L’acqua in festa, tra gioia e amarezza

L’ho visto su Rai 5 il 4 dicembre dello scorso anno, ma mai sul grande schermo. Ora potrò bearmene nel formato originale grazie all’Istituto Cinematografico La Lanterna Magica, che si è occupato della sua proiezione, di fronte a migliaia di studenti, il 7 prossimo, in occasione della seconda edizione del Festival dell’Acqua, dal 6 all’11 […]

L’ho visto su Rai 5 il 4 dicembre dello scorso anno, ma mai sul grande schermo. Ora potrò bearmene nel formato originale grazie all’Istituto Cinematografico La Lanterna Magica, che si è occupato della sua proiezione, di fronte a migliaia di studenti, il 7 prossimo, in occasione della seconda edizione del Festival dell’Acqua, dal 6 all’11 ottobre a L’Aquila, con convegni, spettacoli, presentazioni di libri, laboratori didattici e pellicole a tema, per riflettere sui modelli di gestione sostenibile dei servizi idrici nazionali.

Parlo del documentario di 92 minuti “Planet Ocean”, diretto da Yann Arthus-Bertrand e Michael Pitiot, tributo alla bellezza dell’ecosistema oceanico con riprese dal grande impatto visivo, e insieme un ritratto dei pericoli che minacciano le acque del pianeta, dall’inquinamento alla pesca non sostenibile.

Distribuito in Italia, in dvd e Blu-ray, da Universal Pictures, tutto il documentario, doppiato nella versione italiana dal climatologo Luca Mercalli, punta a far luce sull’oceano come macchina perfetta in grado di autoregolarsi e da cui l’uomo dipende, poiché è il fitoplancton a produrre gran parte dell’ossigeno.

Il giorno successivo, martedì 8 ottobre, un altro grande film-documentario: “Tikoyo e il suo pescecane”, quarto lungometraggio di Folco Quilici realizzato nel 1961, che sarà proiettato alla presenza dello stesso autore, il grande documentarista e scrittore specializzato in riprese subacquee, che alla attività cinematografica ha alternato quella televisiva, fondando una vera e propria scuola di cinegiornalismo di divulgazione scientifica, riuscendo sapientemente (e prima di Piero Angela) a miscelare con le esigenze dello spettacolo e dell’intrattenimento proprie del piccolo schermo.

Ambientalista convinto e difensore dei diritti della natura, in film come Il dio sotto la pelle (1974), Folco Quilici (nato a Ferrara nel 1934) ha denunciato i guasti ecologici legati allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. E tra le produzioni successive, vanno citati la serie televisiva L’uomo europeo (1981), inchiesta condotta insieme allo storico francese Fernand Braudel e il film Cacciatori di navi (1992), tratto da un suo romanzo.

Autore di vari saggi e di alcuni romanzi, Quilici ha pubblicato di recente (2012), “Amico oceano, romanzo per i giovani e giovanissimi edito da Mondadori, dove il giovane e magro Said, nomade della savana africana, per sfuggire alla siccità e alla fame si adatta alla vita da pescatore sulle coste dell’Oceano Indiano. Ma dovrà dimostrare molto coraggio e vincere la paura del mare aperto. Mizuki, dell’antica comunità Ama, in Giappone, per vivere si tuffa nell’abisso, raccogliendo madreperle. Ragazzina coraggiosa e generosa comprenderà che le onde offrono i loro doni solo in cambio del nostro rispetto. E la tradizionale celebrazione del matrimonio fra il mare e la terraferma avrà per lei un significato tutto particolare.

Tornando alla edizione aquilana del Festival dell’Acqua, particolare attenzione è dedicata al pubblico ed ai relatori internazionali, reso possibile anche grazie ad un protocollo fra Expo 2015 (che ospiterà l’edizione successiva) e il comune del capoluogo abruzzese.

Mauro D’Ascenzi, vicepresidente di Federutility, Federazione che riunisce le imprese dell’acqua, della luce e del gas, che ha pensato ed organizzato il Festival partito due anni fa da Genova, ha spiegato che la scelta de L’Aquila è: “ innanzitutto per un gesto di solidarietà verso una città martoriata da un terremoto che l’ha sconquassata”, dove “c’è ancora molto lavoro da fare”.

