversi gruppi provenienti dall’Italia, Stati Uniti d’America, Germania, Giappone, Ungheria, Romania, Spagna, Francia, Canada, New Zelanda, Argentina, Gran Bretagna, Belgio, Slovacchia, Costa Rica, Portogallo e Australia. Saranno presenti famiglie, conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, ordini religiosi, seminaristi, organizzazioni umanitarie e sanitarie come l’Ordine di Malta, movimenti, universitari, associazioni dall’Unitalsi alla Croce Rossa, organizzazioni Pro-Life e tanti gruppi e persone che hanno a cuore la promozione e difesa della vita senza una particolare appartenenza associativa o confessionale”. Peccatori, corrotti e santi. Papa Francesco incentra su questo trinomio la sua omelia per la Messa nella Casa Santa Marta. Il Papa sottolinea che i corrotti fanno tanto male alla Chiesa perché sono adoratori di se stessi. I santi invece fanno tanto bene, sono luce nella Chiesa. “Cosa succede quando vogliamo diventare noi i padroni della vigna?”. Papa Francesco sviluppato la sua omelia partendo dalla parabola evangelica dei vignaioli malvagi per soffermarsi sui “tre modelli di cristiani nella Chiesa: i peccatori, i corrotti e i santi”. Papa Bergoglio osserva che dei peccatori “non è necessario parlare troppo, perché tutti noi lo siamo”. Ci conosciamo “da dentro – sottolinea il Santo Padre – e sappiamo cos’è un peccatore. E se qualcuno di noi non si sente così, vada a farsi una visita dal medico spirituale, perché qualcosa non va”. La parabola del Vangelo ci parla anche di un’altra figura, di quelli che vogliono “impadronirsi della vigna e hanno perso il rapporto con il Padrone della vigna”. Un Padrone che “ci ha chiamato con amore, ci custodisce, ma poi ci dà la libertà. Queste persone si son sentite forti, si sono sentite autonome da Dio. Questi, pian pianino, sono scivolati su quell’autonomia, l’autonomia nel rapporto con Dio:“Noi non abbiamo bisogno di quel Padrone, che non venga a disturbarci!”. E noi andiamo avanti con questo. Questi – evidenzia il Papa – sono i corrotti! Quelli che erano peccatori come tutti noi, ma hanno fatto un passo avanti, come se fossero proprio consolidati nel peccato: non hanno bisogno di Dio! Ma questo sembra, perché nel loro codice genetico c’è questo rapporto con Dio. E come questo non possono negarlo, fanno un dio speciale: loro stessi sono dio. Sono i corrotti. Questo è un pericolo anche per noi. Nelle comunità cristiane i corrotti pensano solo al proprio gruppo:“Buono, buono. È di noi”, pensano, ma, in realtà, sono loro per se stessi. Giuda ha incominciato: da peccatore avaro è finito nella corruzione. È una strada pericolosa la strada dell’autonomia: i corrotti sono grandi smemorati, hanno dimenticato questo amore, con il quale il Signore ha fatto la vigna, ha fatto loro! Hanno tagliato il rapporto con questo amore! E loro diventano adoratori di se stessi. Quanto male fanno i corrotti nelle comunità cristiane! Che il Signore ci liberi dallo scivolare su questa strada della corruzione” – è l’esortazione di Papa Francesco che parla così dei santi, ricordando il cinquantesimo della morte di “Papa Giovanni XXIII, modello di santità. Custodite il suo spirito, imitate la sua santità e approfondite lo studio della sua vita”. È l’invito che Papa Francesco rivolge ai pellegrini della Diocesi di Bergamo nel 50esimo anniversario dalla morte del loro amato conterraneo Giovanni XXIII, natio di Sotto il Monte. Al termine della Messa celebrata in San Pietro dal vescovo Mons. Francesco Beschi che ha invitato il Pontefice a visitare Bergamo, Papa Francesco ha salutato affettuosamente i fedeli e nel suo discorso ha ripercorso la vita e le esperienze del Beato Angelo Roncalli alla luce della sua obbedienza evangelica. Poco prima la breve sosta di preghiera davanti alla tomba del suo predecessore. Erano quasi le 20, esattamente di 50 anni fa, quando il beato Giovanni XXIII lasciava questo mondo, dopo giorni di grande commozione e una piazza San Pietro diventata un Santuario a cielo aperto. È Papa Francesco con queste parole a riportare alla mente dei fedeli riuniti nella Basilica di San Pietro, il 3 Giugno del 1963, ed a indicare di Giovanni XXIII l’essenza racchiusa nelle due decisive parole del motto episcopale: Obbedienza e Pace. “L’una, la sua disposizione interiore, l’altra, una caratteristica esteriore che ne fecero – spiega Papa Francesco – un pastore e un padre per il mondo intero, capace di arrivare al cuore di persone così diverse, persino di molti non cristiani: Angelo Roncalli era un uomo capace di trasmettere pace; una pace naturale, serena, cordiale; una pace che con la sua elezione al Pontificato si manifestò al mondo intero e ricevette il nome della bontà. È tanto bello trovare un prete buono”. Papa Bergoglio parla a braccio e ricorda quanto Sant’Ignazio di Loyola diceva riguardo