Fumose questioni italiane

Nel Pdl, sempre più diviso, spira un vento di primarie, sostenute da Alfano ma invise a Fitto e Brunetta, il quale è sempre più loquace ed estroverso e dichiara che Letta si è montato la testa, il governo rischia sul patto dio stabilità ed il Pd con Renzi è in procinto di spaccarsi definitivamente. Quanto […]

Nel Pdl, sempre più diviso, spira un vento di primarie, sostenute da Alfano ma invise a Fitto e Brunetta, il quale è sempre più loquace ed estroverso e dichiara che Letta si è montato la testa, il governo rischia sul patto dio stabilità ed il Pd con Renzi è in procinto di spaccarsi definitivamente.
Quanto alla questione della ministro Annamaria Cancellieri oggi prenderà la parola nell’aula del Senato prima e poi alla Camera ed avrà al suo fianco Enrico Letta e tutti gli altri ministri, in modo da mostrare inequivocabilmente la compattezza dell’esecutivo, senza sbavature e di manifestare qualcosa di più della semplice solidarietà,: una vera e propria blindatura politica della Guardasigilli inciampata nell’affaire Fonsai-Ligresti.
Il fatto, notano iprincipali quotidiani in coro, che la Cancellieri sia andata fino a Strasburgo a parlare di piano carceri, dimostra che ha del tutto e senza distinguo la fiducia del premier e del governo e, al netto di sorprese, il suo caso dovrebbe andare verso l’archiviazione. Il partito della crisi, nonché quello delle dimissioni, nelle ultime ore sembra avere fatto un grosso passo indietro. Nessuno più nel Pd chiede direttamente dimissioni e al al massimo si sollevano dubbi e perplessità che non sconfinano però nella richiesta di passi indietro.
Chi resta duro e puro è, naturalmente, il Movimento 5 Stelle firmatario di una mozione di sfiducia e nel Pd un gruppo composto da Civati, Cason ed alcuni renziani come Simona Bonafè, Graziano Delrio e Paolo Gentiloni, che ha detto ieri: “Se il ministro viene in Parlamento e dice che c’è un complotto ai suoi danni, allora il Pd riunirà i suoi gruppi parlamentari e deciderà cosa fare”, parole che suonerebbero minacciose se poi non aggiungesse: “che non ci sono le premesse per richieste di dimissioni che sarebbero come minimo premature”.
Il vero problema del Pd è quello del tesseramento, con polemiche interne che non frenano, mentre l’ex portavoce di D’Alema chiede lo stop ed il sindaco di Firenze frena sul cambio delle regole in corsa. Civati denuncia: “Stiamo dando un immagine sbagliata”, mentre i garanti, guidati da Berlinguer, debbono pronunciarsi oggi.
Come scrive Il Fatto Quotidiano, da Catania ad Asti passando per la Puglia, sono circa una decina le realtà locali dove la discussione sulla correttezza del tesseramento sta creando non pochi mal di pancia e a far crescere i sospetti nell’ala renziana del partito è la denuncia di Lorenzo Guerini al quotidiano La Stampa, dove si dice che sono state: “spedite ai circoli centinaia di tessere bianche”, affermqazione confermata da Nico Stumpo che ha precisato che sono state inviate “ 900mila tessere a fronte di solo 500mila iscritti fino al 2012”.
Le polemiche sul tesseramento gonfiato ha innestato a sinistra la paura che la situazione possa peggiorare man mano che la sfida va avanti in vista delle primarie. A puntare l’indice contro tutti è Pippo Civati, non sostenuto da quelli che lui ha definito“padrini politici”, mentre Gianni Cuperlo chiede alla Commissione congressuale di chiudere il tesseramento perché visto quanto avvenuto in questa fase locale è impensabile lasciare aperte le iscrizioni fino al momento in cui nei circoli si vota per il segretario nazionale (le cosiddette convenzioni, che si svolgono tra il 7 e il 17) e Matteo Renzi che spiega ai suoi che lui è contrario e dichiara: “se Cuperlo ha certezze di irregolarità le denunci e se fossero particolarmente gravi si dovrebbero sospendere le convenzioni e andare direttamente alle primarie dell’8 dicembre”.
