Parole, voli e sogni

Molti anni fa, nel 1975, Lelouch ci insegnava che ogni verità è per come è vissuta e che non esiste una verità oggettiva. Lo faceva sfruttando il polar, genere tipico di casa sua, con il film preso sotto gamba e a torto dimenticato: “Il gatto, il topo, la paura e l’amore”, che mi torna in […]

renziMolti anni fa, nel 1975, Lelouch ci insegnava che ogni verità è per come è vissuta e che non esiste una verità oggettiva. Lo faceva sfruttando il polar, genere tipico di casa sua, con il film preso sotto gamba e a torto dimenticato: “Il gatto, il topo, la paura e l’amore”, che mi torna in mente dopo il discorso di Renzi alla Camera, tutto incentrato sui “mille giorni” della crescita, sicuro del fatto che al termine del percorso si riuscirà non soltanto a “capovolgere la storia di questa legislatura ma a rimettere in pista l’Italia”.
Parole alate e piene di energia e di speranza che, come nel caso di tutto Lelouch, crea un universo immaginario sempre più raffinato, che si identifica con i racconti più che con i fatti, con un continuo andare e venire fra passato e futuro che cancella il presente, con un funambolico ed efficace utilizzo dei buoni propositi e dei sogni al posto di progetti concreti e di concrete, urgenti scadenze.
Renzi indica ì l’orizzonte dell’azione del governo nella scadenza naturale della legislatura a febbraio 2018 e ribadisce il concetto nella replica al Senato, sostenendo che questo, naturalmente, a patto che il Parlamento sia in grado “di cambiare marcia e di fare le riforme necessarie”, altrimenti si dovrà andare ad elezioni anticipate, naturalmente dopo l’approvazione della nuova legge elettorale.
Ed è incredibile quando dribla sui dati dell’Ocse e con un fraseggio degno di Demostene o di Lisia, commenta il nostro evidente default come una “interruzione di caduta” ma ancora “insufficiente”.
Considerando il passo di questo governo, per fare tutto ciò che Renzi sciorina, ci vorranno mille anni e non mille giorni, ma la sua è una dialettica che dilata il tempo, lo piega a suo piacimento, costruisce realtà virtuali in cui, invece che disperati, siamo già usciti dalla crisi.
Anche il gruppo che più apertamente lo sostiene, quello dio Repubblica-L?espresso, pare stanco di tanti giochini verbali e di prestigio e valutando, criticamente, ciò che fino ad ora ha fatto, non può dare la sufficienza né al premier né al suo governo.
Scrive Marco Damilano che l’estate non è scivolata via felice per il governo e per il presidente del Consiglio. Il mese di agosto si è aperto con un successo interno, l’approvazione in prima lettura a Palazzo Madama della riforma costituzionale del Senato, e si è chiuso con la vittoria al Consiglio europeo del 30 agosto, la nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la politica estera europea.
Ma in mezzo ci sono state tante notizie negative. Il fronte caldo dell’economia. La deflazione, come nel 1959, quando governava la Dc, solo che in quel periodo l’Italia era la tigre asiatica del continente, in crescita a balzi del 7 per cento di Pil, mentre ora siamo in recessione da anni. La disoccupazione, risalita dopo un flebilissimo segnale positivo.
E non basta. Il tentennamento sull’articolo 18 e quello sui prelievi alle pensioni d’oro, d’argento e di latta, l’assunzione di centomila insegnanti, fatta circolare sui giornali e poi riposta nel cassetto.
Per non parlare del Renzi contro se stesso, di quello che vola in Iraq e subito dopo si presenta nel cortile di Palazzo Chigi con il carrello dei gelati, aggirandosi in solitudine con il cono in mano senza che nessuno lo assecondasse nello scherzo.
Ora, dopo aver urtato i partiti di sinistra e non essere riuscito ad ammagliare i Cinque Stelle, fa arrabbiare anche i magistrati, che lo definiscono spacciatore di spavalderia, icona di un riformismo fumoso, parolaio e demagogico.
