Iva per Imu ed altri misfatti

E’ una corsa ad ostacoli quella di Letta e del suo governo che, scongiurato lo scoglio Imu, ora intravede un nuovo pericolo nel ventilato aumento dell’Iva, con Fassina che ne vasticina  l’ ineludibilità ad ottobre ed Angiolino Alfano che dichiara che  il prossimo obiettivo è quello di evitarne l’incremento. D’altra parte, il viceministro ed ex […]

E’ una corsa ad ostacoli quella di Letta e del suo governo che, scongiurato lo scoglio Imu, ora intravede un nuovo pericolo nel ventilato aumento dell’Iva, con Fassina che ne vasticina  l’ ineludibilità ad ottobre ed Angiolino Alfano che dichiara che  il prossimo obiettivo è quello di evitarne l’incremento.
D’altra parte, il viceministro ed ex responsabile economico del Pd  Fassina, ci tiene a precisare che il Consiglio dei ministri ha abolito l’Imu ma “non la tassazione sulla prima casa” perché la Service Tax “conferma una componente patrimoniale dell’imposta come è per l’Imu”.
Una decisione che viene giudicata dal viceministro un buon compromesso tra le esigenze politiche in campo, che però contiene anche parti che il Pd giudica “sbagliate”, come spiega all’Huffington Post. “Dobbiamo dire la verità. L’errore va evitato nel reperimento dei 2,4 miliardi necessari a finanziare la cancellazione della seconda rata dell’Imu 2013 dovuta a dicembre. Vanno chiamate a contribuire anche le prime abitazioni di valore più elevato attraverso un acconto della Service Tax o altre soluzioni temporanee. Altrimenti, priorità di interesse generale continuano a soffrire”.
Quanto a Berlusconi, in attesa si trovi una soluzione di salvaguardia per lui, dice che rimmarà vigile sulla “service tax”, anche perché, fiutando l’aria, non vuole risultare antipatico a Sunia, Sicet e Uniat, le tre associazioni di rappresentanza degli inquilini, secondo le quali il piano casa sembra un ‘piano sfratti’ che travolgerà oltre 3 milioni di italiani, con una stangata di circa 1000 euro l’anno, che rischia di abbattersi sugli inquilini , perché, anche se il meccanismo non è ancora chiaro nei dettagli, è evidente che, a partire dal 2014, saranno a carico degli inquilini la maggior parte degli oneri relativi alla nuova tassa che, di fatto, anche negli importi, sostituirà sostanzialmente l’Imu oggi pagata dai proprietari.
Quanto al commissario Ue agli affari economici Olli Rehn, nicchia e dice severo, di accogliere con favore le garanzie offerte dal premier Enrico Letta sull’impegno di rispettare i vincoli di bilancio anche con la cancellazione dell’Imu, ma di aspettare di vedere nel dettaglio i piani del governo italiano.
Nel frattempo il presidente Confesercenti,Marco Venturi, ha lanciato un allarme sugli effetti del previsto aumento dell’Iva e detto che, se portata al 22%, sarà un danno per tutti, perché frenerà ancora consumi e Pil, e potrebbe avere conseguenze negative anche sul gettito fiscale, che invece di aumentare di 3 miliardi di euro – come previsto – potrebbe diminuire di 300 milioni.
Secondo stime elaborate da Ref Ricerche per Centromarca già nel 2012, l’incremento dell’Iva determinerà una crescita dello 0,6% dei prezzi dei prodotti alimentari e dello 0,9% del non alimentare., con efetti negativi anche sulla domanda, con contrazioni del -0,3% per l’alimentare e del -0,45% per il non alimentare. E rpercussioni pesanti anche sul prodotto interno lordo (-0,25%) e sull’occupazione (-0,2%).
E c’è un altro problema di natura generale da tenere a mente. Mentre nell’agosto del 2011 i titoli di Stato italiani hanno superato quelli spagnoli per rendimento, sotto la pressione internazionale per l’agonia finale del governo Berlusconi, nel marzo successivo, dopo l’inizio dell’esecutivo Monti, il debito di Roma è tornato a essere meno rischioso (e costoso) di quello di Madrid, ma lo stallo post elettorale ha mangiato gli 80 punti che c’erano tra Bel Paese e Spagna prima delle urne.
Ed ora, lo spread tra Btp e Bund decennali, dopo l’ultima asta di titoli a medio e lungo termine del Tesoro del 13 marzo, è tornato sopra la soglia di 320 punti base e la differenza di rendimento è ormai appaiata a quella che separa i Bonos spagnoli dai Bund tedeschi – benchmark di solidità del Vecchio continente. Fino a pochi giorni prima delle elezioni italiane, lo “spread tra gli spread”, cioè la distanza tra Italia e Spagna rispetto alla Germania viaggiava tra i 70 e gli 80 punti. Un vantaggio dilapidato con l’incertezza politica e sul mercato secondario, sia per i titoli decennali dell’Italia che per quelli della Spagna gli investitori richiedono una cedola intorno 4,7%, mentre per la Germania paga l’1,4%.
Scrive però su Panorama Micaela Osella, che e differenze tra Italia e Spagna sono molto superiori alle similitudini, come anche sostenuto da Donatella Principe, head investment Advisory e che il vero problema per noi era e resta l’incerttezza politica a medio e lungo termine.
