Schifo

Crollano tutte le borse Europee, con Atene che scende del 10%, tanto da far temere nuove elezioni. Non vanno bene le cose in Italia, con caduta anche di Eni e mercato dei titoli di Stato che registra una risalita del differenziale di rendimento tra Bund e BTp. Intanto, secondo l’appena pubblicato Indice di Corruzione, arrivato […]

ECONOMIA: CRISI A CIPROCrollano tutte le borse Europee, con Atene che scende del 10%, tanto da far temere nuove elezioni. Non vanno bene le cose in Italia, con caduta anche di Eni e mercato dei titoli di Stato che registra una risalita del differenziale di rendimento tra Bund e BTp.
Intanto, secondo l’appena pubblicato Indice di Corruzione, arrivato alla ventesima edizione, siamo, anche prima del caso “Mafia Capitale”, il Paese più corrotto d’Europa, insieme a Bulgaria, Grecia e Romania e nella classifica mondiale ci collochiamo al 69esimo posto, molto più in basso dagli altri membri del G8
Ma la cosa più preoccupante è che, secondo i dati del barometro globale della corruzione 2013, solo il 56% degli italiani è disposto a segnalare un episodio di corruzione, rispetto alla media globale del 69% e questo per paura, sfiducia e per la convinzione che nulla può cambiare.
Ha un bel parlare Renzi di una Italia con cauti segni di ripresa, il declassamento a livello di spazzatura (BBB-) di S&P e la richiesta della Merkel (come per la Francia) di sforzi aggiuntivi per 6,5 miliardi, ci dicono che le cose restano ferme alle sole promesse e sono ben lungi anche solo dall’essere avviate.
Significativo è il fatto, ricordato da Repubblica, che nell’Italia in cui le promesse non solo non vengono mantenute, ma completamente ribaltate, accada anche questo: mentre nella legge Stabilità si mettono a bilancio i desideri (“recupero evasione fiscale” da 3,8 miliardi di euro), ecco che nel decreto sull’abuso di diritto arrivano notizie che faranno felici i soliti noti. Si tratta del quarto provvedimento alla delega fiscale dopo accise sui tabacchi, riforma del catasto e dichiarazione precompilata, nato teoricamente per tracciare una linea, fin qui poco marcata, tra condotte lecite e illecite e rideterminare le sanzioni, ma che in realtà va in senso contrario.
Secondo il Sole 24 Ore, tale improvvido provvedimento va a braccetto con quella sanatoria fiscale che viene chiamata voluntary disclosure, che punta a recuperare il denaro detenuto all’estero dagli italiani in cambio di un colpo di spugna sulla punibilità dei reati tributari. Ci si augurava che fosse solo un modo per fare cassa, a cui sarebbe seguita una riforma del fisco volta a punire i comportamenti scorretti, in modo tale da non rendere più vantaggioso eludere il fisco. Niente da fare, il verso è sempre lo stesso e non viene cambiato neanche sul fisco. Del resto hanno inserito la non punibilità anche sull’autoriciclaggio per “le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”.
Ma, come ironicamente scrive Repubblica, è forse questo che Renzi intendeva per “fisco amico”.
C’è poi il problema della giustizia con riforma sempre annunciata e di fatto rinviata, che grava sugli investimenti stranieri, assieme alla corruzione, secondo calcoli molto precisi, per un 10% di Pil ogni anno.
Il Tempo, che al tema ha dedicato un inchiesta, rileva che il 70 per cento delle prescrizioni dichiarate negli ultimi dieci anni (circa 1 milione e mezzo di casi) è avvenuto nella fase preliminare delle indagini ed i dati sono certi poiché li ha forniti il viceministro di giustizia Costa a un convegno delle Camere penali italiane ed è stato anche ampiamente ritrasmesso da radio radicale anche in replica. Altro perciò che abolire l’appello o ridurre il ricorso per Cassazione a un hobby per filatelici, come vorrebbe quell’ala di giuristi para giustizialisti che ha il proprio leader nel pm calabrese Nicola Gratteri, coraggioso magistrato anti ‘ndrangheta pluricitato da Roberto Saviano.
La colpa delle prescrizioni, in pratica, sta tutta nella obbligatorietà (a discrezione del singolo pm) dell’azione penale e nella totale arbitrarietà con cui è gestito il regime delle iscrizioni a registro indagati, come si è visto, ad esempio, nella polemica tra Robledo e Bruti Liberati a Milano, a proposito dell’esposto dei radicali sulle firme false a sostegno della lista pro Formigoni.
Ora, si chiedono Dimitri Bufa, il sottoscritto e milioni di italiani, con quale onestà intellettuale di fronte a questi dati si chiede l’abolizione dell’appello o la limitazione estrema dei ricorsi per Cassazione?
