Papa Francesco e la teologia della liberazione

E’ il Papa della bontà e della misericordia, della denuncia degli egoismi pubblici e privati, che con sguardo lucido e dolce e parole di accoglienza è il protagonista di quanto sta avvenendo a Rio de Jianeiro, con centinaia di migliaia di giovani, venuti da ogni parte della terra, con sacrifici non indifferenti, sostenuti per lo […]

E’ il Papa della bontà e della misericordia, della denuncia degli egoismi pubblici e privati, che con sguardo lucido e dolce e parole di accoglienza è il protagonista di quanto sta avvenendo a Rio de Jianeiro, con centinaia di migliaia di giovani, venuti da ogni parte della terra, con sacrifici non indifferenti, sostenuti per lo più con l’aiuto delle rispettive comunità di vita cristiana, che voglio soprattutto pregare con lui.
Ma è anche il Papa che ha commissariato, a partire dal 24 giugno, istituendo una commissione referente dotata di immediati e ampi poteri, con lo scopo di raccogliere “puntuali informazioni sull’andamento” lo Ior, mettendo l’istituto sotto strettissima osservazione, con l’obiettivo della trasparenza e una riforma che consenta alla Banca “una migliore armonizzazione” con la “missione” della Chiesa.
Il gruppo commissariale è composto da cinque membri la cui cifra è una chiara fama di serietà, cultura e capacità. A cominciare dal presidente, il cardinale Raffaele Farina, due volte rettore dell’università salesiana di Roma, archivista e bibliotecario emerito vaticano.
E molte altre sono le novità già avviate da Francesco I, tanto che, come scrivono Europa e il Corriere, nessuno pensa che l’arresto di monsignor Nunzio Scarano, di un dirigente del servizio segreto, Giovanni Maria Zito, espulso tre mesi fa dall’Aisi e del finanziere Giovanni Carenzio siano destinati a restare isolati.
Scrive bene Europaquotidiano nella sua edizione on-line: con lui Papa la “teologia della liberazione”, che dagli anni Ottanta aveva subìto le censure di Roma, da parte di Giovanni Paolo II per mano del cardinale Ratzinger prima, e sotto Benedetto XVI poi, vive una nuova fulgida esistenza, sottolineata, anche, dalla nomina (nel luglio 2012 e da Benedetto (XVI) di monsignor Gerhard Müller a prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
E questo provoca speranza in molti fedeli e agitazione in vari settori della chiesa, tanto che Chaput, uno degli arcivescovi più importanti degli Stati Uniti (nominato a Philadelphia da Benedetto XVI), che si trova in Brasile in pellegrinaggio col papa, ha “avvertito” lo stesso sullo scontento che circola tra i cattolici conservatori americani tramite un’intervista al “National Catholic Reporter”.
Come ha scritto su Rinascita Franco Gardini, nella sua prima visita ufficiale, Papa Francesco è andato a Lampedusa, esattamente ventisei mesi dopo quell’8 maggio del 2011, data del tragico naufragio di un barcone di disperati la maggior parte dei quali incontrò la morte appunto in vista delle coste dell’isola considerata la Porta d’Europa da tanti poveri migranti.
E tutto quello che lì ha detto e fatto è stato un finissimo tessuto, tanto magistrale quanto commovente, di simboli e d’insegnamenti teologici ed etici, forse anche apocalittici, perché sapeva di star facendo visita a musulmani che poco sanno del cattolicesimo e molti dei quali sono stati o sono in qualche modo esposti agli insegnamenti degli imam islamisti, per i quali il cristianesimo è il “Cavallo di Troia” dell’Occidente neocolonialista e ateo nel Dar al Islam.
Facendo visita alla Porta d’Europa, il Papa ha scelto d’inaugurare la fase del vero e concreto cambiamento nella Chiesa ch’egli aveva annunziato con molti gesti simbolici scegliendo come oggetto primario e privilegiato quelli che sono sul serio gli “Ultimi”; e, insieme con loro, gli abitanti di Lampedusa che da mesi, nella sostanziale semindifferenza del nostro paese e della Comunità Europea, si fanno in quattro pagando di persona con le loro povere tasche – anch’esse, in gran parte, di pescatori – il peso di un’ospitalità che, in poche spanne di terra, è divenuta un’attività travolgente e totalizzante.
Ed ora, visitando l’angolo più remoto del mondo, dalla’altra parte del globo, ancora parla di accoglienza agli ultimi, facendo tremare quelle gerarchie che invece su ben altri bastioni hanno composto il loro potere.