Nella serie di incertezze, complicazioni e colpi di scena, viene coinvolta anche la Lega, con Bossi che nel pomeriggio di ieri ha rotto gli indugi e ha deciso di candidarsi ufficialmente a segretario federale, carica che sarà ufficilizzata nel corso del Congresso previsto anche questo a dicembre.
Il Senatùr aveva più volte parlato nelle scorse settimane della possibilità di candidarsi alla segreteria della Lega al posto del segretario uscente, Roberto Maroni e, nei giorni scorsi,  lo stesso Maroni, rispondendo ad una domanda sulla possibile candidatura di Bossi aveva affermato ”Si candida? Sono contento, chiunque puo’ partecipare. Questa volta non ci saranno giochi o giochini, il segretario sara’ eletto dalla base”. Per poi aggiungere “Vuol dire che Bossi tiene alla Lega”.
Niente affatto irritato si è anche detto Matteo Salvini, che pure si è già detto a disposizione per la stessa carica, che ha dichiarato alla stampa: “La Lega, che per tutti i sondaggi torna a crescere, per vincere contro la dittatura europea e lo statalismo romano, ha bisogno delle idee e delle energie di tutti”, e su Facebook ha aggiunto: “per fortuna, l’ultima parola spetta ai militanti”.
In questo clima fumoso, genera ulteriore nebbia la differenza in numeri e cifre fra Istat e Tesoro circa i livelli economici del nostro Paese che, comunque, non riparte, anzi stalla e scende dal settimo all’ottavo posto fra quelli iindustriali, con segni evidenti di discesa ulteriore nei prossimi mesi.
La differenza di stime del Pil nel 2014 rischia di rendere ancora più evidente la fragilità del patto del governo poiché i dati dell’istituto, a differenza di quelli del ministero, hanno evidenziato che sui 12,23 milioni di famiglie che godranno dell’aumento delle detrazioni IRPEF, l’effettivo vantaggio ricadrà sulle tasche dei più ricchi, mentre in merito al fiscal drag, è emerso che in un sistema fiscale come quello italiano il contribuente ogni anno paga sempre più tasse anche, se finalmente non si attui una variazione autentica da parte del governo.
Naturalmente Saccomanni inrterviene e sconfessa l’Istat o meglio interpreta la differrenza dei dati, ma oggi, con il pronunciamento della Commissione Europea, sapremo se ha ragione lui o l’Istat che dichiara che il risparmio previsto dal governo in termini nominali in realtà sparisce in termini reali, poiché il presunto risparmio nelle imposte sembra essere a malapena sufficiente a coprire l’aggravio automatico d’imposta per circa due miliardi, che deriva appunto dal fiscal drag, mostruosità che però nessun governo si azzarda a toccare.
In attesa di quanto ci dirà (e valuterà) l’Europa, Llunica buona notizia deriva dal fatto che secondo i collaboratori di Visco, dopo il 2014 la crescita attesa dovrebbe essere più elevata rispetto a quella prevista dal governo nel documento di economia e finanza, pur trattandosi di un orizzonte temporale troppo lungo per risultare affidabile, poiché, afferma la stessa Banca centrale, tale crescita attesa presuppone il pieno dispiegarsi degli effetti delle riforme strutturali, di cui l’Italia non è mai stata campione visto che le aspetta da almeno vent’anni.
La prima pagina de “L’Italia che non cresce”, sottotitolo “Gli alibi di un paese immobile”, il saggio di Alessandro Rosina pubblicato nel 2009 da Laterza, è fulminante. Chiara come un manifesto, precisa come un bisturi, va direttamente al punto: “Si sente sempre più spesso dire che siamo un paese “senza futuro”. Non è vero”, scrive l’autore docente di Demografia alla Cattolica di Milano e presidente dell’associazione Italents, per poi chiarire, senza buonismo, che l’Italia è immobile perché non sa esattamente verso quale futuro orientare i suoi sforzi, resa ancora più fumosa e confusa da una classe politica insipiente ed impegnata solo a garantire se stessa.

Carlo Di Stanislao

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