le qualità dei superiori dei gesuiti: “deve avere questo, questo, questo, questo: un elenco lungo di qualità. Ma alla fine dice questo: e se non ha queste virtù, almeno che abbia molta bontà. È l’essenziale. È un padre. Un prete con la bontà e la pace, tratti distintivi della personalità di Angelo Roncalli – rivela il Papa – che gli permisero nei tre decenni circa in cui fu Nunzio Apostolico, di costruire ovunque solide amicizie. Proprio in quegli ambienti egli si dimostrò un efficace tessitore di relazioni ed un valido promotore di unità, dentro e fuori la comunità ecclesiale, aperto al dialogo con cristiani di altre Chiese, con esponenti del mondo ebraico e musulmano e con molti altri uomini di buona volontà. Una pace, quella del beato Giovanni XXIII che nasceva da un animo pacificato frutto di un lungo lavoro su se stesso, di una progressiva purificazione del cuore di cui resta traccia nel suo Giornale dell’Anima. Lo vediamo, giorno per giorno, attento a riconoscere e mortificare i desideri che provengono dal proprio egoismo, a discernere le ispirazioni del Signore, lasciandosi guidare da saggi direttori spirituali e ispirare da maestri come san Francesco di Sales e san Carlo Borromeo. Leggendo quegli scritti – ricorda Papa Bergoglio – assistiamo veramente al prendere forma di un’anima, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera nella sua Chiesa”. Fu però l’obbedienza la disposizione interiore di Giovanni XXIII, la seconda e decisiva parola, lo strumento per raggiungere la pace. “Obbedienza intesa anzitutto in modo concreto – sottolinea il Pontefice – come lo svolgere nella Chiesa il servizio richiesto senza cercare nulla per sé; un lasciarsi condurre come un bambino. Attraverso questa obbedienza, il sacerdote e vescovo Roncalli ha però vissuto anche una fedeltà più profonda, che potremmo definire, come lui avrebbe detto, abbandono alla divina Provvidenza. Egli ha costantemente riconosciuto, nella fede, che attraverso quel percorso di vita apparentemente guidato da altri, non condotto dai propri gusti o sulla base di una propria sensibilità spirituale, Dio andava disegnando un suo progetto. Era un uomo di governo, era un conduttore. Ma un conduttore condotto, dallo Spirito Santo. Per l’obbedienza”. È nell’abbandono quotidiano alla volontà di Dio, che Papa Francesco definisce la “obbedienza evangelica” che trova la radice della santità di Giovanni XXIII. La bontà e la pace che ha diffuso nel mondo “e questo serva a ciascuno ed alla Chiesa di oggi: se sapremo lasciarci condurre dallo Spirito Santo, se sapremo mortificare il nostro egoismo per fare spazio all’amore del Signore ed alla sua volontà, allora troveremo la pace, allora sapremo essere costruttori di pace e diffonderemo pace attorno a noi. A cinquant’anni dalla sua morte, la guida sapiente e paterna di Papa Giovanni, il suo amore per la tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento, l’intuizione profetica della convocazione del Concilio Vaticano II e l’offerta della propria vita per la sua buona riuscita – ricorda Papa Bergoglio – restano come pietre miliari nella storia della Chiesa del XX Secolo e come un faro luminoso per il cammino che ci attende”. Quindi l’appello del Santo Padre alla Diocesi di Bergamo: “Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. Non abbiate paura dei rischi, come lui non ha avuto paura. Docilità allo Spirito, amore alla Chiesa e avanti. Il Signore farà tutto”. Nel Vangelo “i santi sono quelli che vanno a prendere l’affitto della vigna. Loro sanno cosa li aspetta, ma devono farlo e fanno il loro dovere: i santi sono quelli che obbediscono al Signore, quelli che adorano il Signore, quelli che non hanno perso la memoria dell’amore, con il quale il Signore ha fatto la vigna. I santi nella Chiesa. E così come i corrotti fanno tanto male alla Chiesa, i santi fanno tanto bene. Dei corrotti, l’apostolo Giovanni dice che sono l’anticristo, che sono in mezzo a noi, ma non sono di noi. Dei santi la Parola di Dio ci parla come di luce, “quelli che saranno davanti al trono di Dio, in adorazione”. Chiediamo oggi al Signore la grazia di sentirci peccatori, ma davvero peccatori, non peccatori così diffusi, ma peccatori per questo, questo e questo, concreti, con la concretezza del peccato. La grazia di non diventare corrotti: peccatori sì, corrotti no! E la grazia di andare sulla strada della santità. Così sia”. Nella solennità del Corpus Domini e nel contesto dell’Anno della Fede, Papa Francesco ha presieduto una speciale Adorazione Eucaristica in comunione con le cattedrali e le parrocchie di tutto il mondo, per un’ora unito in preghiera in adorazione del Santissimo Sacramento. Il coro della cappella Sistina ha accompagnato il Papa attraverso la navata centrale di San Pietro fino all’altare, dove il Santo Padre ha presieduto