Nel 1971 il teologo peruviano Gustavo Gutierrez scrisse un testo dal titolo Teologia della liberazione, in cui pose in evidenzia alcuni valori politici presenti nel Vangelo. In quelle pagine denunciava lo sfruttamento dei Paesi ricchi nei confronti dei Paesi sottosviluppati, in particolare quelli latino-americani, e fa emergere dal Vangelo richiami all’emancipazione sociale. Interpreta la teologia come un pensiero critico della società e non più come una speculazione sulla dottrina, con evidenti influenze del pensiero marxista ed il fine ultimo identificato con la creazione di una società più giusta e attenta alle minoranze.
Sono passati diversi anni, fino al 22 aprile, quando monsignor Vincenzo Paglia ha annunciato la volontà diPapa Ratzinger di procedere nella pratica vaticana per la betatificazione di padre Romero, che ha lottato duramente contro la dittatura nel suo Paese, denunciando la povertà e le violenze perpetrate dalla giunta militare al governo. Sembrano passati secoli, millenni, dalla frase di Giovanni Paolo II “guai ai sacerdoti che fanno politica nella chiesa perché la Chiesa è di tutti” ed invece è solo cambiata e grandemente, un certo tipo di giudizio e di sensibilità.
Papa Bergoglio, scegliendo il nome di Francesco, ha dichiarato apertamente di voler trovare una via di dialogo, a lungo negata, con i teologi latino-americani della liberazione ed i suoi continui richiami ai poveri, unitamente alla sua provenienza sudamericana, non lasciano dubbi in tal senso.
Come ha scritto uno dei maggiori esponenti di tale dottrina Leonardo Boff in proposito, di là dalle definizioni è importante l’atteggiamento ed è chiaro che questo Papa ha a cuore la sorte di poveri ed oppressi nel mondo.
Trema Bertone e tremano i conservatori che vogliono abbattere questo tipo di atteggiamento e scrivono alcuni giornali cattolici che in fondo e a ben vedere, Jorge Bergoglio è quello che in Argentina si definisce un “conservatore popolare”, un esponente tipico – e dichiarato – della destra peronista, sinceramente attento alla povertà, umile a sua volta, ha già rinnovato con successo la chiesa argentina senza modificarne il segno politico conservatore.
Si dice anche che l’attenzione di Bergoglio per i poveri è di stampo infaticabilmente caritatevole, mai politico, che si costruì un ruolo di punto di riferimento per una nuova generazione di sacerdoti argentini quando, primo gesuita della storia, anche in quel caso, succederà al Cardinal Quarracino prendendosi sulle spalle il peso di riscattare una chiesa cattolica dal passato tenebroso. E si dice che fin da alloro erano evidenti le caratteristiche lo hanno portato al soglio pontificio: la mano di ferro con la quale ha condotto la chiesa argentina (e che ne fa uno spauracchio ora per la curia romana), la marcata preoccupazione sociale, la critica alla politica.
C’è anche il precedente preoccupante (per me, almeno), che quando nel 2007 fu chiamato a prendere provvedimenti nei  confronti di Christian Von Wernich, il sacerdote condannato all’ergastolo per avere sequestrato personalmente 42 persone, assassinate 7 e torturate 32, espresse parole forti ma non comminò alcuna sanzione come tutto il mondo democratico e dei diritti umani chiedeva. Von Wernich sta oggi scontando l’ergastolo ma è a tutti gli effetti un sacerdote e nessun provvedimento disciplinare è stato preso nei suoi confronti e non sempre il perdono, fino a questo punto, può essere considerato meritevole.
In Argentina viene definito, come si diceva, un “conservatore popolare”, ovvero uno vicino alle posizioni della destra peronista e Nestor Kirchner, ex presidente dell’Argentina, esponente del Fronte per la Vittoria (Frente para la Victoria, FPV), vicino alle posizioni della sinistra peronista, ha definito l’allora cardinal Bergoglio “il vero rappresentante dell’opposizione”.
Anche Cristina, sua moglie e attuale presidente, che l’ha incontrato per prima dopo le elezioni, è stata duramente contestata da Bergoglio in particolare sui matrimoni omosessuali, resi legali dal governo e da lui denunciati apertamente.
Ma, poiché cronaca e storia spesso insegnano, forse è necessario fare un passo indietro e guardare al 2005, a quel conclave che ha dato vita al pontificato di Benedetto XVI.  Allora i cardinali erano divisi fra conservatori, che facevano capo a Ratzinger, e progressisti, vicini a Carlo Maria Martini. Quest’ultimo, affetto dal morbo di Parkinson, non aveva nessuna possibilità di diventare papa perché la Chiesa, disse, non poteva permettersi un altro papa malato. Dunque i voti progressisti confluirono su Bergoglio, che divenne di fatto il diretto avversario di Ratzinger. Ma il futuro papa Francesco si fece da parte, disse che non si sentiva pronto per l’elezione. E venne eletto Benedetto XVI. Oggi invece Ratzinger ha rinunciato al trono pontificio a favore di Bergoglio, ma forse anche Bergoglio ha rinunciato ad un certo progressismo, trasmutato in compassione cristiana, ma nella conservazione.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *