Holmes tv ed altri racconti

Dopo essere stata, lo scorso anno, su Italia 1, arriva sull’altra Mediaset TopCrime (canale 39) “Sherlock”: pluripremiata serie di successo con Benedetict Cumberbatch e Martin Freeman, ispirata alle avventure del detective creato da Connan Doyele, in onda dal 16 settembre ogni martedì in seconda serata, con replica il mercoledì alla stessa ora. Con 7 statuette […]

Immagine (2)Dopo essere stata, lo scorso anno, su Italia 1, arriva sull’altra Mediaset TopCrime (canale 39) “Sherlock”: pluripremiata serie di successo con Benedetict Cumberbatch e Martin Freeman, ispirata alle avventure del detective creato da Connan Doyele, in onda dal 16 settembre ogni martedì in seconda serata, con replica il mercoledì alla stessa ora.
Con 7 statuette conseguite, la miniserie di Steven Moffat passata sulle Reti Mediaset trasversalmente (Premium Crime, Italia 1, Top Crime), è stata la più premiata agli Emmy, battendo “Breaking Bad” che si ne è aggiudicata 6.
Scritta a quattro mani da Steven Moffat e Mark Gatiss, prodotta dalla BBC, la serie tv ha letteralmente stregato il Regno Unito sbancando l’auditel.
Presenta un approccio contemporaneo al classico senza tempo di Conan Doyle, con uno Sherlock Holmes (Benedict Cumberbatch), annoiato e scontroso investigatore dei giorni nostri, che vive e lavora a Londra usando, per risolvere i suoi casi, non solo il puro intuito deduttivo, ma anche le più moderne tecnologie investigative, con uno spessore professionale che si deduce anche dal modo in cui egli si rivolge ai poliziotti di Scotland Yard, molto simile a quello adottato dal dottor House quando si rivolge all’amico e collega Wilson.
La prima puntata, appunto martedì scorso, è stata vista da 262. 000 telespettatori, che è un numero davvero basso per la qualità del prodotto che adatta le avventura di Holmes e Watson, un medico militare reduce dell’Afganistan nella Londra di oggi.
Per ora è risultato impossibile realizzare una nuova serie, dal momento i due protagonisti, Cumberbatch e Freeman, sono stati impegnati nella lavorazione del film “Hobbit” e Steven Moffat occupatissimo con la partitura di “Doctor Who”, da noi su Rai 4.
Montaggio e regia riecheggiano i due film di Guy Ritchie “Sherlock Holmes” e “Sherlock Holmes – Gioco di ombre”, con personaggi e sviluppo ispirati al fumetto e tratto dai romanzi di sir Conan Doyle e che presto, secondo il produttore della Warner Dal Lin, vedrà arricchirsi di un terzo episodio sempre a firma di Guy Ritchie, non appena avrà terminato con la post-produzione del suo ultimo film, con l’affiata coppia Robert Downey Jr., che ha appena finito “ The Avengers 2 “ e Jude Law.
Come ha scritto il filosofo della medicina Paolo Maggi, la storia del grande Sherlock Holmes è, in fondo, una storia di medici. Ma è anche una storia che ha profondamente, e inaspettatamente, influenzato il pensiero scientifico moderno. Sembra incredibile ma, dopo la nascita di questo personaggio, nessun ricercatore, consciamente o inconsciamente, ha potuto fare a meno di confrontarsi, almeno una volta nella sua vita, con il metodo del grande detective residente al 221B di Baker Street.
In realtà, le teorie scientifiche, come ci ricorda lo psichiatra inglese Michael Sheperd autore del libro “Sherlock Holmes e il caso del dottor Freud” sono assai simili ai miti dell’antichità, capaci è di mobilitare le grandi risorse della fantasia, e di liberarci dai blocchi mentali costituiti dalle paure, dalle convenzioni, dai pregiudizi, massimi ostacoli alla ricerca di nuove idee.
Per questo credo che il personaggio e la sua più recente “versione” televisiva, piacerà molto a Renzi, con tanto di proiezione sull’irriducibile Fassina della immagine sinistra di Moriarty ed in Berlusconi, forse, quella di un Watson da affascinare sempre più completamente.