un’ora di adorazione eucaristica in comunione con i fedeli di tutto il mondo che nelle chiese e nelle cattedrali di ogni paese, collegati con Roma, si sono uniti al Papa. “Un solo signore una sola fede” è il titolo scelto per questo evento unico, voluto da Benedetto XVI in occasione dell’Anno della Fede, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II. I canti e le invocazioni sono stati intervallati dalle letture, accompagnate dal suono di un’arpa, delle preghiere dei Papi predecessori: Pio XII, il beato Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, il beato Giovanni Paolo II, il Papa emerito Benedetto XVI. L’intenso sguardo di Papa Francesco non ha mai abbandonato l’ostensorio con il Corpo di Cristo, poggiato sull’altare. E con il suo, quello di tutti i fedeli raccolti in preghiera nella basilica. Al termine dell’adorazione eucaristica il momento più solenne: Papa Francesco ha preso tra le mani l’ostensorio e ha benedetto i presenti con il Santissimo Sacramento. Il presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, Mons. Rino Fisichella, spiega il senso e lo
spirito di questa iniziativa. “Per un’ora tutta la Chiesa nel mondo si ferma Tutte le sue molteplici attività è come se di colpo non esistessero. I suoi pensieri e le opere, la sua preghiera e il canto come i suoi sentimenti saranno solo per il Signore Gesù. Sarà una sosta per riprendere fiato in questo difficile frangente della storia così come lo fu per il profeta Elia in cammino verso l’Oreb. In un tempo di tristezza e stanchezza per la mancanza di speranza, un’ora di adorazione dell’eucaristia intende ridare forza e sostegno. La contemplazione del mistero non allontana dall’impegno concreto e fattivo di restituire speranza al mondo, al contrario. Nella contemplazione si trova la forza coerente per andare nel mondo come discepoli di Cristo”. Come insegna San Domenico. “Ce lo chiede il Papa. E noi non possia­mo che accogliere l’invito con gioia e gratitudine immense. Per rimanere accanto a Gesù nascosto nell’Eucaristia. Per contemplarlo. Stupiti e commossi. Sa­pendo che quel “perdere tempo” è fonda­mentale per la nostra fede. Lo fissiamo per attingere forza e coraggio per “com­battere la buona battaglia”. Per continua­re ad annunciare al mondo che Gesù è il Signore. “Non sono le opere sociali – ha detto Papa Francesco – che fanno la Chiesa, ma lo scandalo della croce…È l’incarnazione del Verbo che continua a scandalizzare”. Che ci sia un qualche dio nei cieli può an­che andare bene, ma che Dio si sia fatto uomo proprio come te, eccetto il peccato, è stato ed è motivo di scandalo. E che la Chiesa, dopo due lunghi millenni – rileva Mons. Fisichella – ancora abbia la pretesa di essere il Suo Corpo e non solo una organizzazione socio-cultu­ral-umanitaria non sempre è visto di buon occhio. “Questo non si tollera. Questo il demonio non lo tollera…Noi possiamo fa­re tutte le opere sociali che vogliamo, e di­ranno: Ma che brava, la Chiesa, che buo­na l’opera sociale che fa la Chiesa. Ma se diciamo che noi facciamo questo perché quelle persone sono la carne di Cristo, vie­ne lo scandalo”, ha continuato Papa Francesco. La carne di Cristo, dunque, che adoriamo nel Pane bianco e benedetto è la stessa che onoriamo nel fratello affamato, ammala­to e senza tetto. Necessita fermarsi, allora, per riprendere fiato. Occorre fare silenzio: troppe sono le voci che gridano per ten­tare di mettere a tacere il soffio leggero dello Spirito. Occorre fermarsi per rima­nere liberi e non farci schiavi di niente e di nessuno”. La Terra è graziata in ogni istante dell’esistenza dell’Uomo sulla sua faccia fintanto che DIO, amandola e creandola sempre, la proteggerà da qualsiasi minaccia interna ed esterna. Per questo in tutte le cattedrali e le par­rocchie del mondo la Chiesa, all’u­nisono, adora il Santissimo Sacramento del Corpo e del Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Finché Egli venga, i Suoi figli prendono coscienza di apparte­nere alla stessa famiglia celeste, di formare un u­nico corpo, di essere sposa di Cristo par­tecipando allo stesso Mistero che ci affasci­na, ci supera, ci ingloba senza lobotizzarci e spersonalizzarci, e ci sovrasta. La Chiesa ripete a se stessa:“Ricorda che non con oro e argento, ma con il sangue del Fi­glio di Dio sei stata acquistata. E Lui ti vuo­le bella, santa e immacolata”. Chiesa dove chi vuole essere il primo si faccia ultimo vestendo il grembiule per servire. Dove il Pastore delle pecorelle sarà accanto al suo gregge “fino – dice Papa Francesco – a portarne ad­dosso l’odore. Come vorrei una Chiesa povera per i poveri” – esclamò Papa Bergoglio ap­pena eletto. È la via evangelica, l’unica praticabile, fondamentale, perché solo i poveri sanno di essere sempre bisognosi di comprensione e di perdono, solo i poveri sanno chiedere