“V” per…

“A penny for the Guy, please”, questa la frase che i bambini inglesi, con il volto dipinto di nero, sono soliti ripetere ai passanti per acquistare quei fuochi d’artificio che rischiarano la sera di ogni 5 novembre in ricordo dell’evento noto come “la congiura delle polveri”, con una cerimonia che si conclude con l’incendio di […]

“A penny for the Guy, please”, questa la frase che i bambini inglesi, con il volto dipinto di nero, sono soliti ripetere ai passanti per acquistare quei fuochi d’artificio che rischiarano la sera di ogni 5 novembre in ricordo dell’evento noto come “la congiura delle polveri”, con una cerimonia che si conclude con l’incendio di pupazzi di paglia che raffigurano il più noto dei cospiratori, Guy Fawkes che, nel 1605, assieme ai cattolici Robert Catesby, Thomas Percy, John Wright e Thomas Wintour cercò di far saltare in aria il Parlamento di Westminster, eliminando così fisicamente il re Giacomo I d’Inghilterra ed i membri del Parlamento il giorno dell’apertura dei lavori dell’Assemblea, mutando il destino d’Europa.

Sappiamo che furono scoperti ed uccisi, nel più feroce dei modi , per dimostrare che il re, cioè l’autorità, era capace di reagire con fermezza e tempestività contro qualsiasi tipo di congiura.

Dopo essere stato ricordato per secoli grazie alla celeberrima filastrocca redatta in onore della congiura delle polveri (“ricorda, ricorda, il 5 novembre, polvere da sparo, tradimento e complotto. Non vedo alcuna ragione per cui la congiura delle polveri dovrebbe essere dimenticata”) la figura di Guy Fawkes, considerato dal mondo anarchico come l’unica persona ad essere mai entrata in Parlamento con oneste intenzioni, è ritornata prepotentemente alla ribalta nel giorno del 400° anniversario dell’avvenimento grazie al film” V per Vendetta”, agitando fastidiosi spettri ai margini della bolla edilizia e della crisi economica che ancora ci travolge, sicché, da allora, molto spesso, nelle manifestazioni di piazza, anche a casa nostra, si sono viste maschere di Guy Fawkes, a significare che il malcontento è al suo massimo e la pazienza finita.

In Italia non vi è crescita e la fine della crisi si distanzia, con spettri sempre più intrusivi di diffusa disoccupazione e con giovani senza molte speranze per credere ancora in un futuro che si accorga di loro. Letta si vanta da Lilli Gruber del fatto che in sei mesi ha fatto assumere 11.800 giovani, come se una goccia d’acqua potesse far diventare fertile il deserto e se la manovra varata (ed ancora in forse, data la debolezza in casa Pdl e la spaccatura del Centro di Monti e Casini) fosse la migliore possibile, la più onesta e la più coraggiosa.

Invece c’è chi scopre che investe troppo poco nel lavoro, quasi niente in innovazione e cultura, cela nuove tasse e maschera fra le righe tagli alla sanità per oltre un miliardo e mezzo in tre anni.

Inoltre si continua, sul piano economico, a perpetuare il governo Monti ed ignorare quanto venti anni fa disse il keynesiano Wynne Godley, che spiegava perché questo sistema non poteva funzionare:“Se un Governo non ha la propria Banca Centrale sulla quale può creare denaro liberamente, i suoi utilizzatori (spenditori) possono essere finanziati solo attraverso il prestito nel libero mercato in competizione con le Imprese, e questo può risultare eccessivamente caro o addirittura impossibile, particolarmente quando si è in condizione di estrema emergenza; il pericolo, allora, è che le restrizioni di bilancio alle quali i Governi sono singolarmente impegnati faranno conoscere una tendenza disinflazionistica che chiuderà l’ Europa in blocco in una depressione senza potere di ripresa“.

Sicché, dopo quello Monti, arriva un altro governo che con la scusa di dare e procedere con prudenza e a piccoli passi, fa aumentare, dopo l’età pensionabile, il prezzo dei carburanti e la pressione fiscale, i tagli rivolti al sociale limitandosi a sperare in una crescita di solo 1%, mentre ce ne servirebbe una almeno tre volte maggiore.

Nicchiano i sindacati che rispondono, prudenti, con uno sciopero a singhiozzo di 4 ore in ambito territoriale. Più forte rispondono i cittadini in cerca di casa, lavoro, sicurezza sociale e sanitaria: beni sempre più rari entro le sponde del nostro Bel Paese.

Il premier ha ammesso che “la manovra si può migliorare” ma che rispetto alle precedenti misure che prevedevano più tasse, “questa è neutra, perché dal punto di vista fiscale aumenta la pressione su attività finanziarie e banche mentre aiuta chi vuole creare lavoro”. E di fronte alle minacce dei sindacati di scioperare ha detto che ci vuole intelligenza prospettica ed idea di stabilità, perché occorre usare prudenza per uscire dalla recessione, ed ancora che i terremoti politici danneggiano l’intero Paese.

In verità ciò che preoccupa Letta non sono le proteste dei cittadini, ma la grana Fassina e il delicato passaggio della spaccatura di Sc con la prospettiva della nascita al Senato di un nuovo gruppo “Popolare” con obiettivi tutti da sondare, mentre si fa forte della enesima discesa in campo di Giorgio Napolitano che, per blindare l’esecutivo, parte proprio dalla difesa della manovra; una difesa non tanto delle singole misure, quanto della sua impostazione generale, perché, amminisce il Capo dello Stato, bisogno evitare che il coraggio diventi “incoscienza”.

“La libertà di pensiero è essenziale per il progresso umano”, ha detto Aung San Suu Kyi di fronte all’assemblea plenaria dell’Europarlamento di Strasburgo per ricevere il Premio Sakharov che le era stato assegnato nel 1990, mentre lei si trovava agli arresti domiciliari imposti dal regime.

E naturalmente a noi viene in mente che tale libertà debba riguardare anche le scelte economiche e politiche di una nazione, da troppo tempo al guinzaglio dell’Europa.

Intanto, tornando alla rabbia crescente e a Guy Fawkes, che sempre è simboleggiato da una “V”, Grillo lancia il suo quinto giorno “V” (che qui non sta per “Vendetta”), che si terrà domenica 1° dicembre a piazza della Vittoria a Genova: un’altra “V” da sottolineare.

La prima tv di “V per Vendetta” è andata in onda su Italia 1 l’8 ottobre del 2006 tra pop corn e coca cola, con il filmone dei fratelli Wachowski che nel feticiume mediaset si rivelò un’arma a doppio taglio, con la sua caratteristica di rispecchiare una realtà molto simile alla nostra o, comunque molto prossima ad essa.

Sono innumerevoli i riferimenti culturali e cinematografici in quel film ricco di spunti di riflessioni, di allegorie ed anche di verità sfrontate, sbattute senza troppi giri di parole, con il forte regime simil-democratico, la super vigilanza, la polizia con poteri straordinari, i militari per le strade, razzismo e paura del diverso, telecamere e controllo perenne, i media corrotti che propinano propaganda e menzogne, ricordano molto la situazione in cui ci troviamo n oggigiorno.

E se sicuramente è chiara ed indelebile l’impronta orwelliana del film, le cose più notevoli da ricordare sono le parole del novello vendicatore, quando dice che: nessun popolo dovrebbe avere paura dei propri governi, sono i governi che dovrebbero aver paura dei popoli e poi, citando il Macbet ci rammenta che osare e sperare è nella dignità dell’uomo e chi lo impedisce o non lo favorisce, “umano più non lo è”.

Carlo Di Stanislao

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