Nagasaki e Hiroshima, il racconto degli Hibakusha a 68 anni dalla vaporizzazione delle due città giapponesi

“È per noi tempo di applicare la stessa equazione di Einstein per far sgorgare l’infinito potenziale che esiste nel profondo del cuore di ogni persona e liberare il coraggio e l’azione delle persone comuni per creare un’indomabile forza di pace. In ultima analisi, questo è l’unico modo di porre fine agli incubi nucleari della nostra […]

“È per noi tempo di applicare la stessa equazione di Einstein per far sgorgare l’infinito potenziale che esiste nel profondo del cuore di ogni persona e liberare il coraggio e l’azione delle persone comuni per creare un’indomabile forza di pace. In ultima analisi, questo è l’unico modo di porre fine agli incubi nucleari della nostra epoca. In questa operazione, nessuno ha un ruolo più essenziale da ricoprire dei giovani”(Daisaku Ikeda). Oltre 55mila persone sono convenute a Hiroshima, nel Parco della Pace, alle ore 8.15 del mattino, l’ora nucleare di 25mila giorni fa quando, il 6 Agosto 1945, da una quota di 580 metri esplose nel cielo della città giapponese l’ordigno nucleare Little Boy scatenando “l’inferno sulla Terra”. Quest’anno hanno partecipato i rappresentanti di 74 Nazioni, il numero più alto finora registrato. “Siamo tutti insieme in un viaggio da Ground Zero a Global Zero, ovvero un mondo libero dalle armi di distruzione di massa” – dichiara il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel suo intervento, sottolineando che “finché esisteranno gli armamenti nucleari saremo costretti a vivere sotto un’ombra nucleare”(www.senzatomica.it/). Il numero dei sopravvissuti Hibakusha al doppio olocausto nucleare nipponico si riduce con il passare del tempo: nel Marzo 2012 erano 210.830, cioè 8.580 in meno rispetto al 2011; nel Marzo 2013 erano 201.779, cioè 9.051 in meno rispetto al 2012, con l’età media salita a 78 anni. Il vento della Pace e della corretta informazione scientifica soffia dal Giappone: il messaggio significativo tuttavia non è stato ancora ben compreso dall’umanità. Le guerre perdurano sulla Terra, si contano centinaia di vittime ogni giorno. La corsa agli armamenti nucleari tattici e strategici continua sotto le mentite spoglie delle buone intenzioni di pace che producono guerre industriali multinazionali e crisi come quella del Corno d’Africa e della Siria dal potenziale genocidario indescrivibile. Le iniziative culturali, le pedalate mondiali, le mostre, i film e le commemorazioni ufficiali per Hiroshima e Nagasaki, non hanno ancora fatto giustizia della verità sull’energia nucleare di pace e sul terribile appellativo attribuito a Paul Warfield Tibbets, definito il “fattorino della morte”, senza che l’umanità abbia realmente compreso la causa di quell’inferno nucleare. Da addebitare non agli scienziati che inventarono e costruirono negli Usa gli ordigni prima dei nazisti (fu Albert Einstein ad esprimere queste forti preoccupazioni al Presidente degli Stati Uniti d’America nella famosa lettera) bensì al dittatore Adolf Hitler ed ai suoi alleati (Mussolini) che scatenarono la Seconda Guerra Mondiale, producendo morti e distruzioni ancora oggi incalcolabili. Il generale Paul Warfield Tibbets, l’uomo che il 6 Agosto del 1945 pilotò l’Enola Gay su Hiroshima, si è spento all’età di 92 anni nella sua casa in Ohio il 1° Novembre 2007. Tibbets era ai comandi del bombardiere Superfortezza B-29 che trasportò la bomba nucleare Little Boy sulla città giapponese. Pur sapendo che si trattava di una missione speciale, ignorando il carico di morte che portava con sé, il pilota (all’epoca trentenne) aveva voluto dare all’aereo il nome della madre. “La bomba fu sganciata alle 8:14 di mattina – racconterà Tibbets nel rapporto ufficiale – e se Dante fosse stato con noi sull’aereo, sarebbe rimasto atterrito. La città che avevamo visto così chiaramente pochi minuti prima nella luce del sole, era ormai un’orribile chiazza, scomparsa completamente sotto una spaventosa coltre di fumo e fuoco”. Il racconto del pilota non finisce di impressionare, con altri particolari agghiaccianti. “Ci fu un’esplosione terribile, molto forte, inimmaginabile, vicino al centro cittadino: vedemmo una colonna di fumo che si innalzava rapidamente e gli incendi che scoppiavano”. La bomba, frenata da un paracadute, era diretta sul centro di Hiroshima: il sensore altimetrico era tarato per effettuare lo scoppio alla quota di 600 metri dal suolo, dopo 43 secondi di caduta libera. Immediatamente dopo lo sgancio, l’aereo fece una inversione di 178 gradi, prendendo velocità con una picchiata di circa 500 metri e perdendo quota, allontanandosi alla massima velocità possibile data dai 4 motori ad elica. Cosa accadde alle ore 8:15 del 6 Agosto 1945 quando la luce nucleare di mille soli avvolse in un picosecondo la città giapponese di Hiroshima vaporizzandola all’istante? L’esplosione si verificò precisamente a 580 metri dal suolo. L’enorme deflagrazione che distrusse completamente il 90 per cento degli edifici della città, uccise subito 70mila persone ma nei quattro mesi successivi le ferite causate dall’esplosione e dalle radiazioni nucleari elevarono il bilancio dei morti a oltre 100mila. I 51 templi della città furono rasi al suolo dalla forza dell’esplosione. Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro generale dei gesuiti (l’ordine religioso di Papa Francesco) Pedro Arrupe che all’epoca si trovava in missione in Giappone nella comunità cattolica nipponica e che portò aiuto ai sopravvissuti. “Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8.15 – scrisse padre Arrupe – quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’un l’altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L’esplosione ebbe luogo il 6 Agosto. Il giorno seguente, il 7 Agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l’uno all’altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore”. La detonazione della seconda bomba nucleare (niente affatto atomica!) della storia, denominata per l’occasione Little Boy, sprigionò un’energia pari a 12.5 chilotoni di esplosivo convenzionale Tnt, cioè l’energia liberata dalla fissione nucleare di 60 chilogrammi di Uranio-235. La catena di comando Usa funzionò alla perfezione, come sempre accade quando si vuole vincere una guerra terribile come quella scatenata da Hitler, Mussolini e compagni il 1° Settembre 1939. Tre giorni dopo l’impresa su Hiroshima, sempre al comando di un B-29, Tibbets sorvolò la città giapponese di Nagasaki per osservare le condizioni meteo, prima che un altro aereo statunitense scaricasse la seconda bomba nucleare. A 53 mesi dal disastroso terremoto di L’Aquila (Mw=6.3; 309 morti; 1600 feriti) del 6 Aprile 2009, in attesa che la politica e la giustizia facciano il loro corso per la ricostruzione della capitale della Regione Abruzzo e la totale messa in sicurezza delle nostre case, occorre riflettere sull’era nucleare nella quale siamo ancora immersi perché l’incubo dell’olocausto non è affatto finito, nonostante il mantra istituzionale delle guerre “umanitarie” scatenate e condotte in nome degli “affari”. L’apocalisse termonucleare sulla Terra non è un capitolo chiuso: oggi esistono ordigni più piccoli e devastanti di quelli che 68 anni fa distrussero le due città giapponesi. Di tale potenza da scatenare sui pochi sopravvissuti la peste nucleare per secoli. La violenza politica è il primo campanello d’allarme per la Pace mondiale, unitamente ai missili impazziti ed ai folli “stile Oslo” che oggi sono in grado di confezionare ordigni chimici in fattoria e un giorno chissà cos’altro. Il 5 Agosto 1945, il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, ordinò il lancio della bomba nucleare sul Giappone, motivando chiaramente l’operazione nelle settimane precedenti: porre fine alla Seconda Guerra Mondiale con la resa incondizionata dell’Impero giapponese, risparmiando la vita a centinaia di migliaia di giovani soldati americani. L’invasione del Giappone, infatti, era stata valutata con molta attenzione dagli strateghi militari. E i gloriosi Samurai, per difendere le loro case, avrebbero fatto strage degli americani con le loro lame d’acciaio. Tre giorni dopo Hiroshima, il 9 Agosto 1945, un’altra bomba di potenza quasi doppia, con un nucleo di plutonio, fu sganciata su Nagasaki. Fat Man era simile a The Gadget, la prima bomba nucleare sperimentata il 16 Luglio 1945 sulla torre ad Alamogordo nel deserto del Nuovo Messico, dove oggi troneggia l’Obelisco nucleare. La prova del fuoco per l’ordigno che nel primo test Trinity aveva dato inizio all’era nucleare, fu decisa per la mattina del 9 Agosto quando il bombardiere Bockscar si alzò in volo con la bomba Fat Man (www.youtube.com/watch?v=UGmLLDEjpcw) che conteneva circa 6,4 chilogrammi di Plutonio-239 capace di liberare un’energia distruttiva pari a circa 21 chilotoni, molto più elevata di quella sganciata su Hiroshima. Obiettivo: la zona industriale di Nagasaki. L’ordigno, basato su 32 punti di implosione, era lungo 2.34 metri con un diametro di 1.52 metri e pesava 4.545 chilogrammi. Alle 11:02, alcuni minuti dopo aver iniziato a sorvolare Nagasaki, il bombardiere pilotato dal maggiore Charles Sweeney avvistò visivamente, così come era stato ordinato, il nuovo obiettivo. Tuttavia ancora una volta le nubi nascosero il sito di sgancio prescelto. Dato che non era pensabile tornare indietro e rischiare un ammaraggio a causa della mancanza di carburante con un’arma nucleare a bordo, il comandante decise, in contrasto con gli ordini, di accendere il radar in modo da individuare l’obiettivo anche attraverso le nubi. Alle 11:02 ora locale, Fat Man fu sganciata sullo stabilimento Mitsubishi di Nagasaki. La città era in realtà l’obiettivo secondario. Quello primario era la città di Kokura, quella mattina coperta dalle nubi. La bomba nucleare al Plutonio, diversa da quella che aveva polverizzato Hiroshima, esplose a circa 470 metri di quota, a quasi 4 Km a nord-ovest dall’obiettivo previsto. Questa “svista” salvò gran parte della città, protetta dalle