Renzi difende Poletti e Marino e non vuole un commissariamento per Roma, reclamato da 5 Stelle ed auspica, invece, una giustizia rapida (sic) e che rimetta a posto le cose.
Intanto spunta un sostegno sospetto alla campagna per Marino di 30.000 da parte del primo indagato e capofila del losco affare romano e Antonio Pennacchi, scrittore, e uomo di cultura, inventore del termine “fasciocomunista” (titolo del memorabile romanzo del 2003), non vuole parlare di destra e sinistra, poiché lui è da sempre sul confine dei due schieramenti, dice che tale confine è oggi sempre più esiguo ed avverte che la gente populista come Salvini, che ignora che l’uomo è migrante per natura, non è solo ignorante e dovrebbe molto studiare, ma anche estremamente pericolosa.
L’inchiesta scattata, o meglio resa nota, il 2 dicembre scorso, quella chiamata “Mafia Capitale”, ma denominata dai Carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza “Mondo Di Mezzo”, ha messo in evidenza un intreccio di stampo mafioso, che ha portato a 37 arresti, di cui 8 ai domiciliari, e al sequestro di beni per 200 milioni di euro.
In pochi giorni le cose sono peggiorate e la corruzione ha assunto dimensioni più ampie e metastatiche, scoperchiando un calderone fatto di reticenze, accordi sotto banco e lotta per il potere, che, al solito, ha subito aperto nel mondo politico e tra gli addetti ai lavori una riflessione su quali possano essere gli argini per frenare il malaffare che in maniera preponderante emerge e ottiene le prime pagine dei giornali ogni qualvolta la magistratura inquirente riesce a mettere insieme, tra mille difficoltà, i tasselli per costruire un impianto accusatorio, come dimostrano anche solo le recenti inchieste su Expo2015 e Mose; con l’opinione pubblica che torna chiedersi, secondo copione, come mai, oltre vent’anni dopo Tangentopoli, nel nostro Paese parte della classe politica, un sistema di mafiosità diffusa e la corruzione imprenditoriale riescano a tessere tele così fitte e a creare sistemi di  potere parallelo così congegnati.
Basterebbe sentire le parole di Claudio Bolla, tra i soci della cooperativa 29 Giugno e stretto collaboratore di Salvatore Buzzi, il re delle coop romane finito in carcere, alla trasmissione “Piazza Pulita” per rendersi conto di come in realtà non esista un sistema di potere parallelo, ma un continuo tentativo di ‘infiltrare’ partiti e istituzioni in un certo senso approfittando anche di un vulnus creato dalle recenti modifiche al sistema di finanziamento pubblico ai partiti.
Il fatto che l’80% delle transazioni in Italia continua a farsi con il contante, il fatto che di riforma giudiziara si parli solo come argomento nei salotti “buoni ed intelligenti”, la dice lunga sulla classe politica che ci amministra e che vuole il permanere di una fitta nebbia in una palude in cui ha trovato il suo pabulum migliore.
“Qualcuno, per favore, avverta Renzi che non è il capo dell’opposizione, ma del governo e della maggioranza. E che il Pd beccato con le mani nel sacco di Roma lo dirige lui da un anno“, scrive Marco Travaglio su ‘Il Fatto Quotidiano’ come commento di alcune frasi del premier e segretario all’assemblea dei Giovani Democratici; per poi sottolineare che: “ “Quando dice schifo, egli parla di se stesso e del suo partito, non dei gufi che stanno fuori.”, in quanto: “la responsabilità politica e morale è sua e dovrebbe scusarsi con gli italiani per non aver saputo bonificare per tempo il Pd, imbarcando tutto il vecchio establishment in barba alla rottamazione. Che, com’è ormai noto, è una truffa: perché non ha mandato a casa i pezzi più vecchi, più sporchi e più compromessi del partito, ma solo quelli che non si sono genuflessi al renzismo dominante”.

Non è andato nella Liguria alluvionata né da noi Renzi, perché lui ama solo i tappeti rossi e gli applausi e in questi luoghi di battute di mano, sorrisi e pacche sulle spalle ve ne sarebbero state poche.
E pensare che a settembre, non andando a Cernobio, mandando all’aria il galateo fra politica e mondo della economia, aveva detto che il renzismo è un rapporto direttocol popolo e con i suoi problemi.
Questo il suo procedere, almeno a parole, quando a disertato in successione prima il meeting di Rimini, poi l’assemblea nazionale della Confindustria a Roma, mentre non è mancato all’appuntamento di San Rossore, con i boy scout lì radunati e ha conservato il filo rosso col popolo, ma tramite twitter, sul nuovo sito aperto dal governo per illustrare il programma dei cento giorni ai cittadini, dove da tre mesi ripete (senza darne però le prove) che “l’Italia può farcela”.

Carlo di Stanislao

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