L’incredibile vicenda del recupero di Porta Barete, a L’Aquila. Attesa ancora decisione che la restituisca all’antico splendore

Premetto che la mia lunga storia di amministratore civico mi ha consigliato, da quando nel 2007 ho lasciato gli scranni di Palazzo Margherita, di evitare commenti e di assumere posizioni pubbliche sulle questioni che attengono l’amministrazione della città. Ragioni di opportunità e di rispetto motivano questa scelta, del tutto personale, verso chi ha la grande […]

porta barete9Premetto che la mia lunga storia di amministratore civico mi ha consigliato, da quando nel 2007 ho lasciato gli scranni di Palazzo Margherita, di evitare commenti e di assumere posizioni pubbliche sulle questioni che attengono l’amministrazione della città. Ragioni di opportunità e di rispetto motivano questa scelta, del tutto personale, verso chi ha la grande responsabilità di servire la comunità aquilana. Diversamente – questo è il mio sommesso parere – si rischia d’apparire come il grillo parlante di turno nei confronti di chi ha il peso delle scelte nell’interesse della città. E’ un atteggiamento cui mai sono venuto meno, in questi sette anni da cittadino comune, occupandomi di altri argomenti, comunque rendendo un servizio alla città, illustrandone le bellezze e le singolarità ovunque nel mondo, direttamente e attraverso la stampa. E tuttavia questa vicenda del recupero di Porta Barete, la porta principale della città rispetto alle altre dodici delle antiche mura urbiche, è talmente incredibile da farmi per una volta derogare dal riserbo. Per la preoccupazione, anzitutto, sulle conseguenze di una “non decisione”, sebbene le dichiarazioni finora espresse siano state, da parte della Municipalità, sempre favorevoli al recupero. Resta però il fatto che a tutt’oggi non c’è ancora una decisione formale, con gli atti amministrativi conseguenti

E se questa straordinaria opportunità, che la situazione post-sisma consente, si dovesse perdere, sarebbe il fallimento della speranza di veder ricostruita la città “meglio di com’era”. Proprio in un caso emblematico come Porta Barete, emerso dal 2012 all’attenzione della città e diventato occasione d’un dibattito costruttivo ed appassionato, cui hanno partecipato insigni studiosi, storici, archeologi, urbanisti, associazioni culturali e d’impegno civico (Archeoclub, Compagnia Rosso d’Aquila, Gruppo Aquilano di Azione Civica “Jemo ‘nnanzi”, Italia Nostra, Lega Ambiente Beni Culturali, Panta Rei), cittadini e la stampa, con un eccezionale movimento d’opinione favorevole al miglior recupero della Porta monumentale e dell’area adiacente. Peraltro, le argomentate osservazioni sulla migliore ricostruzione delle emergenze architettoniche dell’Aquila, ampiamente trattate da mons. Orlando Antonini nel suo volume “L’Aquila nuova negli itinerari del Nunzio”, edito nel 2012 da One Group, sono diventate occasioni di riflessione e confronti pubblici ai quali hanno preso parte personalità prestigiose nel campo dell’architettura urbana. L’insigne studioso, infatti, ha immaginato proprio per Porta Barete e per l’accesso occidentale alla città un ridisegno urbano di grande interesse e suggestione, diventato oggetto di vastissimo consenso tra i cittadini e tra le associazioni culturali, locali e nazionali, attente al recupero e alla valorizzazione del patrimonio architettonico ed artistico della città. Uno stimolo fecondo, quello di mons. Antonini, su Porta Barete e su altri numerosi casi di ricostruzione del patrimonio architettonico con il principio del “meglio di com’era”, come dimostra il suo recente documentato intervento sulle pagine del quotidiano il Centro riguardo il restauro della Basilica di Collemaggio. Un caso, quello di Porta Barete, che ha promosso la redazione di un “manifesto” culturale sottoscritto da una trentina di professori della nostra università, dichiaratisi favorevoli al recupero della Porta e dell’intero pomerio, e di altre iniziative di caratura nazionale.