colline circostanti, dato che la bomba cadde nella Valle di Urakami. Il regista Oliver Stone se ne faccia una ragione con un kolossal cinematografico ad hoc! Circa 40mila dei 240mila abitanti di Nagasaki vennero istantaneamente vaporizzati. Oltre 55mila rimasero feriti. Il numero totale degli abitanti uccisi venne poi valutato intorno alle 80mila persone, inclusi i feriti esposti alle radiazioni. Un uomo di Hiroshima sopravvissuto alla prima bomba, si beccò in testa anche la seconda a Nagasaki, ma sopravvisse per raccontare la sua storia. È scomparso di recente. I due ordigni nucleari “made in Usa” obbligarono il Giappone alla resa incondizionata. Ancora oggi è aperto il dibattito tra chi considera quelle iniziative nucleari crimini di guerra e chi, invece, pensa che, pur nella tragedia, le bombe evitarono un numero maggiore di vittime americane e giapponesi se la guerra fosse continuata. La Storia giudicherà tutti. Il bellissimo documentario di RaiDue curato nel 1995 dalla giornalista Lorenza Foschini in diretta tv da Hiroshima, ne rievoca la vicenda. È un viaggio nella memoria (archivi Rai) per l’allora 50° anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, per chi non vuole dimenticare, per chi è troppo giovane per ricordare: furono ricreati, oltre ai fatti, il clima e le emozioni di quelle tragiche mattine d’agosto del 1945 quando la temperatura salì di decine di milioni di gradi Celsius nel Ground Zero delle due città nipponiche. Lorenza Foschini tornò sui quattro luoghi simbolo di Hiroshima: il Memorial Museum (su una parete c’è un’ombra, unico resto del corpo di un uomo trasformato in vapore dalle radiazioni termiche); il Padiglione dell’Esposizione Universale, unico edificio rimasto quasi intatto, una vuota conchiglia sormontata dai resti scheletrici di una cupola; la Torre delle Mille Gru, monumento della Pace dei bambini; la Fontana della Preghiera, dedicata a coloro che morirono invocando l’acqua. Parlarono William Styron (autore de “La scelta di Sophie”) allora giovane ufficiale della Marina in attesa dell’ordine di invadere il Giappone; Daniel McGovern, l’operatore del filmato girato da militari americani poche ore dopo lo scoppio; Wilfred Burchett, primo giornalista occidentale entrato a Hiroshima. Ed ancora registi, architetti, grafici, da Shoei Imamura a Kenzo Tange e Shiu Kataoka, per ricordare le vittime: la donna che diede alla luce una bimba nel silenzio della morte, lo scienziato che pagò la sua passione con la vita mentre raccoglieva per le strade mute di Hiroshima gli oggetti deformati, liquefatti dalla terribile vampata di calore nucleare. Per la storia si è trattato del primo utilizzo in guerra di tali armi che posero fine alla Seconda Guerra Mondiale. Un flash nucleare è indescrivibile. La luce nucleare, a debita distanza, è così penetrante da illuminare “dall’interno” le ossa. Ad Hiroshima l’ombra dei corpi vaporizzati è tutto ciò che resta delle povere vittime. Alla fine del 1945, ulteriori migliaia di persone morirono per via dell’avvelenamento da radiazioni, portando il totale di persone uccise ad Hiroshima nel 1945 a circa 350mila. Ad Hiroshima c’era una piccola comunità di otto gesuiti. Il loro presbiterio era nel raggio di devastazione della bomba ma sia loro sia il presbiterio rimasero illesi. Alcuni attribuirono il miracolo al fatto che vivevano ogni giorno il mistero di Fatima. Quando ci si ricorda di Hiroshima, della prima bomba nucleare della storia sganciata su una città, si pensa subito alla devastazione ed alla morte che concluse il secondo conflitto mondiale. Tre giorni dopo, il 9 Agosto, l’attacco su Nagasaki si scatenò su una città composta per due terzi da cristiani. Anche lì avviene il miracolo: un convento rimase miracolosamente illeso. E poi, la Pace. Il 6 Agosto è il giorno della Trasfigurazione del Signore, ovvero di quando Gesù, accompagnato da Pietro, Giacomo e Giovanni, andò sul monte Tabor e fu trasfigurato davanti ai loro occhi. Il 6 Agosto è anche il giorno di un’altra trasfigurazione, quella della Terra. Ad Hiroshima c’era una piccola comunità di padri gesuiti che viveva in un presbiterio vicino la parrocchia, situata a poco più di un chilometro dal punto di detonazione, proprio nel centro del raggio di totale devastazione. E tutti gli otto membri di questa comunità scamparono praticamente illesi dagli effetti immediati della bomba. Il presbiterio rimase in piedi, quando due terzi degli edifici di Hiroshima erano crollati ed a vista d’occhio intorno a loro non c’erano altro che palazzi liquefatti e incendi. Uno di questi sopravvissuti era padre Hubert Schiffer, un gesuita tedesco. Aveva 30 anni al momento dell’esplosione e visse fino a 63 anni. Negli anni seguenti ha viaggiato per raccontare la sua esperienza. E il Catholic Herald, anni fa, ha riportato uno stralcio della sua testimonianza registrata nel 1976, quando tutti e otto i gesuiti della comunità erano ancora vivi. Il Giappone, colpito dal terremoto/maremoto dell’11 Marzo 2011, ogni anno si ferma per ricordare la tragedia