con umiltà e gratitudine. Non per questo non bisogna sconfiggere le povertà e i mali della Terra. Una Chiesa che si appoggi su se stes­sa e su stampelle umane, è inutile. Una Chiesa sempre alla ri­cerca del volto del suo Signore, è la prediletta sposa di DIO. Ecco l’im­portanza di essere “in armonia” con se stessi, con i fratelli, con il Creato. Il cre­dente non è un bigotto burocrate di affari parrocchiali. È un uomo e una donna compiuti in Cristo, cioè persone che conservano lo sguardo e il cuore dei bam­bini senza essere rimbambiti. Davanti al Santissimo Sacramento, sempre, l’invito della Chiesa è quello di fare gli stessi propositi che il beato Giovanni XXIII annotava nel suo Gior­nale dell’anima:“Distacco totale da ogni cosa e perfetta indifferenza ai biasimi e al­le lodi. Pienissimo abbandono di assoluta obbedienza e di conformità alla volontà di Dio. Disposizione completa a vivere e mo­rire come i santi Pietro e Paolo, e a tutto sopportare, anche catene, sofferenze, in­giurie, martirio per la santa Chiesa e per tutte le anime redente da Cristo. Sento ­– scrive papa Giovanni XXIII – la gravità del mio impegno e tremo, conoscendomi debole e labile. Ma confido nel Cristo cro­cifisso e guardo all’eternità. Il compito sublime, santo e divino del Papa per tutta la Chiesa è predicare il Vangelo e condurre gli uomini alla salvezza eterna. Al di sopra di tutte le opinioni e i partiti che agitano e tra­vagliano la società e l’umanità intera, è il Vangelo che si leva”. Il credente nella Chiesa di Cristo in questo tempo affascinante e complesso, vuole fare compagnia a Gesù nascosto perché Egli riveli il Suo volto per accom­pagnare Papa Francesco nella sua missione. Nell’Udienza Generale di Mercoledì 29 Maggio 2013 in piazza San Pietro, sotto la pioggia, il Santo Padre, dopo aver sottolineato “il legame profondo tra lo Spirito Santo e la Chiesa”, inizia “alcune catechesi sul mistero della Chiesa, mistero che tutti noi viviamo e di cui siamo parte. Lo vorrei fare con espressioni ben presenti nei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II. Oggi la prima: la Chiesa come famiglia di Dio. In questi mesi, più di una volta ho fatto riferimento alla parabola del figlio prodigo, o meglio del padre misericordioso (cfr Lc 15,11-32). Il figlio minore lascia la casa del padre, sperpera tutto e decide di tornare perché si rende conto di avere sbagliato, ma non si ritiene più degno di essere figlio e pensa di poter essere riaccolto come servo. Il padre invece gli corre incontro, lo abbraccia, gli restituisce la dignità di figlio e fa festa. Questa parabola, come altre nel Vangelo, indica bene il disegno di Dio sull’umanità”. Qual è questo progetto di Dio? “È fare di tutti noi un’unica famiglia dei suoi figli, in cui ciascuno lo senta vicino e si senta amato da Lui, come nella parabola evangelica, senta il calore di essere famiglia di Dio. In questo grande disegno trova la sua radice la Chiesa, che non è un’organizzazione nata da un accordo di alcune persone, ma – come ci ha ricordato tante volte il Papa Benedetto XVI – è opera di Dio, nasce proprio da questo disegno di amore che si realizza progressivamente nella storia. La Chiesa nasce dal desiderio di Dio di chiamare tutti gli uomini alla comunione con Lui, alla sua amicizia, anzi a partecipare come suoi figli della sua stessa vita divina. La stessa parola “Chiesa”, dal greco ekklesia, significa “convocazione”: Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua famiglia. E questa chiamata ha la sua origine nella stessa creazione. Dio ci ha creati perché viviamo in una relazione di profonda amicizia con Lui, e anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il Creato, Dio non ci ha abbandonati. Tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca l’Uomo, gli offre il suo amore, lo accoglie. Ha chiamato Abramo ad essere padre di una moltitudine, ha scelto il popolo di Israele per stringere un’alleanza che abbracci tutte le genti, e ha inviato, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio perché il suo disegno di amore e di salvezza si realizzi in una nuova ed eterna alleanza con l’umanità intera. Quando leggiamo i Vangeli, vediamo che Gesù raduna intorno a sé una piccola comunità che accoglie la sua parola, lo segue, condivide il suo cammino, diventa la sua famiglia, e con questa comunità Egli prepara e costruisce la sua Chiesa”. Da dove nasce allora la Chiesa? “Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. Nella famiglia di Dio, nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati”. Quando si manifesta la Chiesa? “L’abbiamo celebrato due domeniche fa; si manifesta quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il Vangelo, diffondere l’amore di Dio. Ancora oggi qualcuno dice:“Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono:“io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia. Alcuni