Quanto alla Boschi vi potrebbe proiettare il dagherrotipo di Irene Adler, che si è guadagnata l’ammirazione senza riserve di Holme e quando il re di Boemia afferma “Non sarebbe stata una regina perfetta? Non è forse un peccato che non fosse del mio livello?”, replica sarcasticamente che in effetti ms. Adler è proprio di tutt’altro livello rispetto al re.
Ma, tornando a Fassina, è un geniaccio matematico come Moriartry, elaboratore di teorie tanto complesse che nessuno le capisce, uno che ora critica Renzi e solo a gennaio scorso, motivando le sue dimissioni dal governo Letta, aveva detto: “è naturale, direi doveroso che la nuova segreteria guidata da Renzi, che ha vinto in modo forte il congresso, segni l’agenda di governo”.
Definito dal Giornale “il Forrest Gumb” del Pd, allievo di quelVincenzo Visco chiamato “il Dracula del Fisco”, Fassina detesta i ricchi, i beni al sole, le pensioni superiori al mi­nimo e, come ha detto più volte, crede in una supertassa per risolvere il debito pubblico.
Il nomignolo che lo avvicini al personaggio di Tom Hanks gli è stato affibbiato alle Botteghe Oscure perché semina ziz­zania come respira, ad ha il genio di di­re sempre la cosa sbagliata nell’ora più infausta.
A Roma, il 14 settembre, Stefano ha riuni­to per la prima volta, e in gran segreto, una task force di giovani economisti della sua stessa fede per gettare le basi della ri­voluzione neomarxista e fare le pulci a Renzi-Sherlock, che però vigila e si consulta con il fido Berlusconi-Watson, per scongiurare le elezioni anticipate, lo stallo al CSM e far ripartire (almeno a parole) le riforme.
Ieri sera, mercoledì 17, da Mentana su La7 Fassina si è confrontato con Sacconi ed ha dovuto ammettere che, sull’articolo 18 e più in generale sulla riforma del mercato del Lavoro sta passando la linea che “legittimamente” il presidente dei senatori di Ncd, Maurizio Sacconi, porta avanti da anni e che pertanto, la vecchia sinistra, che oggi tuona e strepita contro Matteo Renzi (tanto da far dire a Roberto Benigni ospite fisso di Ballarò nuova edizione condotta da Giannini che “il Pd è oggi unico partito di opposizione”), deve riconoscere che il Pd si sta trasformando in una forza politica del riformismo socialdemocratico ed europeo.
E che nel percorso compiuto da Renzi, nel contesto di una crisi economica terribile e più lunga di una guerra mondiale, compagno di strada è il riformismo popolare, liberale, moderato, incarnato oggi dal Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano.
E anche stavolta, come capita sempre al geniale ma improvvido Moriartry, Fassina ha detto la cosa sbagliata, offrendo la vittoria a renzi e al suo governo, sposando, davanti a Mentana, e a vari milioni di italiani, le posizioni conservatrici di quella che un tempo si chiava destra, mentre chi gli sedeva di fronte, al netto di una più lunga esperienza politica, ha incarnato davvero i valori e le proposte di un’Italia che vuole cambiare le regole per tornare a crescere.
Sicché, in questo gioco di rimandi, a Sacconi spetta il ruolo dell’ispettore Lestrade, sufficientemente saggio da far fare a chi ha più dialettica, acume e cervello, ma sempre accorto a stargli affianco.
Per elevarci più in alto, la dialettica Fassina-Renzi, ricorda quella fra “volontà volente” e “volontà voluta” di Maurice Blondel, filoso di ispirazione cristiana caro a Giovanni Paolo II e ai gesuiti, secondo cui il pensiero è visto come una forma d’azione, precisamente come quella forma che serve a rendere libera l’azione stessa e per il quale permanendo il divario tra volontà e sue realizzazioni: è indispensabile il passaggio dal piano naturale a quello soprannaturale, perché le cose si realizzino.
Ed è questo che certamente ispira e sostiene Renzi che, nonostante rimproveri (europei) e declassamenti, nonostante stalli (per il CSM) e preoccupazioni (di Napolitano), crede in una folgore soprannaturale capace di far passare le sue parole in atto.

Carlo Di Stanislao

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