di Hiroshima e Nagasaki. Eppure, responsabile di quelle prime 140mila vittime nucleari furono Adolf Hitler e Benito Mussolini. Al Peace Memorial Park, nel punto dello sganciamento dell’ordigno, decine di migliaia di persone rispettano un minuto di silenzio alle ore 8:15 locali (1:15 in Italia) di ogni anno. È l’ora dell’olocausto nucleare nipponico, scandita dai rintocchi della Campana della Pace. Si commemorano i sopravvissuti (gli Hibakusha, le persone colpite dall’esplosione, ufficialmente riconosciuti, i parenti delle vittime di allora e quanti hanno avuto la vita stravolta dal rischio radiazioni per la grave emergenza nucleare di Fukushima causata dal sisma/tsunami dell’11 Marzo 2011. I Giapponesi hanno capito, a differenza degli Europei, che l’energia nucleare di pace è importante solo se intrinsecamente sicura. A conferma della sensibilità sul tema, il premier nipponico è pronto ad avviare un confronto aperto sul nucleare di pace, chiedendo ai suoi ministri la messa a punto di uno scenario dettagliato su un Giappone senza più nucleare. “Ci impegniamo a trasmettere al mondo le esperienze e i desideri dei nostri Hibakusha ed a fare tutto quanto in nostro potere per ottenere la vera pace in un mondo senza più armi nucleari” – ha assicurato durante la cerimonia il Sindaco di Hiroshima, leggendo la Dichiarazione di pace. Quanto al nucleare civile, il primo cittadino ha invitato il governo a “istituire senza indugio una politica energetica capace di tutelare la sicurezza delle persone”. Alla cerimonia del 6 Agosto 2012 parteciparono i rappresentanti di 71 Paesi: l’ambasciatore americano John Roos, il primo a prendervi parte ufficialmente già alcuni anni fa; e, per la prima volta, gli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna. Tra gli altri, Clifton Truman Daniel, nipote del presidente americano Harry Truman. “Forse più di tanti altri avvenimenti, lo scoppio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki ha segnato uno stacco epocale. Da alcuni punti di vista e secondo una lettura storiografica anche abbastanza consolidata – rivela Fabrizio Dal Passo, docente di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma – rappresenta il momento di stacco tra il secolo breve (il ‘900) e l’era contemporanea più aperta alla globalità. In questo senso quell’estremo passaggio di violenze e di guerra, che ha chiuso per certi aspetti tutta una serie di epoche storiche antecedenti, legate ad un certo modo di fare guerra, ha segnato effettivamente un passaggio ad una realtà completamente diversa. Forse il nodo saliente che da Hiroshima in poi non è stato ancora sciolto è il concetto di “paura della guerra”, che secondo me è quello che caratterizza anche oggi il modo di combattere. Non è mai finita una vera e propria guerra fredda, prima era tra super potenze, ora è nella minaccia di guerra da parte di gruppi alternativi o eterogenei rispetto ad alcuni governi, o alcune organizzazioni terroristiche che con la paura cercano di modificare in qualche modo i piani di politica internazionale. Quindi, da questo punto di vista, secondo me i 68 anni trascorsi hanno segnato un cambiamento relativo rispetto al modo di concepire il nemico”. La storia dovrebbe insegnare sempre qualcosa, ricordando Hiroshima e Nagasaki. “In questo caso, da un punto di vista più emotivo è evidente: semplicemente l’immagine della distruzione totale della città, della distruzione non soltanto logistica della città di Hiroshima e Nagasaki, ma anche della popolazione, delle generazioni successive, dovrebbe far capire a quale livello può arrivare l’essere umano nel tentativo di prevaricazione e di distruzione. Insegna a comprendere quanto la volontà di sottomettere ed abbattere un territorio, un Paese, in nome della guerra, ha portato alla distruzione di due grandi città dell’epoca; alla fine senza nemmeno più contare il peso della vita umana. Immaginiamo qualcosa come una città intera (300 mila abitanti) completamente devastata, quindi tutto quello che era su quel territorio: persone, animali, piante, palazzi. L’annientamento totale. Sicuramente sconvolgente e non va mai dimenticato e andrebbe insegnato, mostrato e discusso secondo me nei nostri organigrammi educativi. Il nucleare, che permette anche altro di positivo come in tutte le grandi potenzialità dell’essere umano, può portare però in caso di armamenti ad una distruzione totale di qualsiasi forma di vita, nell’arco di migliaia di chilometri. Il nucleare, nel corso degli ultimi 60 anni, ha portato delle possibilità di sviluppo energetico, anche di energia pulita, sicuramente importanti; un ritrovamento energetico più innovativo e meno inquinante rispetto ad altri. Dipende sempre dall’uso che se ne fa. Ma dobbiamo ricordare che la potenza della bomba di Hiroshima è veramente esigua rispetto alle attuali. Hiroshima nel 1945 era una città di notevole importanza militare e industriale, così come il porto di Nagasaki, la seconda città colpita dalla bomba atomica statunitense, a tre giorni di distanza