Il pendolo di Berlusconi

Nel 1789 il Marchese de Luchet (nel suo “Essai sur la secte des illuminés”) avvertiva: “Si è formata in seno alle tenebre più dense una società di nuovi esseri che si conoscono senza essersi mai visti”. Oggi, a distanza di più di due secoli, questi esseri sono invece visibilissimi. Sono vent’anni che tra berlusconismo ed […]

Nel 1789 il Marchese de Luchet (nel suo “Essai sur la secte des illuminés”) avvertiva: “Si è formata in seno alle tenebre più dense una società di nuovi esseri che si conoscono senza essersi mai visti”. Oggi, a distanza di più di due secoli, questi esseri sono invece visibilissimi.
Sono vent’anni che tra berlusconismo ed antiberlusconismo l’Italia è concentrata unicamente su un uomo, spesso sugli altari e a volte (ma per poco e parzialmente) nella polvere, dato per finito in molti casi, per poi tornare in auge, più pimpante e trionfante di prima. Dopo l’agibilità ora lo inquieta il pronunciamento della Cassazione che lo accusa di corruzione di giudici, reato a dir poco vergognoso e gli impone di pagare quasi 500 milioni di euro a De Benedetti, parte lesa nel cosiddetto lodo Mondadori.
Léon Foucault, di cui oggi Google celebra il 194° anniversario dalla nascita, per dimostrare la rotazione della Terra inventò il noto pendolo e Berlusconi, per dimostrare la sua innocenza, ha inventato giudici rossi che lo vogliono morto, portando argomenti che non stanno in piedi ma fanno comunque presa sulla gente se si considera che anche adesso cresce nei sondaggi.
Nel romanzo che Eco ha dedicato al “Pendolo di Foucault”, si chiamano in causa Cabala, alchimia e teoria del complotto, con una varietà tale di temi che il critico letterario e romanziere Anthony Burgess ha suggerito che sarebbe stato utile un indice.
Ed un indice sarebbe utile per passare in rassegna le motivazioni di condanne, a sua detta annunciate, sciorinate da Berlusconi per sua bocca o per bocca dei suoi, in questi anni, a partire dalla falsità che nessun giudice si era occupato di lui prima che entrasse in politica.
Intorno alle 22 di stasera ci dovrebbe essere il voto finale sulla sua decadenza da senatore per effetto della condanna a quattro anni di reclusione confermata dalla Cassazione con l’accusa di frode fiscale e, quindi, nelle prossime settimane, toccherà all’aula del Senato con voto segreto, confermare o smentire l’orientamento della Giunta.
In questo clima pare che il Cavaliere abbia deciso di mandare il video messaggio a reti unificate, con una risposta preventiva a quanto deciderà la Giunta, ma anche per il lancio della nuova Forza Italia e per un attacco frontale ai settori della magistratura che, secondo lui, lo perseguitano da vent’anni, da quando ha deciso di fare politica.
Con la consulenza di Giuliano Ferrara (ma si poteva chiamare a questo punto anche Telese), il videomessaggio sarebbe stato nuovamente registrato ieri, dopo la pubblicizzazione della sentenza
della Cassazione sul Lodo Mondadori che Berlusconi definisce una “beffa” che conferma l’obiettivo dei giudici: costringerlo ad abbandonare l’impegno politico.
La nuova versione del videomessaggio non conterrebbe più riferimenti positivi all’esperienza e all’attività del governo presieduto da Enrico Letta e siccome ieri sera al solito “Porta a Porta”, Angelino Alfano ha spiegato che la crisi di governo non è da scartare tra le possibilità in campo, è sempre più evidente che Berlusconi intende staccare la spina all’esecutivo, dopo essersi dimesso da senatore per propria scelta e non per effetto del voto dell’aula.
L’ex premier dovrebbe poi inaugurare, entro il fine settimana, la nuova sede di Forza Italia a piazza San Lorenzo in Lucina, a Roma, accompagnando l’ atto con una manifestazione pubblica, partenza di fatto di una campagna elettorale in vista di imminenti elezioni.
Sempre ieri Brunetta ha fatto squillare le trombe ed affermato che con una nuova edizione di Forza Italia ed un avversario come Renzi non si potrà che vincere a mani basse.
Quanto a Paola Severino, ex ministro della giustizia, ispiratrice della legge che prevede la decadenza e la non candidabilità per i politici condannati a causa di alcune tipologie di reato, stanca di tutta questa vicenda ha detto, sconsolata: “Eravamo tutti d’accordo nel governo Monti quando, dopo un lungo e accurato approfondimento, abbiamo varato la legge: quando si fa una legge si crede a quello che si fa, adesso la sua applicazione spetta al Parlamento”.
Tornando al romanzo di Eco , vi si parla delle Sefirot, emanazioni divine e non vere e proprie ipostasi, che operano secondo la catena delle cause e degli effetti.
Quello che la vicenda Berlusconi ci insegna è che con lui occorre sempre essere prudenti perché, se minacciato, la butta in politica, ipnotizza gli italiani, vince le elezioni, si tira fuori dai guai ed inguaia l’intera nazione.
Se è vero, come scrivono alcuni iniziati, che l’uomo ha in sé tutti i principi dell’universo, anche quelli divini, mi chiedo in che modo il piano buddico o nirvanico si esprima in Berlusconi o meglio come sia possibile, partendo dalla teoria dei quattro mondi, che in lui vi siano solo Assiah, mondo della Materia e Briah, mondo mentale e causale e mancano totalmente sia Yetzirah, mondo Astrale che Atziluth, mondo Spirituale.
