Pallonate sinistre

Napolitano continua a supportare Renzi, difende lo Job Act approvato con un vero tumulto al Senato e con rischi di profonda spaccatura in seno al Pd, affermando che è “un passo avanti” anche se molto si deve ancora fare. E’ felice anche il presidente degli industriali Squinzi, mentre l’obiettivo del governo resta quello di far […]

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Napolitano continua a supportare Renzi, difende lo Job Act approvato con un vero tumulto al Senato e con rischi di profonda spaccatura in seno al Pd, affermando che è “un passo avanti” anche se molto si deve ancora fare.
E’ felice anche il presidente degli industriali Squinzi, mentre l’obiettivo del governo resta quello di far approvare rapidamente anche alla Camera la delega sul lavoro entro novembre.
Blindato, anzi blindatissimo, ora il Jobs act è incardinato in commissione Lavoro alla Camera, dove si decideranno le audizioni e poi si procederà con la discussione.
La commissione è presieduta da Cesare Damiano, ex sindacalista Cgil, ex ministro del Lavoro (nel secondo Governo Prodi) e fiero oppositore della riforma e, fin da subito, insieme ad altri esponenti della minoranza dem tra cui la capogruppo Pd in commissione, la cuperliana Maria Luisa Gnecchi, ha annunciato battaglia a Montecitorio invocando correttivi per migliorare il ddl.
Non sono d’accordo i deputati Ncd, naturalmente, che chiedono di respingere ogni tentativo di stravolgere la riforma approvata dal Senato.
Arrabbiata con tutti è la CGL con Carla Cantone, ospite ad Agorà, che torna all’attacco e dice: “Se Renzi vuole tenere aperte le fabbriche, invece di riformare l’articolo 18 faccia finalmente una politica industriale ed aggiunge, rivolta alla minoranza Pd: “Devono mettersi d’accordo con se stessi. Non puoi dire che non sei assolutamente d’accordo con le scelte del governo e poi dichiarare di votare la fiducia. Non è coerente. Allora è meglio stare zitti, che si fa una figura migliore”.
Renzi ostenta sicurezza e non tentenna e certo il redde rationomen è di là da venire, ma quando il fuoco cova sotto la cenere, non si può costruire niente di buono e il patatrac può accadere da un momento all’altro.
Ora il premier che vuole ancora rottamare, annuncia a “Virus” traccia una nuova, cruciale scadenza nel suo cronoprogramma, puntando l’attenzione sul fisco e, parlando con l’Economist, precisa la tempistica lanciando una nuova deadline: le riforme vanno concluse entro i prossimi 6 mesi per poi poter parlare con franchezza in Europa.
Insomma la strategia è sempre quello: proclami e rilanci, mentre anche gli studenti scendono in piazza, contro la “buonascuola del governo, la “precarietà permanente” e lo Sblocca Italia, ma anche, come recitano alcuni striscioni, contro “scuole azienda, privatizzazioni, presidi sceriffi, classi pollaio, scuole fatiscenti”, con oltre cento cortei da Roma a Milano, da Palermo a Bologna, manifestando all’insegna dell’hashtag : “La Grande Bellezza siamo noi”, che parafrasa il titolo del film premo Oscar di Paolo Sorrentino.
E, sempre contro lo Sblocca Italia, esce un libro dal titolo chiarissimo: ““Rottama Italia”, dove sedici firme (tra cui lo storico dell’arte Tomaso Montanari, curatore, l’ex ministro Massimo Bray, l’urbanista Paolo Berdini, l’archeologo Salvatore Settis e il fondatore di Slow food Carlo Petrini) e il vignettista Sergio Staino, indagano il decreto, visto come “un pesante contributo alla devastazione del paesaggio, e un regalo alle lobby.
Il Paese che Renzi racconta quando va all’estero a caccia di  investitori e di credibilità», ha detto Petrini: “è il Paese fondato sulla bellezza dei paesaggi, sulla diversità dei territori, sulla ricchezza di un patrimonio culturale, che si fondano in larghissima parte nella storia straordinaria, unica e irripetibile della nostra agricoltura e della nostra alimentazione”.
Ma nella realtà nello Sblocca Italia non vi è traccia di zero consumo di suolo, né c’è traccia, stranamente, di ciò che ci chiede l’Europa, con l’obbiettivo, entro il 2050, di una occupazione di terreno pari a zero.
