Gaza: nuova alba o prossima guerra inutile?

Foto di Alessio Romenzi scattata per conto del Time lo scorso luglio in una scuola di Jabaliya Il periodo elettorale è arrivato, il che significa che i migliori creativi e organizzatori di campagna elettorale si stanno probabilmente radunando con gli eletti nelle sale di riunione per proporre un messaggio conciso e chiaro ai cittadini israeliani […]

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Foto di Alessio Romenzi scattata per conto del Time lo scorso luglio in una scuola di Jabaliya

Il periodo elettorale è arrivato, il che significa che i migliori creativi e organizzatori di campagna elettorale si stanno probabilmente radunando con gli eletti nelle sale di riunione per proporre un messaggio conciso e chiaro ai cittadini israeliani – che li convinca a votare per i rappresentanti eletti, sempre i soliti, e per il luminoso futuro che essi promettono. I politici e i loro esperti in pubbliche relazioni sanno che ci sono alcune formule che funzionano a meraviglia in queste situazioni. La tattica della paura va sempre bene visto che, dopo tutto, questo è una “zona turbolenta” e la complessa realtà che ci circonda funziona sempre a favore dei politici. Non meno importante è continuare a proporre lo stesso messaggio che l’opinione pubblica si aspetta di sentire, senza inserire statistiche originali che la obblighino a riesaminare quelle che è abituata ad ascoltare.

In altre parole, dopo le nove operazioni militari negli ultimi 14 anni contro Hamas nella Striscia di Gaza (Arcobaleno, Giorni di penitenza, Prime piogge, Attacco illuminante, Piogge d’estate, Inverno caldo, Piombo fuso, Pilastro di difesa, Margine protettivo) – operazioni che hanno dimostrato, una dopo l’altra, che, nonostante migliaia di morti e danni indescrivibili, non c’è una soluzione militare al lancio di razzi – i dirigenti israeliani stanno ora promettendoci una nuova alba e stanno preparando il terreno per la prossima guerra inutile.

A destra è il primo ministro Benjamin Netanyahu che capisce le qualità uniche della paura. Recentemente ce l’ha ricordata utilizzando la parola magica: “Hamas”. Una settimana fa, in un incontro riservato con membri del suo partito, il Likud, Netanyahu ha detto che Isaac “Buji” Herzog del partito laburista e Tzipi Livni [che hanno formato la coalizione di centro sinistra “Campo sionista”, avversario di Netanyahu. N.d.tr.] non sono in grado di governare il paese, usando il proprio pugno di ferro contro Hamas come esempio.

“Se saranno eletti, chi si occuperà di Hamas e dello Stato Islamico?” ha chiesto Netanyahu alla folla ridacchiante. “ Chi se ne occuperà? Buji? Tzipi?” La combinazione “Buji-Livni”, che suona goffa se sovrapposta a quelle “spaventose” parole arabe, è rapidamente diventata il coniglio che Netanyahu tira fuori dal cappello in ogni occasione. Netanyahu ha ripetuto il mantra proprio due giorni fa alla festa per il lancio della campagna elettorale del Likud. “Vi voglio solo chiedere se Buji e Tzipi garantiranno la sicurezza dei cittadini di Israele.” Ha lasciato che la folla inveisse, prima di zittirla con un’altra domanda: “Buji e Tzipi terranno testa ad Hamas? A Hezbollah? All’Iran?”

L’uso di Hamas come un eterno e immutabile nemico, ignorando le opportunità fornite da un governo di unità palestinese – accettato sia dai leader di Fatah che di Hamas – rimarrà probabilmente la principale componente della campagna elettorale di Netanyahu. Egli prometterà agli israeliani, anche se implicitamente, più guerra e più morti, pur sapendo che ciò non porterà mai a garantire la sicurezza di Israele.

Rifugiati a Gaza City durante l'attacco israeliano della scorsa estate (Foto: AFP)

L’opposizione che combatte

E’ interessante, allora, vedere in quale direzione i rivali di Netanyahu nel “Campo sionista” di Livni ed Herzog stanno spingendo. Nel primo giorno di campagna elettorale i due sono andati al Sud, dove hanno fatto un tour nelle città che circondano la Striscia di Gaza, lasciando intendere che anche loro hanno qualcosa da dire a proposito della sicurezza, per non parlare di Hamas. Là, sui confini con Gaza, il duo ha duramente criticato la condotta del primo ministro durante l’ultima guerra, nella quale più di 2.000 palestinesi e più di 70 soldati israeliani sono stati uccisi in sole cinque settimane.