nell’operazione denominata Fat Man. Harry S. Truman, presidente degli Usa, ha giustificato la scelta del bombardamento come una rapida risoluzione del conflitto”. Il dibattito storico resta aperto. “È vivo – conferma Michele Affinito, docente di storia contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – e nasce già in quel momento: ricordiamo, per esempio, le memorie di Eisenhower che si pone il problema da questo punto di vista, di una posizione critica rispetto a questa scelta. Quindi, indubbiamente e indiscutibilmente, forse anche a stretto giro, quando molti protagonisti di quella esperienza del secondo conflitto mondiale lasceranno la loro memoria, avremo sicuramente una ripresa ed una vivacità di questo dibattito che resta peculiare dal punto di vista storiografico sulle scelte strategiche che sono state compiute in quella fase. Va detto che il dibattito sulla vicenda del bombardamento su Hiroshima e Nagasaki rientra in un certo senso nella strategia più ampia delle scelte fatte dall’America: da un lato, in conseguenza soprattutto degli “errori” che erano stati commessi all’indomani della Prima Guerra Mondiale, quindi la scelta isolazionista, il mancato perseguimento della strada indicata da Wilson e che aveva portato, poi, nel giro di un ventennio, alla nascita di totalitarismi in Europa, che sono stati, di fatto, le cause dello scoppio del conflitto. E dall’altro, l’elemento simbolico legato appunto all’armamento bellico e quindi alla bomba nucleare. Come ebbe a dire Stalin, “le bombe atomiche sono state fatte per spaventare i deboli di nervi”: diciamo che poi, di fatto, la Guerra Fredda è stata tutta giocata sul rischio o meno che le due grandi superpotenze potessero ricorrere a questo espediente. Quindi, una importantissima e indubbiamente deprecabile – perché il dibattito ovviamente si alimenta rispetto a questi aspetti – arma di guerra che paradossalmente poi è diventata un’arma di pace in quel complesso e ampio fenomeno che è stata la Guerra Fredda”. Ci si domanda se è cambiato qualcosa nella sensibilità nei confronti dell’immagine di Hiroshima che anche allora è sembrata spaventosa e forse oggi ancora di più; quell’annientamento totale non solo della popolazione, degli animali, del territorio, un’intera città sterminata in pochi minuti. “Senza ombra di dubbio, come di fatto era stato testimoniato da una fetta stessa della popolazione americana, lo era già in quel periodo ma anche successivamente. E possiamo ben vederlo anche rispetto alle posizioni che in America sono state assunte nei riguardi della guerra al terrorismo, alla teoria dell’esportazione della democrazia che riguardano, appunto, le scelte che l’America ha compiuto. La condanna morale è, da questo punto di vista, netta e indiscutibile. Abbiamo anche le posizioni, assunte in questo campo, da numerosi intellettuali, filosofi. Oggi, l’“avversario” è, di fatto, un avversario differente, indefinito, con il terrorismo. E discuteremo sicuramente nei prossimi anni sulle scelte strategiche che gli Stati Uniti hanno compiuto dopo l’11 Settembre”. Per capire l’era nucleare nella quale viviamo, basta dare un’occhiata ai film del regista Peter Kuran, mai trasmessi in Italia, che documentano la realtà con immagini a dir poco sconvolgenti e drammaticamente spettacolari. Avete mai visto una Bomba H esplodere nell’alta atmosfera? Allora non potere rinunciare a questa breve carrellata nella storia del documentario scientifico, diretto e prodotto da Kuran. Diciamo subito che i film del celebre regista statunitense, non hanno nulla a che spartire con la fantascienza né con il brutto scherzo di un’esplosione nucleare, durante le previsioni meteo, messo in onda da un gruppo di buontemponi hacker sul canale ceco ČT2, la domenica di 17 giugno 2007. I film di Peter Kuran sono la realtà nuda e cruda dello sviluppo dell’industria degli armamenti nucleari made in Usa. Si comincia con il film “Trinity and Beyong (The Atomic Bomb Movie)”, per assistere, da testimoni diretti, all’incredibile storia dello sviluppo delle armi nucleari. Il più drammatico, sconvolgente, storico, spettacolare e inquietante film sui test nucleari Usa, in 6 capitoli, 26 sezioni e contenuti speciali: dalla prima esplosione di 100 tonnellate di Tnt nello stesso sito sul quale sarebbe poi esplosa la prima bomba nucleare della storia nel luglio 1945, alle inedite immagini riprese su Hiroshima e Nagasaki subito dopo il bombardamento nucleare Usa, alle esplosioni delle bombe H sull’oceano Pacifico, alla super bomba sovietica (circa 57 megatoni), ai test cinesi. Il famoso regista di effetti speciali Peter Kuran (Star Wars, Star Trek II e V, Robocop, la Famiglia Addams, Tredici Giorni) ha dedicato più di tre anni della sua vita per la produzione di questo film-documentario che racconta la segretissima, strana e visivamente incalzante storia dell’ideazione, produzione e sperimentazione delle bombe nucleari a fissione (le bombe atomiche non esistono, in quanto il fenomeno di fissione-fusione è a livello sub-atomico, ossia