dicono che il peccato è un’offesa  a Dio, ma anche un’opportunità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella: la misericordia di Dio”. Papa Francesco ci invita a pensare a questo, a domandarsi oggi: “quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita? La fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa. Chiediamo al Signore, in modo del tutto particolare in quest’Anno della fede, che le nostre comunità, tutta la Chiesa, siano sempre più vere famiglie che vivono e portano il calore di Dio”. Basta con le violenze e le guerre in nome del profitto. “La guerra è il suicidio dell’umanità perché uccide il cuore e uccide l’amore”. È uno dei passaggi di un’omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata alla Casa Santa Marta. Alla celebrazione domenicale ha partecipato un gruppo di 80 persone, composto da parenti di militari italiani caduti nelle missioni di pace negli ultimi 4-5 anni, in particolare in Afghanistan, e da alcuni militari feriti nel corso delle stesse missioni. I parenti dei caduti erano 55, in memoria di 24 militari; i feriti 13, accompagnati da alcuni loro parenti. “Il 2 Giugno in Italia si celebra la Festa della Repubblica, un giorno significativo – ricorda Mons. Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l’Italia, che ha concelebrato con il Papa – nel quale il Paese esprime un debito d’amore verso la famiglia militare”. Il Signore sente la preghiera di tutti! Quella di Re Salomone nel giorno della consacrazione del Tempio, ma anche la preghiera di ognuno di noi. Papa Francesco lo mette in luce nel ricordare l’episodio evangelico del centurione che va da Gesù a chiedere la guarigione del suo servo. “Il nostro Dio è così – fa notare Papa Bergoglio – sente la preghiera di tutti, non come se fossero anonimi ma la preghiera di tutti e di ciascuno. Il nostro Dio è il Dio del grande e il Dio del piccolo; il nostro Dio è personale, ascolta tutti con il cuore e ama con il cuore. Noi oggi siamo venuti a pregare per i nostri morti, per i nostri feriti, per le vittime di quella pazzia che è la guerra! È il suicidio dell’umanità, perché uccide il cuore, uccide proprio dov’è il messaggio del Signore: uccide l’amore! Perché la guerra viene dall’odio, dall’invidia, dalla voglia di potere, anche – tante volte lo vediamo – da quell’affanno di più potere”. Anche “nella storia – rileva Papa Francesco – tante volte, abbiamo visto che i problemi locali, i problemi economici, le crisi economiche, i grandi della terra vogliono risolverli con una guerra. Perché? Perché i soldi sono più importanti delle persone per loro! E la guerra è proprio questo: è un atto di fede ai soldi, agli idoli, agli idoli dell’odio, all’idolo che ti porta ad uccidere il fratello, che porta ad uccidere l’amore. Mi viene in mente quella parola del nostro Padre Dio a Caino che, per invidia, aveva ucciso suo fratello: ‘Caino, dov’è tuo fratello?’. Oggi possiamo sentire questa voce: è il nostro Padre Dio che piange, che piange per questa nostra pazzia, che ci dice a tutti noi: Dov’è tuo fratello? Che dice a tutti i potenti della Terra: Dov’è vostro fratello? Cosa avete fatto!”. L’esortazione del Santo Padre è di pregare con umiltà il Signore perché “allontani da noi ogni male”, ripetendo questa preghiera “anche con le lacrime, con quelle lacrime del cuore: Volgiti a noi, Signore, e abbi misericordia di noi, perché siamo tristi, siamo angosciati. Vedi la nostra miseria e la nostra pena e perdona tutti i peccati. Perché dietro una guerra sempre ci sono i peccati: c’è il peccato dell’idolatria, il peccato di sfruttare gli uomini nell’altare del potere, sacrificarli. Volgiti a noi, Signore, e abbi misericordia, perché siamo tristi e angosciati. Vedi la nostra miseria e la nostra pena. Siamo sicuri che il Signore ci ascolterà e farà qualche cosa per darci lo spirito di consolazione. Così sia”. Al termine della Messa è stata recitata la Preghiera per l’Italia, composta dal beato Giovanni Paolo II. Al Papa la comunità ecclesiale dell’Ordinariato militare ha offerto in dono un’opera di artigianato napoletano in terracotta realizzata dai maestri artigiani di Napoli, Raffaele, Salvatore ed Emanuele Scuotto. La composizione rappresenta San Giuseppe lavoratore che mostra gli strumenti da falegname al piccolo Gesù, il quale sorregge una cesta dove sono contenuti gli oggetti simbolo della Crocifissione: chiodi, martello, tenaglia. Lo “scandalo” di un Dio che si è fatto uomo ed è morto sulla croce, è al centro dell’omelia tenuta da Papa Francesco Sabato 1° Giugno 2013 nella cappella della Domus Sanctae Marthae. Nel ricordo del martire Giustino, Papa Bergoglio riflette sulla coerenza di vita e sul nucleo fondamentale della fede di ogni cristiano: la croce. “Noi possiamo fare tutte