Sono sempre più numerosi coloro i quali, dopo aver sperato in lui, ora dicono che Renzi vive una bias abissale fra quantità di annunci e di risultati, continuando ad essere realmente attivo sul piano della produzione di slogan ed illusioni.
Non è un caso, io credo, che trovando del tempo fra vertici internazionali e incontri interni e presenze in tv, Renzi, Renzi ha fatto visita alla nazionale italiana femminile impegnata nella terza fase del Campionato Mondiale Femminile – Italy 2014.
Anche loro vinceranno che tireranno la palla più in alto.
Lo scorso 4 ottobre , Pippo Civati, avversario di Matteo Renzi alle primarie per la segreteria del Pd e che ora molti danno con un piede fuori da largo del Nazareno, ha dichiarato secco: “E’ la piazza dell’Ulivo di Romano Prodi, quella del ’96, io ero ragazzino, è la piazza del centrosinistra che qualcuno sta prendendo a pallonate”.
La frase pronunciata a Roma, in piazza Santi Apostoli , durante la manifestazione per il lavoro e contro l’austerità, conil leader della Fiom Maurizio Landini e la sortita del senatore Dem Corradino Mineo, per ribadire che oggi una sinistra non c’è, non esiste, perchè la sinistra non è nata per difendere i privilegi dei dominatori, ma per garantire diritti e tutele a coloro che erano in basso nella gerarchia della società.
Pochi giorni fa, sul Finantial Time, Wolfgang Munchau aveva lanciato l’allarme: “Il fardello del debito italiano è un problema per tutti noi ed aggiungo che il Paese non ha strumenti per uscire dalla “trappola”, perché Matteo Renzi “ha promesso riforme radicali ma non ha ancora realizzato nulla” ed è “ingenuo pensare che l’economia ripartirà miracolosamente quando le imprese potranno licenziare il personale”. Unica speranza è l’acquisto di titoli da parte della Bce di Mario Draghi, sperando che Francoforte arrivi a comperare non solo Asset backed securities e covered bonds, come annunciato il 4 settembre, ma anche altri tipi di strumenti finanziari:  per esempio “bond del Meccanismo europeo di stabilità (il cosiddetto fondo salva-Stati, e della Banca europea degli investimenti”, per poi usare la Bei per lanciare un grande programma di emissione di titoli per finanziare infrastrutture, in modo che, per noi, parte di questi interventi si trasmetta all’economia reale.
Comunque, siccome l’ammontare del nostro debito è tale da minacciare l’intera Eurozona, al di là degli annunci di Renzi, qualcosa di concreto dovrebbe essere fatto e senza bisogno di fustigare chi lavoro, tartassare chi le paga già le tasse e promettere ai giovani un lavoro che non avrà.
Il quarantenne gesuita Gaël Giraud, che prima di diventare gesuita ha studiato da economista nelle alte scuole parigine (Normale e Polytechni que) e che Le Monde, nel 2009, ha premiato come migliore giovane economista, ha recentemente dichiarato che un altro grande problema, superiore a quello del debito pubblico, sono le grandi banche d’Europa: Paribas in Francia, Deutsche Bank in Germania, Montepaschi in Italia, vere e proprie bombe a scoppio ritardato per le economie dei loro paesi e per l’Ue e che bisogna separare l’attività di credito da quella di affari e se quest’ultima fallisce lo Stato non deve sentirsi obbligato a compiere costosi salvataggi per proteggere i depositi dei risparmiatori.
Ed ha aggiunto, come fra l’altro sosteneva Andreotti, che sono sempre le banche a tenere in scacco e manovrare i politici e che non è mai stato il contrario, aggiungendo infine che l’austerità nei bilanci non è assolutamente la priorità, perché se tutti rientrano dal debito contemporaneamente, il debito reale – debito meno inflazione – aumenta.
Ed ha fatto l’esempio della Grecia, che è stata uccisa spaccando la società, per cui ci vorrà almeno una generazione per ricostruirla, mentre il suo debito continua ad aumentare.

Carlo Di Stanislao

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