Consiglio, parole e farfalline

Oggi alle 17 è iniziata la lunga maratona dei ministri riuniti in consiglio per l’esame del ddl di stabilità (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), nonché per l’esame del ddl col bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014, in cui, pare, […]

Oggi alle 17 è iniziata la lunga maratona dei ministri riuniti in consiglio per l’esame del ddl di stabilità (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), nonché per l’esame del ddl col bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014, in cui, pare, saranno previste maggiori detrazioni sul lavoro, nuova tassa sulla casa che sostituirà l’Imu, stretta sulle pensioni alte, possibile arrivo di un aggravio sulla tassazione delle rendite finanziarie.
Il condizionale è d’obbligo, tanto che il ministero dell’Economia ha smentito ‘erga omnes’ tutti i contenuti delle bozze in circolazione e del resto, solo dopo il varo, si potranno sapere i reali contenuti.

Le ultime indiscrezioni parlano di interventi per 10-12 miliardi e indicano il cuneo fiscale come quello che andrebbe ad alleggerire l’Irpef con le detrazioni sul lavoro dipendente e per sostenere le imprese con maggiori sconti sull’Irap. Tutto da definire è invece il capitolo della Sanità. Si ipotizzano tagli che contemplano riduzioni per la spesa farmaceutica e per quella ospedaliera. Ma tutto è in discussione e l’orientamento prevalente e quello che: “Non si può fare una manovra sulla sanità”.
Tuttavia, ciò che è trapelato sin’ora, è che si vorrebbe un taglio complessivo di 2,65 miliardi nel triennio 2014/2016 (vedi: http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=9612958.pdf), con ridimensionamento dei tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera (dal 11,35 all’11,3 per cento e dal 3,5 al 3,3), con un’effetto finanziario complessivo 220 milioni di euro annui a decorrere dal 2014 e anche dei tetti per le prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica acquistate dagli erogatori privati accreditati, con un effetto finanziario di 280 milioni di euro annui a decorrere dal 2014. Mentre, come dicevamo è invece confermato il blocco dei contratti nel pubblico impiego esteso fino al 31 dicembre 2014 con norma estesa anche la personale del servizio sanitario nazionale (art. 11), mentre la durata delle scuole di specializzazione di area sanitaria potrebbe passare da 5 a 4 anni, con evidente risparmio sui medici in formazione.
Resta ancora un’incognita: la copertura dei 2 miliardi di euro relativi alla mancata introduzione dei ticket sui quali anche oggi il presidente Errani ha chiesto chiarezza, sottolineando che la richiesta delle Regioni è di avere un Fondo sanitario per il 2014 di 109,9 miliardi di euro a fronte dei 107,9 previsti dalla legge di stabilità del governo Monti. Stante a quanto è scritto nella bozza di ddl stabilità del governo Letta, invece, non solo non figura tale incremento del Fondo, ma addirittura per il 2014 si parla di un abbassamento di ulteriori 500 milioni di euro che porterebbero quindi il Fondo del prossimo anno a 107,4 miliardi di euro. Da quanto si apprende, anche per questo il ministro della Salute Lorenzin è stata impegnata tutta la giornata per cercare di sbrogliare l’impasse sui 2 miliardi.
Secondo giornali ed agenzie dovrebbe poi arrivare la “Trise”, la nuova Service Tax, che scatta dal 2014 e che assorbirà Imu e Tares, ma potrebbe risultare più onerosa di ciò che è stato abolito. Altro capitolo è quello sull’esclusione del patto di stabilità interno, al fine di consentire agli enti locali nel 2014 e 2015 i pagamenti in conto capitale, con regioni (che verranno fortemente ridimensionate circa gli appannaggi) e enti locali che non potranno più ricorrere ai derivati.
Pare che il premier Letta abbia anche confermato la realizzazione di un piano di “progressiva riduzione del debito pubblico“, con già nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, approvato in settembre dalle Camere, il Governo ha indicato un percorso fatto di privatizzazioni e dismissioni immobiliari del valore minimo dello 0,5% di Pil l’anno (7,5-8 miliardi) tra il 2014 e il 2017. Operazione che dovrebbe portare il debito al netto dei sostegni europei e dei rimborsi in corso alle imprese dal 127,7% del Pil di quest’anno al 116,9 del 2017. Ma, come scrive La Presse, gli obiettivi indicati presuppongono però, oltre al successo del piano di dismissioni, un contesto finanziario più favorevole del’attuale, con la chiusura degli spread attuali tra Btp e Bund a 200 punti base nella media del 2014, 150 nel 2015, 100 nel 2016 e nel 2017. Un’operazione da mezzo punto di Pil l’anno equivale all’esatta metà del piano che era stato annunciato solo un anno fa dal Governo Monti, che nei suoi documenti programmatici finali puntava su dismissioni per un punto di Pil l’anno. Il ridimensionamento hanno spiegato Letta e Saccomanni, è dovuto alle ancor più difficili condizioni del mercato immobiliare e finanziario che si sono venute a determinare e queste, dicono in molto, possono portare il timone della nave Italia in direzione diversa da quella preventivata.