le opere sociali che vogliamo e diranno: ma che bene la Chiesa, che bene le opere sociali che fa la Chiesa! Ma se noi diciamo che facciamo questo perché quelle persone sono la carne di Cristo, viene lo scandalo”. Chi sono i cristiani? Senza l’incarnazione del Verbo di Dio sulla Terra “viene a mancare il fondamento della nostra fede – insegna Papa Francesco – quella è la verità, quella è la rivelazione di Gesù. Quella presenza di Gesù incarnato. Quello è il punto. Se lo si dimentica, sarà sempre forte la seduzione per i discepoli di Cristo di fare cose buone senza lo scandalo del Verbo incarnato, senza lo scandalo della croce”. È impossibile essere cristiani senza la croce. Giustino è stato testimone di questa verità, perché proprio per lo scandalo della croce si è attirato la persecuzione del mondo. Egli ha annunciato il Dio che è venuto tra noi e si è immedesimato nelle sue creature. L’annuncio di Cristo crocifisso e risorto sconvolge i suoi ascoltatori, ma Giustino continua a testimoniare questa verità con la coerenza di vita. “La Chiesa – ricorda il Santo Padre –non è un’organizzazione di cultura, di religione, neanche sociale; non è ciò. La Chiesa è la famiglia di Gesù. La Chiesa confessa che Gesù è il Figlio di Dio venuto nella carne. Questo è lo scandalo e per questo perseguitavano Gesù”. E, secondo la volontà dell’Altissimo, perseguiteranno anche noi. Papa Francesco ha riferimento al brano del Vangelo di Marco (11, 27-33) letto durante la liturgia e in particolare alla domanda posta a Gesù dai sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani di Gerusalemme: “Con che autorità fai questo?”. Gesù risponde a sua volta con una domanda:“Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? E così non asseconda la loro falsa curiosità. Solo più tardi, davanti al sommo sacerdote che era “l’autorità del popolo”, rivelerà quello che gli avevano chiesto scribi e anziani. Prima di allora non lo fa, perché capisce che il vero obiettivo dei suoi interlocutori è quello di “tendergli una trappola”. Ci provano in vari modi” – ricorda il Papa. “Ma dimmi, maestro si può, si devono pagare le tasse a Cesare?”, oppure:“Dimmi, maestro, questa donna è stata trovata in adulterio. Dobbiamo compiere la legge di Mosè o c’è un’altra strada?”. Ogni domanda è un tranello per metterlo all’angolo, per indurlo a dire una cosa sbagliata e trovare un pretesto per condannarlo. Ma perché Gesù costituiva un problema? “Non è perché lui faceva i miracoli – spiega il Santo Padre – e nemmeno perché predicava e parlava della libertà del popolo. Il problema che scandalizzava questa gente era quello che i demoni gridavano a Gesù:“Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il santo”. Questo, questo è il centro. Ciò che di Gesù scandalizza è la sua natura di Dio incarnato. E come a lui, anche a noi tendono trappole nella vita; quello che scandalizza della Chiesa è il mistero dell’incarnazione del Verbo: quello non si toglie, quello il demonio non lo toglie. Anche adesso sentiamo dire spesso:“Ma voi cristiani, siate un po’ più normali, come le altre persone, ragionevoli, non siate tanto rigidi”. Dietro questo invito, in realtà, c’è la richiesta di non annunciare che Dio si è fatto uomo, perché l’incarnazione del Verbo è lo scandalo”. Quando il sommo sacerdote gli domanda:“Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio?”, Gesù risponde sì e subito viene condannato a morte. “Questo è il centro della persecuzione – sottolinea il Pontefice – infatti se noi diventiamo cristiani ragionevoli, cristiani sociali, di beneficenza soltanto, quale sarà la conseguenza? Che non avremo mai martiri. Al contrario, quando affermiamo che il Figlio di Dio è venuto e si è fatto carne, quando noi predichiamo lo scandalo della croce, verranno le persecuzioni, verrà la croce”. Papa Francesco esorta i fedeli a chiedere al Signore “di non aver vergogna di vivere con questo scandalo della croce. Invochiamo da Dio la sapienza, la saggezza per non lasciarci intrappolare dallo spirito del mondo che sempre farà proposte educate, proposte civilizzate, proposte buone. Dietro tali richieste si nega proprio il fatto che il Verbo si è incarnato, un fatto che scandalizza e distrugge l’opera del diavolo”. Ascoltare, decidere e agire sull’esempio della Madonna. Papa Francesco a conclusione del mese mariano in Piazza San Pietro, dopo la recita del Rosario guidata dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana, nella festa della Visitazione di Maria Santissima, esorta ad “andare senza indugio verso gli altri, soprattutto verso i più bisognosi, portando loro aiuto, comprensione, carità e, come Maria, ciò che abbiamo di più prezioso: Gesù e il suo Vangelo”. Papa Bergoglio invita tutti a mettersi alla scuola di Maria che con realismo, umanità, concretezza seppe