Dunque, il caso di Porta Barete è davvero esemplare su come si dovrebbe condurre la quinta ricostruzione dell’Aquila, cogliendo l’opportunità di renderle il migliore volto, costituendo così un cespite rilevante per lo sviluppo turistico che trova fondamento sulla qualità estetica d’una città d’arte come L’Aquila, tra le più significative nel Paese. Ora, è pur vero che la questione di Porta Barete ha una sua relativa complessità, come naturale è per l’amministrazione civica dover mediare la soluzione migliore, tra interessi legittimi del tutto rispettabili. Ma è pure chiaro che, nel contesto delle diverse posizioni, debba sempre prevalere l’interesse generale della città. Che poi è quello di preservare e restaurare al meglio le antiche vestigia aquilane, recuperando i guasti prodotti nel 1823 con il terrapieno di Via Roma, che portò all’interramento della Porta e all’occultamento prospettico della Chiesa di Santa Croce. Gli è che, con l’abbattimento della palazzina residenziale, e con le indagini archeologiche disposte dalla Soprintendenza, Porta Barete finalmente è tornata alla luce con tutto il suo potenziale splendore, come dimostra il leone lapideo di probabile provenienza amiternina rinvenuto su un lato interno dell’antemurale. L’apposizione del vincolo sull’area di Porta Barete, da parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali, non dovrebbe essere lontana, quando il nuovo dirigente assumerà le funzioni.

Tutto quanto premesso, una decisione del Comune – peraltro invocata ed attesa da tempo – per il recupero di Porta Barete e la valorizzazione del contesto urbano adiacente alla porta e alla Chiesa di Santa Croce non è più rinviabile, anche nei confronti di quei cittadini che hanno il legittimo interesse a ricostruire la propria casa, nella composizione d’una soluzione concordata o comunque d’una soluzione conseguente la scelta della Municipalità.

Perché, se c’è una riflessione da fare, è proprio quella d’aver rilevato da un lato una favorevole attenzione al recupero della Porta e dell’area, più volte espressa dalla Municipalità atteso l’interesse generale e valutato l’ampio consenso nella città, e dall’altro l’assenza di produzione di atti conseguenti. Ora però è tempo delle scelte e degli atti amministrativi consequenziali. Questa perorazione mi sento di fare, in senso costruttivo, al Sindaco e agli altri organi decisionali del Comune. L’auspicata soluzione del recupero, del restauro e della valorizzazione di Porta Barete sarebbe il segnale, finora mancato, della prelazione della qualità nella ricostruzione della città, “meglio di com’era”. Come già nelle quattro ricostruzioni dopo i terremoti del 1315, 1349, 1461 e 1703, resta al potere civico la responsabilità “storica” di operare decisioni che connotino l’eccellenza nella ricostruzione, in termini di sicurezza antisismica e di qualità estetica. Immagino che la Municipalità non intenda perdere questa straordinaria opportunità. Ma il fattore tempo è essenziale, operate le possibili mediazioni, per una decisione che la città fortemente si attende. Anche questa è la speranza di un aquilano che per quasi trent’anni ha avuto l’onore di servire la nostra città.

Goffredo Palmerini

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Storia e annotazioni utili su Porta Barete
Porta Barete è la prima Porta d’accesso alla città. La sua costruzione risale alla fine del Duecento, dopo il 1272, nella prima fase dell’edificazione delle mura urbiche. E’ l’accesso alla città più monumentale e conserva in buono stato l’intero perimetro della struttura dell’antiporta, comprensivo di torre difensiva, nonché parte del selciato nello spazio dell’antiporta, in prossimità delle strutture del corpo di guardia. L’importanza di Porta Barete è sottolineata nelle cronache cittadine del passato, come teatro di numerosi e importanti eventi storici legati alla città, come di recente ha ben richiamato Amedeo Esposito in un suo articolo e come ha documentato la rivista D’Abruzzo nel numero Estate 2014. La porta è infatti rappresentata nel cantare quattrocentesco “La guerra dell’Aquila” contro Fortebraccio da Montone, in cui sono raffigurati gli aquilani che irridono le truppe di Braccio Fortebraccio, che assediavano la città dal maggio del 1323, proprio dinanzi la Porta Barete, prima che l’esercito di Braccio fosse sconfitto dagli Aquilani, il 2 giugno 1424, nella piana di Bazzano.

