Medio Oriente: Natale segnato da paura e sangue

  Nel quartiere cristiano di Ainkawa a Erbil, il Natale è segnato dalle tende di plastica blu e bianche delle Nazioni Unite. Ormai sono le uniche case delle migliaia di famiglie di caldei cattolici che, per generazioni, hanno abitato questo lembo di Iraq. Prima dell’invasione degli Stati Uniti nel 2003, inizio di un conflitto settario […]

 

A Kurdish refugee child from the Syrian town of Kobani walks in the rain in a camp in the southeastern town of SurucNel quartiere cristiano di Ainkawa a Erbil, il Natale è segnato dalle tende di plastica blu e bianche delle Nazioni Unite. Ormai sono le uniche case delle migliaia di famiglie di caldei cattolici che, per generazioni, hanno abitato questo lembo di Iraq. Prima dell’invasione degli Stati Uniti nel 2003, inizio di un conflitto settario che, feroce, continua ancora oggi, nelle montagne irachene vivevano un milione di cristiani. Oggi  ne rimangono appena 250.000.

La comunità cristiana di Baghdad è stata totalmente annientata e la maggior parte dei cristiani scampati agli abusi, ai rapimenti e alle violenze, si è rifugiata nel nord dell’Iraq, a Mosul, e nella regione di Nineveh, nei villaggi di Quaraqosh, al-Qosh e Telkeff. E qui ha inizio una nuova lotta impari con i jihadisti dello Stato Islamico. I cristiani del quartiere di Karakus, a Mosul, hanno lasciato l’Iraq con i soli vestiti che avevano indosso.

La persecuzione delle minoranze religiose è stata il tratto distintivo dei combattenti dell’ISIS, che continuano l’avanzata senza sosta sui 100mila chilometri quadrati da Aleppo, a nord della Siria, alla regione di Diyala, nell’est dell’Iraq. Distrutte, incendiate e saccheggiate tutte le chiese. Parlare di Natale e di cristianesimo è proibito. Solo 100.000 cristiani hanno trovato rifugio nel Kurdistan iracheno.

In Siria rapimenti, torture, uccisioni di massa e decapitazioni tormentano da più di tre anni le vite delle minoranze religiose. Almeno 200.000 cristiani sono fuggiti dal conflitto interno siriano e oggi come profughi occupano tende o rifugi governativi, nei paesi limitrofi. Chi è rimasto in terra siriana, dove in passato vivevano più di 2 milioni di cristiani, ha trovato un riparo ad al-Hasakah, a nordest.

I cristiani del quartiere di Hamidiyeh, nella città di Homs assediata per più di due anni, questo Natale sono tornati a decorare strade, porte e balconi distrutti. In Majla Square, gli anziani del quartiere hanno costruito un presepe di macerie. Nell’Aleppo senza acqua, elettricità e gas si è celebrata la tradizionale messa di mezzanotte. Semplici preghiere di pace nella cattedrale Mariamita di Damasco.

Con poche ore di elettricità al giorno, luci di Natale spente adornano la Striscia di Gaza. Gli attacchi dell’esercito israeliano restano come un’ombra nei giorni duri degli abitanti di Gaza. Quest’anno, almeno 500 cristiani della Striscia hanno ottenuto il permesso di entrare in Cisgiordania. Hanno attraversato Erez soltanto i palestinesi di età inferiore ai 16 anni e superiore ai 35, per passare la notte di Natale a Betlemme. Una magra consolazione per i circa 1500 cristiani che abitano Gaza e sono costretti a vivere sotto il pesante assedio di Israele dal 2006.

Nel cuore di Gaza City alcune vetrine sono addobbate con rami di pino. L’operazione Margine Protettivo, portata avanti per 50 giorni dal governo di Tel Aviv, che ha fatto crollare la Striscia quest’estate, ha ucciso centinaia di cristiani e distrutto le loro case. Le famiglie rimaste preparano un piccolo albero con candele rosse e verdi per i bambini.

Federica Iezzi – Nena News

 

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