ascoltare, decidere, agire. La Vergine insegna al mondo contemporaneo, spesso distratto, l’ascolto della volontà di Dio. “Attenzione: non è un semplice udire superficiale, ma è l’ascolto fatto di attenzione, di accoglienza, di disponibilità verso Dio. Non è il modo distratto con cui a volte noi ci mettiamo di fronte al Signore o agli altri: udiamo le parole, ma non ascoltiamo veramente. Maria è attenta alla voce di Dio e sa cogliere il significato profondo dei fatti: questo vale anche nella nostra vita: ascolto anche della realtà quotidiana, attenzione alle persone, ai fatti perché il Signore è alla porta della nostra vita e bussa in molti modi, pone segni nel nostro cammino; a noi la capacità di vederli. Maria è poi “maestra” di decisione. Dopo l’ascolto delle parole dell’Angelo, la Vergine medita nel suo cuore, quindi decide senza affanno, ma anche senza esitazione di andare controcorrente perché “nulla è impossibile a Dio”. Nella vita è difficile prendere decisioni – rileva Papa Bergoglio – spesso tendiamo a rimandarle, a lasciare che altri decidano al nostro posto, spesso preferiamo lasciarci trascinare dagli eventi, seguire la moda del momento; a volte sappiamo quello che dobbiamo fare, ma non ne abbiamo il coraggio o ci pare troppo difficile perché vuol dire andare controcorrente. Dalla decisione all’azione. Maria ha chiaro cosa Dio le chiede e non indugia, non ritarda, va in fretta dalla cugina Elisabetta che, come rivelato dall’Angelo, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio. La Vergine esce da se stessa e porta alla parente quanto ha di più prezioso: Gesù. A volte, anche noi ci fermiamo all’ascolto, alla riflessione su ciò che dovremmo fare, forse abbiamo anche chiara la decisione che dobbiamo prendere, ma non facciamo il passaggio all’azione. E soprattutto non mettiamo in gioco noi stessi muovendoci “in fretta” verso gli altri per portare loro il nostro aiuto, la nostra comprensione, la nostra carità; per portare anche noi, come Maria, ciò che abbiamo di più prezioso e che abbiamo ricevuto, Gesù e il suo Vangelo, con la parola e soprattutto con la testimonianza concreta del nostro agire”.
Rivolto alla Madre del Salvatore, esempio di ascolto, decisione e azione, Papa Francesco pronuncia questa preghiera: “Maria, donna dell’ascolto, rendi aperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamo ascoltare la Parola del tuo Figlio Gesù tra le mille parole di questo mondo; fa’ che sappiamo ascoltare la realtà in cui viviamo, ogni persona che incontriamo, specialmente quella che è povera, bisognosa, in difficoltà. Maria, donna della decisione, illumina la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; donaci il coraggio della decisione, di non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita. Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano in fretta verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo. Amen”. Sono tanti i cristiani che non conoscono la gioia. E “anche quando sono in chiesa a lodare Dio – rivela il Santo Padre – sembrano a un funerale più che a una celebrazione gioiosa. Se invece imparassero a uscire da se stessi e a rendere grazie a Dio, capirebbero realmente cos’è quella gioia che ci rende liberi. Le due letture di oggi (Visitazione della Vegine, riferendosi ai brani tratti dal libro del profeta Sofonia (3, 14-18) e dal Vangelo di Luca 1, 39-56, NdA) ci parlano di gioia, di allegria: “rallegrati, grida di gioia”, dice Sofonia. Gridare di gioia. Forte questo! Il Signore in mezzo a te; non temere; non lasciarti cadere le braccia! Il Signore è potente; gioirà per te. Anche lui gioirà per noi. Anche lui è gioioso. Esulterà per te con grida di gioia. Sentite quante cose belle si dicono della gioia!”. Ebraica e cristiana. Perché Dio è Uno. Lui solo adorerai. Nel racconto evangelico la gioia caratterizza la visita di Maria a Elisabetta. Papa Francesco si sofferma su quel “sussulto del bimbo nel grembo di Elisabetta” rivelato da lei stessa a Maria e che ricordiamo nel Santo Rosario: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”. Allora, “tutto è gioia. Ma noi cristiani – fa notare Papa Francesco – non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria. Credo che tante volte ci piacciano più le lamentele! Cos’è la gioia? La chiave per capire questa gioia è quello che dice il vangelo:“Elisabetta fu colmata di Spirito Santo”. Quello che ci dà la gioia è lo Spirito Santo. Anche nella prima preghiera della Messa abbiamo chiesto la grazia della docilità allo Spirito Santo, quello che ci dà la gioia. Pensiamo a quel momento in cui la Madonna e san Giuseppe portano Gesù al tempio per compiere la Legge. Il Vangelo dice che loro vanno a fare quello che stava scritto nella Legge. Lì sono anche due anziani; ma il Vangelo non dice che essi sono andati lì per compiere la Legge, quanto