La stessa cosa la rabadisce Luca Pagni su Republica del 27 agosto, dove afferma che stiamo per superare la Spagna nella triste classifica dei Pigs europei, poiché, mentre Madrid si è rimessa in sesto, noi rimaniamo schiacciati ancora una volta da debito pubblico e debolezza del governo.
Dopo un periodo positivo Piazza Affari ha messo assieme una serie di sedute negative e quest’anno la crisi occupazionale è peggiorata e le risorse per far fronte a tutte le richieste non secondo molti non sono sufficienti.
Fra questi, in primis, i sidacati che citano dati della Regioni, secondo cui servirà un altro miliardo o poco meno già nei prossimi mesi.
Come sxcrive su “Il Fatto Quotidiano” di oggi Mario Seminerio, a proposito di quelo che chiama “l’inganno Imu”, un risparmio medio di 225 euro per famiglia pare avere, agli occhi di alcuni, una tale carica di ottimismo e di inversione del sistema di aspettative sulla congiuntura che, se le cose dovessero davvero andare come previsto ad esempio da Silvio Berlusconi (“Con la riforma di oggi invertiamo la rotta su un sentiero virtuoso di crescita: il valore degli immobili aumenta, il reddito aumenta, i consumi ripartono, si creano nuovi posti di lavoro, le aspettative sul futuro tornano ad essere positive”), potremmo finire con l’ipotizzare che la crisi sia stata solo il frutto di un sortilegio scagliato contro il nostro paese dalle Forze del Disfattismo che da sempre ci impediscono di mostrare al mondo il nostro vero valore. Sfortunatamente, le cose stanno in termini differenti.
E’ innegabile che l’atteggiamento psicologico degli agenti economici abbia un ruolo, ma non tale da sovvertire una realtà fatta di dati “duri” come il persistente credit crunch bancario e condizioni del mercato del lavoro che restano prostrate. Il fatto è che in Italia sembra effettivamente esserci una ampia discrasia tra aspettative e psicologia delle famiglie e riscontri in termini di comportamenti di spesa. Ad esempio, il nostro paese si caratterizza per una costante e singolare divergenza tra gli indicatori di fiducia dei consumatori ed il successivo andamento delle vendite al dettaglio. Nel senso che, a periodi di miglioramento delle aspettative delle famiglie conseguono poi robuste delusioni in termini di consumi effettivi.
Ha ragione, su L’Espresso, Bruno Manfelotto: c’è una specificità tutta nostra, per cui per l’Italia non bastano le buone notizie sull’economia, occorrono anche quelle sulla politica e sulla tenuta del governo in particolare. Nei tre mesi del Letta I, per esempio, l’Italia ha superato i test europei ed è riuscita a scapolare lo scoglio della procedura d’infrazione, insomma la sua finanza pubblica (leggi: debito) è stata promossa. Ma, come si sa, una promozione non è per sempre. Un’altra novità l’ha scovata Federico Fubini (“Repubblica”) spulciando i bollettini della Banca d’Italia: per la prima volta da molti anni i conti con l’estero non sono in rosso, almeno abbiamo smesso di indebitarci oltreconfine. Certo, il riequilibrio è figlio della crisi e del conseguente calo di consumi e investimenti, e dunque di importazioni, ma le buone notizie restano tali anche se temperate da circostanze paradossali.
Tutto questo ci dice, chiaramente, che qui da noi le convulsioni della politica e la tenuta dei governi contano quanto e più dell’economia, perché significano agli occhi del mondo la volontà e la possibilità di incidere sui mille vincoli che frenano l’Azienda Italia.
Sicché, in queste ore di stabilità ancora a rischio, perché, superato lo scoglio dell’Imu, restano in piedi Iva e, soprattutto, i il problema Berlusconi, con la sua richiesta di continuare a fare politica nonostante la Cassazione, la decadenza da senatore e l’incandidabilità fissate dalla legge Severino, e l’interdizione dai pubblici uffici, siamo fortemente a rischio poiché, com’è noto, nelle fasi iniziali di ripresa, come quella attuale nel mondo, l’attacco sui mercati da parte della speculazione, come sempre colpisce i più deboli della cordata.
Alla fine toccherà a Napolitano, ancora una volta, trovare il bandolo di una matassa intricata e salvare Berlusconi, il governo e la faccia del Paese, dal momento che è bastato che i falchi Pdl alzassero i toni perché la Borsa tremasse, il titolo Mediaset perdesse dieci punti e riprendessero a correre spread e rendimenti dei titoli (oggi di 2,5 punti più alti che in Germania).
Per ora il Presidente si prende una licenza dalle preoccupazioni e nomina quattro nuovi senatori, quattro personalità che hanno dato lustro alla Patria per altissimi meriti nel campo scientifico, artistico e sociale”: direttore d’orchestra Claudio Abbado, l’architetto Renzo Piano, il fisico nucleare Carlo Rubbia e la neurobiologa dell’Università statale di Milano Elena Cattaneo, tanto per ricordare, al mondo e a noi stessi, che qualcosa di buono e per cui essere orgogliosi esiste ancora lungo l’italico stivale.

Carlo Di Stanislao

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