Secondo un’espressione cabalistica l’Albero della Vita è la “scala di Giacobbe”, la cui base è appoggiata sulla terra e la cui cima tocca il cielo. Suo tramite ci arriva il nutrimento energetico generato dai campi di luce che circondano la creazione. Lungo la serie dei canali e delle Sephirot tale nutrimento scorre e discende, restringendosi e suddividendosi fino a raggiungere la totale creazione.
Ma evidentemente questa scala è interrotta o inconsistente in alcuni tra noi, che credono solo nella affermazione egoica e si convincono anche di essere profeti di un mondo perfetto basato sul dominio e la profittazione.
Resta un barlume di speranza in me. Ho letto l’ultimo romanzo di Chiara Gamberale (“Quattro etti d’amore,grazie”) e vi ho scoperto che l’appello all’esistenza dell’altro può diventare l’occasione per guardare in faccia le proprie scelte e non confonderle con il destino che appunto l’altro ritaglia su di noi.
Don Pino Puglisi ricordava ai suoi studenti che la conoscenza ci rende liberi di scegliere e scegliere significa assomigliare a ciò che scegliamo.
È una cosa conclamata che sono vent’anni, come ha scritto Ernesto Galli Della Loggia, che buttiamo il tempo e nei momenti migliori possiamo solo accontentarci di due forze che governano assieme, malgrado antropologicamente irriducibili l’una all’altra.
A tutto questo si risponde, da parte di alcuni intellettuali, con l’alibi della incapacità di affrontare i nodi reali, insomma affermando che la mancanza di un’idea di Italia e quindi di un’energia morale e politica per uscire da questa stasi, sia una sorta di giustificazione per l’andazzo che i si affida a copioni collaudati che al botteghino rendono di più rispetto alla tifoseria politica.
Come ha detto Adolfo Scotto Di Luzio, classe 1967, storico contemporaneo all’Università di Bergamo, ciò a cui stiamo assistendo in questa epoca dominata da Berlusconi, è il discutere molto di supposte caste mentre è palese l’incapacità dei grandi corpi dello Stato a essere casta.
Per dire meglio, ciò che Berlusconi perseguiva (ed ha raggiunto grazie all’insipienza della sinistra), era che i i grandi corpi dello Stato non avessero più una visione della propria superiorità, una questione di costumi, di stile culturale, per cui si concedono al mondo basso della comunicazione e a quello ancora più basso della corruzione.
Non esiste più una cultura d’èlite, è venuto meno un tessuto e una cultura e di conseguenza la rappresentazione di se e del proprio ruolo, con una politica sempre più insipiente e soltanto opportunista.
Nel volume 21 della sua “Storia d’Italia”, il duo Montanelli-Cervo, si tratteggia un acuto ritratto del grande protagonista alla ribalta sulla scena italiana: quel Berlusconi che Montanelli ha conosciuto direttamente, intuendone presto il carattere e le mire, ripercorrendone la storia dai successi imprenditoriali fino all’ascesa politica, che ha coinciso con quella Seconda Repubblica che ha prima nutrito e poi deluso le speranze di tanti italiani, che però, incredibilmente, ancora credono in lui e gli votano ad ogni occasione.
“A questo punto non avevo scelta. O rassegnarmi a diventare il megafono di Berlusconi. O andarmene. Me ne vado.” Questo scriveva Indro Montanelli nel suo ultimo articolo per “il Giornale”. Così, nel gennaio 1994, l’uomo che vent’anni prima aveva fondato quella testata lasciò la poltrona da direttore per imbarcarsi nella sua ultima grande battaglia: quella contro una destra nella quale non si riconosceva e che, a suo parere, era il nemico numero uno di chiunque avesse a cuore la libertà d’espressione.
Tutto questo Montanelli lo raccoglie in modo organico nel libro del 2012 “Ve lo avevo detto. Berlusconi visto da chi lo conosceva bene”, edito da Rizzoli, con gli interventi più accesi degli ultimi suoi anni d’attività: editoriali, risposte ai lettori e articoli sferzanti che oggi suonano come una profezia della cronaca dei nostri giorni. Basta leggere cosa scriveva nel 1998, quando, preoccupato che il caso Berlusconi paralizzasse il Paese, proponeva un referendum con questa formula: “Volete voi l’abrogazione dei reati in base ai quali è stato condannato l’on. Silvio Berlusconi?” 0 ancora quando metteva alla berlina i difetti del Cavaliere: bugiardo congenito, con un’innata tendenza al vittimismo, circondato da un drappello di parassiti servili, eccessivo, ignorante, volgare. La metastasi del berlusconismo oggi è più evidente di allora e, anche se il grande Indro non c’è più da dieci anni, questo suo atto d’accusa delinea il ritratto dell’Italia dei nostri giorni, un Paese che Montanelli non ha fatto in tempo a vedere, ma che si era perfettamente immaginato.
La prefazione di quel libro è di Gianfranco Fini che a Berlusconi ha cercato di opporsi ma ne è stato letteralmente spazzato.

Carlo Di Stanislao

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