“L’operazione ‘Margine protettivo” ha ottenuto la deterrenza e la sicurezza “ ha detto Livni,”ma il vero test sarà a lungo termine.” Allora ha evidenziato la differenza tra la posizione del suo partito e quella di Netanyahu quando si tratta della condotta nei confronti di Hamas: ”Il primo ministro ha scritto libri magnifici su come lottare contro il terrorismo, ma alla fine lui è quello che parla e negozia con loro. Sfortunatamente Netanyahu non fa differenza tra un fronte militare ed uno politico, ed è debole nei confronti del terrorismo.” Proseguendo, Livni ha presentato la politica, sua e di Herzog, per la sicurezza. Secondo Livni, “Hamas è un’organizzazione terroristica e non ci sono speranze di fare una pace con lei…l’unico modo di agire contro di lei è con la forza – dobbiamo usare la forza militare contro il terrorismo…e invece la politica di Netanyahu è arrivare ad un accordo con Hamas.” Herzog si è affrettato ad appoggiare la posizione di Livni, che ha accusato Netanyahu di essere sostenitore di una pace di compromesso, aggiungendo che “non ci può essere un compromesso con il terrorismo.”

E’ interessante notare che persino partiti nuovi, che avrebbero interesse a massimizzare le proprie chances elettorali, si precipitano a usare la sempre utile parola “Hamas”, tutto ciò mentre sottolineano al loro elettorato di non averli dimenticati – che anche loro promettono la stessa strada che ha portato a vittime, morte, uccisioni e sangue. Eli Yishai, capo del nuovo partito “Ha’am Itanu” [“La nazione è con noi”. N.d.tr.] ed ex membro dello Shas [partito religioso della comunità sefardita, molto presente nel Sud di Israele. N.d.tr.], ha fatto una mossa originale ed ha iniziato la sua campagna elettorale a Sderot, colpita dai razzi. Lì ha promesso un diverso futuro per i bambini del posto.

“Prometto di impedire la cessione di territori,” ha detto Yishai, che in precedenza aveva promesso di “bloccare la liberazione di assassini.” Ma non prima di arrivare alla frase chiave del suo discorso:”Ho creato un partito per prendermi cura di voi…dei cittadini di Israele. Per voi, cari cittadini di Sderot, che vivete in una realtà in cui l’organizzazione terrorista Hamas conduce esperimenti su di voi con lancio di razzi sulle vostre teste e nessuno fa niente per fermarli.” Yishai si è guadagnato un forte applauso. Qui, hanno detto, abbiamo finalmente trovato un vero leader che esige il pugno di ferro contro la Striscia di Gaza.

E, come se non bastasse, persino la campagna di Yair Lapid [leader di “Yesh Atid”, “C’è un futuro”, partito nato dalle proteste contro la situazione economica e sociale, considerato di centro sinistra e contrario all’aumento delle spese militari. N.d.tr.] sembra stranamente simile a quella di Livni, Herzog e Yishai nel garantire che gli israeliani possano scegliere tra una cattiva soluzione e l’altra. Lapid, pensa e ripensa su chi dovrebbe reclutare nel suo partito, alla fine lo ha trovato. Ovviamente ha scelto Haim Yalin, presidente del consiglio regionale di Ashkol, nel sud di Israele. Chi ha detto che nessuno sostiene il Sud? Persino Lapid ha capito che per essere eletto avrà bisogno di abbracciare i residenti del Sud e naturalmente gli ha promesso la stessa politica fallimentare che non garantirà mai a loro di vivere in sicurezza. “C’è qualche dubbio che a un certo punto Hamas tornerà a sparare con i mortai sulle città che circondano la Striscia?” ha chiesto Lapid, che ha immediatamente promesso che smilitarizzerà la Striscia e che lui, solo lui, combatterà contro Hamas, che a suo parere è “un’organizzazione islamista, terroristica della peggior specie.”

Il funerale di Mohammed Mnassrah, 3 anni, ucciso nel campo profughi di Maghazi a Gaza il 10 luglio 2014. insieme ai genitori e al fratello di un anno (Foto: AP/Hatem Moussa)

Un’alternativa non militare?

Di fronte a tutte queste voci diverse-simili-uguali, è sbalorditivo ascoltare le parole del nuovo comandante della divisione “Gaza”, il generale di brigata Itay Virov, che ha preso il comando subito dopo l’operazione “Margine protettivo”. Non posso credere a quello che sto scrivendo, ma sono sbalordito nel vedere che questa organizzazione [l’esercito israeliano], il cui fondamentale scopo è di combattere ed è direttamente responsabile delle morti a Gaza, sta cercando di mostrare agli israeliani che bisogna smettere di pensare in modo schematico – utilizzando mantra come “il potere fa il diritto” e “continuiamo a tentare la stessa soluzione che ha fallito finora”.