Scrive sul Sole 24 Ore Nicoletta Cottone, che le macrocifre su cui i tecnici hanno lavorato si aggirano sui 10-15 miliardi ed i titoli su cui si concentrano i lavori e che comporranno il disegno di legge riguardano le spese indifferibili per 5 miliardi, il disagio sociale per 6-700 milioni, gli Enti locali con l’allentamento del Patto di stabilità e la service tax per 2-3 miliardi e il taglio del cuneo fiscale sul lavoro per 3-5 miliardi. Le ipotesi al vaglio, quindi, vanno dai 10-11 ai 14-15 miliardi, circa un punto di Pil. E per le coperture si guarda ai tagli di spesa e razionalizzazioni, ma anche a introiti una tantum da eventuali privatizzazioni o dismissioni immobiliari.
Anche ieri al Tgcom Letta ha detto, come aveva già fato a Ottawa durante la sua visita in Canada, che: “La legge di Stabilità sarà il passaggio chiave, il momento in cui chiameremo la coalizione ad assumersi gli impegni per il futuro, per tutto il 2014”, aggiungendo di dirsi convinto che :Confindustria e sindacati faranno parte di un lavoro comune”.
Forse è troppo ottimista il nostro premier che potrebbe trovarsi invece di fronte alle difficoltà del Pdl circa nuove tasse e di Confindustria e sindacati che potrebbero ritenere troppo esegui l’investimento sul lavoro.
A noi mancano le parole per descrivere la difficile situazione e ai politici le idee per creare situazioni diverse in tempi tanto difficili in cui facciamo fatica a ricordarci chi siamo e ancor di più ciò che vogliamo essere e in cui vediamo in modo confuso le rappresentazioni del passato e del presente su cui vogliamo poggiare le nostre proiezioni identitarie, individuali e collettive.
Così mi viene in mente Sergio Atzeni, scrittore cagliaritano morto tra le acque intorno all’isola di San Pietro il 6 settembre 1995, andato incontro alla morte quarantenne nell’isola dell’isola, a Carloforte, risucchiato dal mare come Fleba, il Fenicio degli amati versi di Eliot, che raccontava, con onestà e serietà, che sono soprattutto le parole ha dar voce alle idee e solo queste a dare contenuto al tempo ed ai tempi dell’uomo e che senza nuove parole ci capita solo di scoprire di essere “stirpe marrana”, non degna del “sangue degli antichi erranti “, capaci di adattarsi e rinnovarsi e ancora di far “apparire la diversità” non spaventosa, ma anche ricercandola, come soluzione alla perdita di spinta e di novità, che sussistano nuova linfa nei singoli e nelle comunità.
La politica non ha più parole e neanche idee, sicché sempre tagli e tassazioni sono le soluzioni per uscire da crisi costantemente più profonde, cupe e minacciose.
E non vengono parole dai politici né dalla società e neanche dagli intellettuali, pure vocati a lavorare di inventiva, perché oggi essi non sono “all’altezza del mignolo sinistro di Conrad” e non riescono a trovare spunti per intrecci e vicende nella propria identità, che pure dovrebbe essere un terreno fertile di immagini, modi di dire e costumi che colano e svelano una visione ed una prospettiva del mondo.
Sicché tutti, politici, intellettuali e gente comune, siamo cupi e pesanti, incapaci di passare con leggerezza nel mondo, di essere: “come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli o scende scivolando sulle pietre, per i monti e i colli fino al piano, dai torrenti al fiume, a farsi lenta verso le paludi e il mare, chiamata in vapore dal sole a diventare nube dominate dai venti e pioggia benedetta”.
Dall’omonimo romanzo di Atzeni pubblicato postumo da Sellerio, Salvatore Mereu ha tratto il bellissimo film “Bellas Marisposas”, in cui ci vien detto che l’unico modo per non soccombere è sperare nel futuro, continuare ad immaginare di essere “belle farfalline” (questo il significato del titolo) che si ostinano a volare leggere in mezzo al brutto, e all’occasionale bello, che le circonda, afferrando ciò che di buono l’aria può portare, e trattenendo il respiro quando l’aria di buono non porta proprio nulla.
Allora spero che da questo consiglio e dal ddl che sarà varato, venga del bello per il lavoro, la cultura, il recupero artistico, la ricerca e, in definitiva, la speranza di un respiro più forte e pieno per il Paese.

Carlo Di Stanislao

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