Poi, anche “per assumerla come simbolo di una volontà di ricostruzione, di riprogrammare e riprogettare il futuro; cioè partire dai punti di debolezza per individuare un futuro migliore, ben organizzato, più strutturato”.

Una volontà che si palesa soprattutto nella sua candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019, che è irrobustita dalla organizzazione, tra non poche difficoltà, di questo articolato evento che si svilupperà su diversi livelli: quello tecnico, ma anche un altro più ampio che coinvolge gli intellettuali, il mondo della cultura e il mondo delle arti; con filosofi che rifletteranno sui temi più generali, etici e morali, che riguardano l’acqua e poi il coinvolgimento della cittadinanza perché si ricostruisce anche con la gioia di vivere.

Il contributo della Lanterna Magica è stato particolarmente rivolto all’approfondimento culturale e di informazione che fornisce un’occasione unica di scoperta del ruolo evocativo dell’acqua, elemento presente in tutte le religioni, nelle varie espressioni artistiche e filosofiche, con un excursus nei simboli che la legano ai concetti di prosperità, rinascita e pace.

La mente corre alle acqua del Mediterraneo, tomba liquida per oltre 20.000 persone, 6.500 nel solo canale di Sicilia dal 1994 ad oggi: il più grande cimitero all’aperto dell’intero globo ed una vergogna a due passi da casa.

Nei sei racconti contenuto in “Questa e l’acqua” (pubblicati da noi da Einaudi), scritti da david F. Wallace fra il 1984 e il 2005, l’acqua è il simbolo della trasformazione, l’elemento capace d la depressione con le sue spietate dinamiche in una nuova maturità, fatta di sentimenti amorosi e di accoglienza.

Mi auguro che dopo il rito collettivo della commozione che non basta di fronte alla ennesima sciagura di Lampedusa, in questo giorno di “Lutto Nazionale” e poi, duranti i giorni del Festival de L’Aquila, si possa anche riflettere su come non bastino parole, ma consapevolezza di gesti e di fatti se vogliamo davvero dirci esseri umani.

L’ecatombe di 300 morti a Lampedusa non è la prima, ma speriamo sia l’ultima di una serie di tragedie segnate da ipocrita sensibilità e reale indifferenza, una vergogna che pesa sulla coscienza di tutti come ha detto Papa Francesco che anche oggi, ad Assasi, nei luoghi-simbolo del santo cui si ispira, è tornato a dire che “il dolore e le piaghe del mondo vanno ascoltate” e che occorre andare incontro “alle sofferenze dei più bisognosi, dei più umili, dei più indifesi”; dando più forza alle sue parole da luogo in cui sono state pronunciate: l’Istituto Serafico, fondato dal beato Ludovico da Casoria, dove sono ospitati e curati centinaia di bambini affetti da gravissime disabilità.

“Voglio iniziare la mia visita ad Assisi con voi”, ha esordito il Papa rivolgendosi ai piccoli ospiti. “Qui siamo tra le piaghe di Gesù che sono anche un dono per noi… ma queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate, di essere riconosciute”. E per farsi capire meglio, ha ricordato l’incontro di Gesù Risorto che, sulla via di Emmaus, viene riconosciuto da 2 discepoli “grazie alle sue piaghe” ed ha commentato: “Gesù è presente e nascosto in questi bambini, nelle piaghe di questi piccoli, che hanno bisogno di essere ascoltati, non solo per fare notizia sui giornali, ma sempre e soprattutto da quelli che dicono di essere cristiani”.

C’è troppa ipocrisia nella nostra indignazione mentre ancora si contano i morti al largo dell’Isola dei Conigli e con prese di posizione tanto al chilo, di quelle che non costano niente e che danno la buona coscienza a buon mercato.

Ci scuotono soprattutto le dichiarazioni di Vendola e della Boltrini, che però, a quanto ci consta, nulla hanno fatto per sostenere i quesiti referendari radicali su lavoro e immigrazione e per l’abolizione della Bossi-Fini, nonostante si dicono ben consci del drammatico problema.

Carlo Di Stanislao

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