Documenti storici attestano all’interno della Porta una targa apposta dal Capitano della città, Leone di Cecco da Cascia, a ricordo del completamento delle mura civiche avvenuto nel 1316: “A. D. M. CCC. XVI. hoc opus murorum factum est tempore Leonis Cicci de Cassia”, targa non ancora rinvenuta. Attraverso Porta Barete entrarono all’Aquila Carlo Martello, Margherita D’Austria e tutti coloro che “ufficialmente” volevano accedere in città. Nel gennaio di quest’anno, a seguito di scavi successivi alla demolizione del fabbricato residenziale costruito negli anni ‘60/70 e che insisteva nello spazio dell’antiporta, a ridosso delle strutture murarie, è tornata alla luce Porta Barete. La Porta era costituita da due Porte: una antemurale, ed è quella rinvenuta dopo la demolizione, ed una arretrata, antistante una piazzaforte (occupata dall’area del palazzo demolito), che aumentava la potenzialità difensiva. La Porta “arretrata” venne interrata tra il 1823 e il 1826 per realizzare l’attuale via Roma ed è ipotizzabile che sotto il terrapieno ve ne siano ancora i resti. Dopo il rinvenimento di Porta Barete, la Soprintendenza ha bloccato il cantiere edilizio ed ha effettuato uno scavo archeologico, nel corso del quale, sul lato interno dell’antemurale, è stato riscoperto un leone in pietra calcarea, forse uno dei leoni amiternini, che probabilmente faceva il paio con un altro, a ulteriore conferma del valore monumentale dell’antico accesso.

Il ritrovamento di Porta Barete in quel sito era stato ipotizzato da mons. Antonini, Nunzio Apostolico in Serbia e studioso ed appassionato di storia aquilana, nel citato suo volume “L’Aquila nuova negli itinerari del Nunzio”.
Sulla scorta di detti studi, già prima del ritrovamento, si era avviato in città un vivace dibattito culturale sull’esistenza di Porta Barete e sull’ipotesi di recupero della stessa. Molte associazioni, locali e di caratura nazionale, quali Archeoclub, Compagnia Rosso d’Aquila, Gruppo Aquilano di Azione Civica “Jemo ‘nnanzi”, Italia Nostra, Lega Ambiente Beni Culturali e Panta Rei, si sono unite in questa battaglia culturale, chiedendo il recupero e la valorizzazione dell’intera cinta muraria di cui Porta Barete è un segmento importantissimo e nodale, secondo l’assunto: “L’Aquila dov’era, meglio di com’era”. Inoltre, più di 30 professori dell’università dell’Aquila si sono dichiarati a favore del recupero di Porta Barete e dell’intero pomerio, mettendo a disposizione le proprie professionalità al riguardo. Il grafico Antonello Buccella ha creato un render per illustrare il possibile volto del quartiere con il recupero di Santa Croce e di Porta Barete; fino ad oggi il render ha avuto 9581 visualizzazioni. Un cittadino aquilano, Francesco Zecca, nel giugno scorso ha proposto Porta Barete come “Luogo del cuore” del FAI, ottenendo ad oggi 1713 voti: http://iluoghidelcuore.it/luoghi/80894. Dal 7 agosto 2012 la stampa locale e regionale si è occupata di questa battaglia culturale con ad oggi 326 tra articoli ed interviste video. Tutto è documentato sul sito del Gruppo Aquilano di Azione Civica “Jemo ‘nnanzi”, che ha raccolto tutti gli articoli e video su Porta Barete, consultabili al seguente link: http://www.jemonnanzi.it/elenco-di-tutti-gli-articoli-su-porta-barete.html.

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