Crisi: Brunetta, basta con l’Europa a trazione tedesca

“La feroce e circostanziata critica del Tesoro americano nei confronti della politica economica tedesca è solo l’ultima manifestazione di un conflitto carsico che dura da tempo. L’unica diversità sta nella pubblicità che l’Amministrazione americana ha voluto dare a questo permanente dissenso”. Così Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, in un intervento pubblicato […]

“La feroce e circostanziata critica del Tesoro americano nei confronti della politica economica tedesca è solo l’ultima manifestazione di un conflitto carsico che dura da tempo. L’unica diversità sta nella pubblicità che l’Amministrazione americana ha voluto dare a questo permanente dissenso”. Così Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, in un intervento pubblicato da “Il Foglio”. “Segno di un’inquietudine crescente, nel momento in cui l’economia del più grande Paese occidentale fatica non poco a mantenere quel ruolo di ‘locomotiva’ solitaria, in un mare di stagnazione alimentato – salvo qualche eccezione come quella del Giappone – dall’eccesso di rigore dei suoi partner politici e commerciali”. “Il dibattito verte sulle politiche di austerity condotte fino ad oggi e accettate passivamente dai governi europei. Come avevamo previsto, è ormai ampiamente dimostrato che le politiche adottate da un’Europa a trazione tedesca non solo hanno danneggiato la crescita europea ma hanno posto l’intero continente in conflitto con USA e Cina, impedendo un coordinamento internazionale delle politiche pro-crescita”. “Ma il tesoro Usa non è l’unico a criticare la politica economica sangue, sudore e lacrime dettata da Angela Merkel a un’Europa troppo tedesca. 1. Prima in ordine di tempo è la visita all’Accademia americana a Berlino del vice-direttore del Fondo Monetario Internazionale, David Lipton, che ha chiesto alla Germania di fissare un proprio target interno per la riduzione del saldo commerciale della bilancia dei pagamenti. 2. Secondo indizio: la diffusione online di uno studio non ufficiale, ma firmato da uno tra i più autorevoli economisti della Commissione europea, Jan’t Veld, ove si sostiene che: ‘ Un modo per i paesi in crisi per uscire dalla spirale dei debiti sarebbe stata la crescita esterna. Il riequilibrio dei loro conti correnti avrebbe potuto essere supportato da mutamenti simultanei nei paesi dell’area euro che, al contrario, registravano ampi avanzi delle partite correnti’. 3. Infine, il prossimo 15 novembre la Commissione europea segnalerà, come previsto dal Six Pack, le situazioni di squilibrio macroeconomico dei singoli Paesi. Come abbiamo più volte fatto notare, con riferimento al saldo della bilancia dei pagamenti i parametri sono ‘particolari’: le sanzioni scattano quando il deficit delle partite correnti supera, nella media degli ultimi 3 anni, il 4% del Pil, mentre in caso di surplus il paletto è fissato al 6%. Limite tutt’altro che stringente. L’anno scorso, guarda caso, il surplus medio della Germania nel triennio 2009-2011 era pari proprio a 5,9%. Quest’anno, a quanto pare, però, andrà male per i tedeschi, e la media del triennio 2010-2012 dovrebbe attestarsi intorno al 6,5%”. “Si dice che 3 indizi facciano una prova. Qui ne abbiamo almeno 4. Il re è nudo”, conclude Brunetta.

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