piuttosto perché spinti dalla “forza dello Spirito Santo. Lo Spirito li porta al tempio”. Tanto che, davanti a Gesù, i due fanno una preghiera di lode: ma questo è il messia, benedetto il Signore! E anche fanno una liturgia spontanea di gioia. È la fedeltà maturata in tanti anni in attesa dello Spirito Santo a far sì che questo Spirito venga e dia loro la gioia. A me – confida Papa Bergoglio – piace pensare: i giovani compiono la Legge; gli anziani hanno la libertà di lasciare che lo Spirito li guidi. E questo è bellissimo! È proprio lo Spirito che ci guida. Lui è l’autore della gioia, il creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito ci dà la vera libertà cristiana. Senza gioia noi cristiani non possiamo diventare liberi. Diventiamo schiavi delle nostre tristezze”. E del bigottismo. Il Santo Padre cita “il grande Paolo VI”, ricordando le sue parole: “non si può portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati; non si può. Questo atteggiamento è un po’ funerario”. Invece la gioia cristiana deriva proprio dalla lode a Dio. Funerario come lo sono i film, i talk-show e i mass-media mondiali intrisi di violenze, amarezze e amenità. “Ma cos’è questo lodare Dio? – si chiede il Papa –lodare lui gratuitamente, come è gratuita la grazia che lui ci dà. Io posso fare la domanda a lei che è qui a Messa: lei, loda Dio? O soltanto chiede a Dio e ringrazia Dio? Ma loda Dio? Questo significa uscire da noi stessi per lodare Dio, perdere il tempo lodando”. Il Papa fa anche riferimento a una delle critiche che spesso viene rivolta ai sacerdoti:“Questa Messa che fate è lunga”. Certamente, “se tu non lodi Dio e non conosci la gratuità del perdere il tempo lodando a Dio, certo che è lunga la Messa! Ma se tu vai a questo atteggiamento della gioia, della lode a Dio, questo è bello. Del resto, l’eternità sarà questa: lodare Dio. Ma questo non sarà noioso, sarà bellissimo. Questa gioia ci fa liberi. È proprio lei, la Madonna che porta le gioie. La Chiesa la chiama “causa della nostra gioia, causa nostrae letitiae”, Perché? Perché porta la gioia nostra più grande, porta Gesù. E portando Gesù fa sì che “questo bambino sussulti nel grembo della madre”. Lei porta Gesù. Lei con la sua preghiera fa sì che lo Spirito Santo irrompa. Irrompe quel giorno di Pentecoste; era là. Dobbiamo pregare la Madonna perché portando Gesù ci dia la grazia della gioia, della libertà; ci dia la grazia di lodare, di fare una preghiera di lode gratuita, perché lui è degno di lode, sempre”. Cinque anni fa, il 31 Maggio del 2008, anche Papa Benedetto XVI aveva concluso il mese mariano in Piazza San Pietro. Il mese di maggio è tradizionalmente dedicato dal popolo cristiano a Maria. Ma è anche il mese dello Spirito Santo. Lo Spirito fa nascere la Chiesa di Cristo, lo Spirito plasma Maria rendendola Madre di Gesù, icona dei credenti. Papa Francesco in questo inizio di Pontificato ha più volte e in più occasioni esortato soprattutto le famiglie a pregare insieme proprio il Santo Rosario che, introdotto da San Domenico e dai Padri Predicatori quasi 800 anni fa, è una preghiera a cui i Papi hanno sempre tenuto: Leone XIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Papa Benedetto e Papa Francesco. I Rosario è preghiera familiare della famiglia di Dio, cioè della Chiesa. È preghiera delle famiglie che devono trovare spazi di preghiera, di orazione, di contemplazione: altrimenti, la famiglia già “nucleare” si sradica dal nucleo fondamentale che è la famiglia stessa di Dio, la Santissima Trinità, che è “presente in ogni famiglia visto che la famiglia – insegna il beato Giovanni Paolo II – è veramente icona della Trinità”. L’immagine della Madonna di Pompei è stata portata in processione nella Basilica di San Pietro. È importante la devozione alla Madonna di Pompei. Abbiamo un affetto particolare verso l’icona della Vergine di Pompei, tanto cara ai Napoletani, ai Domenicani in preparazione del Giubileo dell’Ordine dei Padri Predicatori di San Domenico nel 2016, al terziario Bartolo Longo, fondatore e benefattore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 26 Ottobre 1980 È interessante pensare che nella Chiesa in cui il Vescovo di Roma celebra e rappresenta l’unità stessa della Sposa di Cristo, si trovi l’icona della Vergine di Pompei che Papa Benedetto mesi fa aveva fatto restaurare, ridonandola al Santuario partenopeo. L’icona di Maria Santissima che, sorridendo, ci offre la corona e con la corona ci offre il Figlio, è l’immagine più bella che possa veramente ridestare in noi questa passione per il Figlio di Maria, Gesù, che è il Figlio del Dio Vivente. Dobbiamo, vogliamo e possiamo dire con le parole del beato Bartolo Longo che il Rosario è la “catena dolce che ci rannoda a Dio”.

© Nicola Facciolini

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