nucleare) e termonucleari a fusione (bomba all’idrogeno, detta “H”), negli Stati Uniti d’America. Nel dvd vengono presentati, per la prima volta in assoluto, rari filmati d’epoca declassificati, tratti dagli archivi segreti del governo Usa. Il regista Kuran ha viaggiato in tutto il mondo per ottenere i filmati originali dei test nucleari condotti dalla Cina e dalla altre potenze nucleari, e delle più grandi esplosioni termonucleari della storia effettuate (Bomba Sakarov all’idrogeno) dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La qualità delle immagini è considerevole e ha richiesto la presentazione di un nuovo Academy Award, poi vinto dal regista Kuran per questo film, le cui immagini sono state eccezionalmente restaurate con processi digitali ad alta definizione appositamente creati per preservare queste spaventose immagini alle generazioni future. Il film, in lingua originale inglese, narrato dal famoso attore William Shatner (il capitano Kirk della nave stellare Enterprise in Star Trek), si avvale di una superba colonna sonora originale, anch’essa premiata, eseguita dall’Orchestra sinfonica di Mosca. Interessante è l’intervista speciale al fisico recentemente scomparso, Edwar Teller, uno dei creatori della bomba H statunitense, per alcuni uno dei più controversi personaggi del XX Secolo. Fatti esplodere sotto gli oceani, sospesi a un pallone stratosferico, sparati da un cannone nucleare nel deserto del Nevada o nello spazio, questi ordigni infernali sono capaci di devastare la biosfera della Terra, riducendola alle fattezze del pianeta Marte. Il film, altamente educativo, è una straordinaria produzione che ci aiuta a capire per la prima volta con il linguaggio visivo, gli eventi che hanno cambiato per sempre (furono effettuati centinaia di esperimenti, secondo la propaganda “controllati”!) la storia dell’umanità. Infatti, per quanto si tenti di disinnescarle e disarmarle, sarà impossibile liberarsi delle armi nucleari, in quanto non le potremo mai disinventare. Guai a noi se, come lo struzzo, faremo finta che non esistono più nei silos in compagnia delle armi batteriologiche. Il secondo film “Nuke in space – L’arcobaleno nucleare” di Peter Kuran ci porta alla scoperta dei test segreti Usa condotti nello spazio, declassificati e rivelati per la prima volta in assoluto, dopo più di 40 anni. Il dvd è narrato da W. Shatner. Al culmine della tensione tra Usa e Urss, durante la Crisi dei missili di Cuba, le due superpotenze (“defcon 3”) hanno condotto test nucleari nell’atmosfera terrestre e nello spazio esterno. Il film rivela l’incredibile storia di più di 20 test termonucleari spaziali. Quasi del tutto ignote al pubblico italiano, le esplosioni “H” crearono aurore ed arcobaleni artificiali spettacolari, che solo ora sono mostrati in tutta la loro terrificante realtà. Immagini che ispirano soggezione e inquietudine. Dietro l’apparente spettacolarità delle cosiddette “bombe-arcobaleno” si celavano sconvolgenti conseguenze, immediate e a lungo termine. Le radiazioni nucleari prodotte da questi test hanno avuto ed avranno effetti disastrosi permanenti sullo spazio vicino alla Terra. Nell’era dello Sputnik e della corsa alla conquista dello spazio, la supremazia tra Usa e Urss era misurata dalla tecnologia, ossia dalla capacità di applicare le conoscenze scientifiche acquisite nella teoria e negli esperimenti della fisica. I filmati del National Security Council e il documentario sulla Crisi dei missili cubani ci aiutano a comprendere e spiegare l’estrema virulenta pericolosità del livello di rivalità raggiunto che aveva condotto gli Usa ad aumentare la propria supremazia nucleare sull’Urss. Eventi che la storia ha immortalato nella leadership di uno dei carismatici ed amati presidenti degli Stati Uniti d’America, John. F. Kennedy. Delle cui parole pronunciate davanti al Congresso Usa e al popolo americano, questo film ci rende partecipi e testimoni in un’era nucleare (oggi niente affatto “superata”) che all’epoca stava diventando la costante di un’accecante supremazia militare fondata sull’equilibrio del terrore (teoria del “Mad” che in inglese significa “folle”, ossia dell’autodistruzione reciproca garantita) oggi solo in parte superata e, comunque, non necessariamente in grado di garantire la pace. In quanto l’arma nucleare rischia di trovare nuovi acquirenti in stati non democratici sulla Terra, e di diffondersi ovunque non come mezzo di deterrenza, come finora assicurato dalle superpotenze, ma di offesa preventiva. Peter Kuran, il vincitore del film “Trinity and Beyong (The Atomic Bomb Movie)”, in questo dvd “Nuke in space – L’arcobaleno nucleare”, si avvale di nuovi filmati e documenti governativi declassificati, proponendo inedite interviste, controverse e originali, alle autorità militari e scientifiche protagoniste di quegli eventi. Una nuova colonna sonora dell’Orchestra sinfonica di Mosca in “Dolby Digital 5.1 Surround Sound”, è stata creata per creare un’esperienza visiva davvero cinematografica ed aprire una finestra