Chi invece spera e per ora ci crede, sono gli insegnati a cui Renzi promette i una felicità vera, quasi una palingenesi: non una riforma ma un nuovo patto educativo, espressione che suona bene e ha il sapore dell’humanitas che dovrebbe sostanziare qualunque necessaria trasformazione della scuola, con il gusto di un rinnovamento non imposto, ma condiviso, come da più parti si auspica, tra il palazzo e la piazza, i politici e insegnanti, genitori e alunni. Si annuncia addirittura la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto. E durerà circa due mesi. “Dal 15 settembre al 15 novembre tutti verranno ascoltati, a cominciare dagli studenti che sono per Renzi protagonisti, non spettatori. Nella legge di stabilità ci saranno le prime risorse e da gennaio gli atti normativi conseguenti”. Questo dice Renzi e c’è chi, fra gli insegnati, spera si sia avviato il giorno prima della felicità.
Ma c’è anche chi sostiene che sono ancora e soltanto parole, che descrivono un mondo virtuale fatto di chimere sempre agognate ma mai raggiunte.
Come, ad esempio, la tirata sulla meritocrazia, parola impronunciabile in una nazione che ha fatto del clientelismo un vizio cromosomico e che renzi intenderebbe abolire, mentre però fa il diavolo a quattro per la Mogherini in Europa, mentre non è chiaro cosa pensi della Russia, dell’Ucraina e di altre questioni e di Antonella Manzion, e paracadutata dalla guida dei vigili urbani di Firenze al delicatissimo ufficio legislativo di Palazzo Chigi, da cui passa ogni provvedimento.
“Renzi rischia di essere un Koizumi italiano: mucha fachada, poca acción”, si leggeva su “El País” del 18 agosto, come il piacionissimo premier giapponese del primo decennio del Duemila che aveva promesso di rivoluzionare il suo Paese ed invece lo aveva portato allo sfascio.
Junichiro Koizumi è stato un leader carismatico e molto stimato, che col suo modo di fare, le sue stravaganze e la sua passione per la musica (lirica, rock, e per Elvis Presley in particolare), è divenuto uno dei politici più amati e più popolari del dopoguerra, ma anche una vera iattura per la sua Nazione.
Leggiamo che attualmente, invogliato dal figlio che ne ha raccolto eredità e scranno parlamentare, l’ex premier nipponico delle promesse senza sostanza, presterà la sua voce al protagonista del fil “MegaMonsterBattle: Ultra Galaxy Legends”: un supereroe extraterrestre in tuta rossa che combatte mostri e alieni a colpi di karate, con l’ausilio di effetti speciali luminosi e grida quali “pagherete per i vostri errori”.
Si apprende anche che, per non essergli da meno, la moglie dell’attuale premier, Miyuki Hatoyama, racconta nelle sua autobiografia di essere stata rapita – seppure solo in spirito – dagli extraterrestri circa vent’anni fa e che la sua anima, imbarcata su un disco volante, avrebbe fatto un breve giro turistico su Venere, definito un posto “molto verde”.
In un momento di sconforto, forse, non ci resta che augurarci che Renzi passi al cinema come doppiatore di sogni, oppure sia rapito per qualche tempo necessario al risveglio (improbabile) di noi italiani.
Se fosse chiamato a scegliere fra Batman e Superman sono certo che Renzi opterebbe per quest’ultimo, trasposizione fumettistica di un messia, che guiderà l’umanità verso la salvezza.
Nella storia dei fumetti, nei cartoni animati ed anche al cinema (aspettiamo il 2015), Superman si è trovato a fare coppia con Batman, il giustiziere di Gotham City, ma nonostante anche lui sia dalla parte del bene, è sempre Superman a primeggiare perché dispone di poteri naturali, mentre Batman li sostituisce con risorse economiche pressoché illimitate.
Ed è questo che Renzi vuol dimostrare. I soldi non sono nulla perché sono i sogni che salveranno nazioni ed umanità. Forse.

Carlo Di Stanislao

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