Recentemente Virov ha parlato agli abitanti dell’area di Gaza, aprendo le sue osservazioni con un’ affermazione piuttosto drastica. A dispetto della superficialità di Netanyahu e dei suoi rivali, Virov non crede che Hamas sia lo Stato Islamico e che lo Stato Islamico sia Hamas. Nel Sinai, secondo Virov, ci sono sviluppi connessi con l’ISIS [lo Stato Islamico], ma non è la situazione di Gaza. Ha anche detto che il fatto che Israele non abbia rovesciato Hamas è una buona cosa, “in quanto il caos nella Striscia porterebbe a una situazione più difficile e complessa di prima della guerra.”

Virov ha continuato parlando della deterrenza israeliana, che Netanyahu, Livni, Herzog, Yishai, Lapid, Liberman [leader del partito di destra ultranazionalista “Yisrael Beytenu” e attuale ministro degli Esteri] e Bennett [leader del partito “La Casa Ebraica”, dell’ultradestra religiosa dei coloni, ed attuale ministro dell’Economia] avrebbero di certo orgogliosamente appoggiato. Ma secondo Virov, “possiamo vedere il quartiere Shuja’iyya di Gaza e capire che pensare di dissuadere chiunque lì è pretenzioso, per non dire arrogante. Cosa avrebbe da perdere un abitante di Shuja’iyya dopo una simile guerra? Come potrebbe andargli ancora peggio?”

Virov ha continuato affermando che non c’è un modo efficace per bloccare Hamas a Gaza. Al contrario dei dirigenti israeliani, non racconta frottole ai residenti del Sud un minuto prima delle elezioni. Invece ha semplicemente detto:”Da cosa dovrebbero essere dissuasi i residenti di Gaza? Come potrebbe andargli peggio? Se non possiamo spaventarli in modo che ci pensino due volte prima di intraprendere la prossima guerra, ricordando anche quella precedente, che senso ha innanzitutto questa guerra?”

“Gaza è un’enorme tragedia”, ha detto l’ufficiale. “ Non ci sono riserve di risorse. Non c’è niente. Ciò rende la faccenda ancora più complicata. Se non c’è potere di deterrenza – e lo sto dicendo il più sinceramente possibile – la prossima non sarà una guerra di deterrenza.”

E’ incredibile che nel 2015 un generale di brigata dell’IDF [l’esercito israeliano], che veste l’uniforme e porta un’arma sembri il Mahatma Gandhi paragonato ai politici della destra e del centro-sinistra. Loro, i signori della guerra, dicono ai cittadini di Israele di non preoccuparsi, perché votare per loro significa che le cose andranno ancora una volta male. Promettono che ci sarà un’altra guerra. Nessun problema– promettono di ripetere tutti gli errori del passato. Promettono di non pensare fuori dagli schemi, di non prendersi responsabilità, di non chiedere scusa per gli errori che hanno fatto e per le opportunità che hanno perso. Promettono di non ripensare la politica israeliana o cercare un accordo con i palestinesi, per esempio dichiarando che parleranno con la dirigenza palestinese considerata come legittima agli occhi dell’opinione pubblica palestinese. Senza precondizioni o cliché.

E’ tempo di capire, nonostante il ritardo e l’immenso danno che i dirigenti israeliani hanno causato ai loro cittadini, che Hamas non è un’organizzazione che verrà rovesciata da un giorno all’altro. Molto è stato scritto riguardo al fatto che Hamas è parte della vita politica palestinese, al fatto che era un’organizzazione di base o che si rafforza ogni volta che Israele si lancia in una nuova avventura militare senza speranza. Il primo leader che oserà dirlo sarà visto come irrilevante e antipatriottico. I leader che continueranno a condurre le loro campagne elettorali basandole sulle fallaci promesse militari del passato – continueranno a causare un disastro per tutti noi.

Yonatan Mendel +972-Nena News

(traduzione di Amedeo Rossi)

Yonatan Mendel è il responsabile dell’Unità mediterranea presso l’Istituto Van Leer di Gerusalemme [centro studi e discussione di eccellenza interdisciplinare. N.d.tr.] e co-editore della sezione delle recensioni del Journal of Levantine Studies (JLS) [rivista accademica semestrale interdisciplinare di studi critici, edita on line in inglese dall’istituto Van Leer. N.d.tr.]. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sulla pagina in ebraico di +972.

 

 

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