sulla quotidianità dell’era nucleare. Questo film è una pietra miliare della documentazione storica sulla Guerra Fredda e sui test nucleari, con forti implicazioni sul futuro della sicurezza nazionale Usa. Non mancano i contenuti speciali con una sezione bonus dove è possibile visionare: i filmati sui lanci nucleari falliti, la conferenza stampa di J.F.K; gli impianti nucleari di Cuba e tanto altro ancora. Il terzo film “Atomic Journeys – Benvenuti al Ground Zero” di Peter Kuran, è altrettanto spettacolare e sconvolgente. Che cosa fareste nello scoprire che la società del gas ha scavato una galleria a poche centinaia di chilometri da casa vostra, utilizzando una testata nucleare in miniatura? “L’Atomica in giardino” non è solo il titolo di un grande film di successo. Ed allora, “benvenuti al Ground Zero” dei test nucleari Usa. Più di 45 anni fa, sentendo un tonfo improvviso proveniente dal sottosuolo e osservando luci splendenti, qualcuno negli States avrebbe forse anche potuto interpretare l’evento con il passaggio di un treno, un terremoto o un Ufo. Ma qualcosa di più lontano e potente era accaduto…una detonazione nucleare a poche centinaia di chilometri da casa, chi mai l’avrebbe potuta immaginare? Questo film di P. Kuran è quanto di più segreto e sconosciuto al grande pubblico il governo Usa abbia mai potuto nascondere per decenni. Test nucleari super segreti e lavori per scavare tunnel, caverne e gallerie, condotti nel territorio degli Stati Uniti, di cui solo poche persone furono a conoscenza. Piccole bombe nucleari furono letteralmente sganciate nel giardino di casa, calate in pozzi di estrazione mineraria e nei deserti per costruire basi segrete. Non solo negli Stati Uniti. Non mancano gli incidenti nucleari, in gergo “Broken Arrow”, poi famosa pellicola cinematografica. Testimoni viventi raccontano di un ordigno con testata nucleare non armata, accidentalmente sganciata da un aereo su una casa in una cittadina dello stato della Carolina del sud. Molti dei test erano parte integrante della politica della Commissione dell’Energia Atomica (la stessa casa editrice del celebre volume propagandistico “L’Amico Atomo” degli anni ’50 del XX secolo), volta ad esplorare l’impiego “civile” di questi ordigni nucleari nell’ingegneria delle opere pubbliche, per usi pacifici come la costruzione di nuovi canali, gallerie sotterranee, caverne, porti, dighe e per aumentare l’estrazione di gas naturale. La Commissione ha così effettuato, all’insaputa dei contribuenti Americani, detonazioni nucleari segretissime, dissimulando anche i segnali sismici prodotti dalle esplosioni. Oggi sarebbe praticamente impossibile, visto che anche i pacifici e sensibilissimi esperimenti del Gran Sasso dell’Infn, possono benissimo individuare e segnalare in tempo reale test nucleari in ogni angolo della Terra! Kuran ci porta a visitare dieci dei più rilevanti siti di questi test segreti: dall’Alaska al Mississippi, al Nevada, “lo stato nucleare più bombardato sulla Terra”, dove furono fatti esplodere più di 900 ordigni. Non sono solo gli Usa, sotto i riflettori di questa straordinaria inedita pellicola: Kuran ci accompagna alla scoperta di foto e filmati di simili test effettuati da Francia, Inghilterra e Urss. “Dalla visita di questi finora ignoti “Ground Zero” – assicura P. Kuran – si esce sicuramente diversi, più consapevoli del mondo terrificante in cui viviamo”. Un dvd in 29 capitoli, narrato da W. Shatner: non mancano i contenuti speciali, la biografia degli autori e i filmati bonus. Nei quali possiamo accedere alla galleria “Tour” dove una “guida speciale” ci conduce all’interno dei siti che furono teatro di quei test. Una mappa globale planetaria svela dove sono ubicati tutti (quelli finora apertamente dichiarati) i Ground Zero nucleari e molto altro ancora. Nulla in confronto a ciò che fecero i comunisti sovietici. Quel giorno, quando esplose, fu definito “il giorno in cui la Terra fu uccisa”. La “Bomba Tsar – Fine del Mondo” (www.youtube.com/watch?v=oP9B5PkKw-g) è stato il più potente ordigno termonucleare (all’idrogeno) mai sperimentato dall’uomo. Fu costruito in Unione Sovietica nel 1961, su comando del Partito Comunista (Pcus), da un gruppo di lavoro capeggiato da militari e dal fisico Andrej Dmitrievič Sakharov, in poco più di sei settimane. Il nome in codice dell’ordigno era Big Ivan. Il suo potere esplosivo fu di 57 megatoni (altre fonti affermano, fra i 62 e i 90 megatoni) ovvero oltre 4.000 volte quello della bomba nucleare sganciata su Hiroshima. È stato calcolato che se fosse stata lanciata su Londra, la Tsar avrebbe distrutto ogni cosa nel raggio di 30 km e incendiato tutto ciò che si fosse trovato entro 300 km dal centro dell’esplosione. Inizialmente si pensava di realizzarla con una potenza di 100 megatoni ma, per evitare di “bucare” l’atmosfera terrestre (e non solo per un eccessivo fallout nucleare) fu poi ridimensionata a 57 megatoni. La bomba fu sganciata il 30 Ottobre 1961 alle ore UTC 8:32 (11:32 ora di Mosca) da un aereo ad alta quota (un Tupolev 95, il pilota del quale divenne poi eroe nazionale) nella baia di Mityushikha, sull’isola di Novaja Zemlja, a nord del Circolo Polare Artico, precisamente alle coordinate 73.85° Nord e 54.50° Est. La Tsar fu fatta esplodere a 4mila metri dal suolo con l’ausilio di un gigantesco paracadute per frenarne la caduta dell’ordigno e quindi consentire al velivolo di allontanarsi indenne. La sfera di fuoco nucleare fu di 4,6 Km di diametro e la nube a fungo risultante dall’esplosione raggiunse un’altezza di 60 km mentre l’onda d’urto fece tre volte il giro del mondo impiegando nel primo “circuito” 36 ore e 27 minuti. Ci fu anche un black-out delle comunicazioni radio in tutto l’emisfero settentrionale. Tuttavia, contrariamente a quanto si può pensare, quella della Tsar fu un’esplosione “molto pulita” ed efficiente in quanto trasse oltre il 97% della sua potenza dalla fusione termonucleare. Tale test fu preceduto il 9 agosto 1961 dalla dichiarazione di Khruscev nella quale affermava che l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era in grado di costruire e intendeva sperimentare una superbomba da 100 megatoni, scatenando forti proteste internazionali. A tali dichiarazioni seguirono il 16 gennaio 1963 le rivelazioni fatte a Berlino Est, sempre dallo stesso Khruscev, del possesso di una bomba di quel tipo da parte dell’Unione Sovietica. Un simile ordigno, se testato sulla superficie terrestre, aprirebbe nella roccia un cratere profondo oltre 100 metri e largo quasi 3 km, con un “fungo” di 14 km di diametro. L’esplosione liberò in energia circa 2.1×10 alla 17ma potenza in joule ovvero 5.3×10 alla 24ma potenza di watt. La riduzione di potenza della Tsar si ebbe perché dal progetto iniziale di bomba a tre stadi (fissione-fusione-fissione) si passò ad una bi-stadio (fissione-fusione), sostituendo il terzo stadio di uranio con uno di piombo. Ciò ridusse enormemente il fallout radioattivo visto che il 97 percento dell’energia liberata fu derivata dalla fusione e solo il 3% dalla fissione. Tuttavia, Big Ivan fu definito il test nucleare più pulito mai effettuato sulla Terra. Se invece fosse stata esplosa come una bomba da 100 megatoni, questo avrebbe potuto aumentare il fallout radioattivo di tutti i test mai effettuati sulla Terra del 25 %. La bomba sovietica Tsar pesava 27 tonnellate, era lunga 8 metri e aveva un diametro di 2 metri. Fu sganciata con un paracadute dalla quota di 10.500 metri. La bomba esplose a circa 4mila metri d’altitudine, il lampo termonucleare fu visibile a mille chilometri di distanza e nel raggio di centinaia di chilometri furono bruciate tutte le case di legno, mentre gli effetti termici si avvertirono sino a 270 Km di distanza con ustioni di terzo grado. Solo una speciale vernice termoisolante permise al Tupolev 95, il quale al momento dell’esplosione si trovava già a 45 Km di distanza, di non esplodere a causa dell’effetto termico. La bomba in realtà non aveva alcuno scopo militare, visto che un ordigno di tale potenza non aveva specifici usi tattici. Fu sperimentata solo come azione dimostrativa delle capacità tecnologiche dell’allora impero sovietico e del suo leader Nikita Kruscev. La bomba non aveva impieghi pratici visto che era troppo pesante per essere trasportata da un missile balistico e inoltre un aereo che avesse voluto sganciarla su una città nemica sarebbe stato facilmente abbattuto prima ancora di violare lo spazio aereo nemico. I “figli” della Tsar Bomba furono le testate Mirv dei missili balistici intercontinentali (Icbm), oggi sempre più intelligenti e capaci di schivare qualsiasi “scudo” antimissile. Andrej Dmitrievič Sakharov, fu poi insignito del Premio Nobel per la Pace. L’ignoranza dilagante in fatto di “energia nucleare” è sotto gli occhi di tutti. Dal 1945 fino ai nostri giorni la stampa ha sempre parlato di bombe “atomiche”. Ora le “atomiche” sono le convenzionali armi elettromagnetiche (tritolo, plastico) mentre le differenti reazioni di “fissione” o “fusione” sono esclusivamente di tipo “nucleare” ossia avvengono a livello del nucleo e non tra le orbite degli elettroni che circondano il nucleo. Ci si informi prima di continuare a divulgare sciocchezze, confondendo centrali elettronucleari ed ordigni nucleari, soffocando la ricerca scientifica e tecnologica nucleare di pace, condannando un Paese libero e civile come l’Italia alla totale dipendenza energetica dall’estero e dalle multinazionali, alla depressione, alla recessione, alla decadenza morale, etica, politica, culturale e sociale. Le “atomiche” nell’accezione fisica “nucleare” del termine, non sono mai esistite! La conoscenza è la nostra unica arma di difesa contro i futuri mostri della storia e contro la spirale di violenze e di lutti che ogni guerra produce. L’annientamento è sempre dietro l’angolo, un’ombra cupa di ignoranza e distruzione. Ma l’energia e la tecnologia nucleare civile di pace in Italia e nel mondo non sono state ancora liberate!

Nicola Facciolini

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