‘ndrangheta calabrese nei meandri della politica australiana

Il made in Italy spopola nel mondo, ma non si parla solo però di prodotti alimentari,  moda o design. Anche la criminalità organizzata del nostro Paese starebbe prendendo sempre più piede anche in “mercati” apparentemente lontani e per questo, almeno teoricamente al riparo. Un’inchiesta dei media australiani Fairfax e Abc Corners, che verrà trasmessa nella […]

Il made in Italy spopola nel mondo, ma non si parla solo però di prodotti alimentari,  moda o design. Anche la criminalità organizzata del nostro Paese starebbe prendendo sempre più piede anche in “mercati” apparentemente lontani e per questo, almeno teoricamente al riparo. Un’inchiesta dei media australiani Fairfax e Abc Corners, che verrà trasmessa nella serata australiana, quindi intorno alle 12.30 italiane, rivela come la ‘ndrangheta calabrese sarebbe riuscita a penetrare nella politica dell’Australia, mediante la corruzione di politici a livello federale e statale, sfruttando le falle del sistema di raccolta fondi per il foraggiamento dell’attività politica.

Secondo il reporter Nick McKenzie, autore dell’inchiesta recatosi anche in Calabria, alla ricerca dei parenti dei boss australiani e di informazioni da parte dei magistrati, gli affiliati alle ndrine del suo Paese, ricorrono agli stessi strumenti utilizzati dai clan tradizionali italiani: “Il gruppo opera ricorrendo alle minacce e alla violenza sia in attività economiche lecite, come il commercio di frutta e ortaggi, sia in quello illegale della droga”. L’inchiesta ha scoperchiato il calderone su legami tra “riconosciuti e sospetti criminali” appartenenti alla ‘ndrangheta e politici di primo piano. Addirittura un uomo “direttamente legato alla mafia (calabrese)” avrebbe incontrato l’allora primo ministro australiano (1996-2007), John Howard ed altri leader di partito ad eventi di raccolta fondi per il Partito Liberale nei primi anni 2000.

Nulla, pero’, lascerebbe credere che l’allora premier fosse a conoscenza, sottolinea McKenzie, della reale identità del suo interlocutore all’epoca dei fatti. Politici di entrambi i due importanti partiti australiani, laburisti e liberali, sono stati oggetto di pressioni da donatori legati alla ‘ndrangheta per favorire i loro affari, legali o illegali che fossero. Secondo un rapporto della polizia del 2013 la mafia calabrese ha usato un numero di finanziatori ben conosciuti di partiti politici “che hanno offerto la loro immagine pubblica e del tutto legale” per coprire la reale natura della loro opera.

Gli inquirenti hanno scoperto che il figlio “di un sospetto boss mafioso”, un religioso, visse un’esperienza di lavoro all’ambasciata australiana a Roma, quando capo della legazione era l’ex esponente Liberale Amanda Vanstone. Ciò nonostante le autorità italiane avessero condiviso con l’ambasciata le informazioni che avevano sul boss. La stessa politica, quando era ministro dell’Immigrazione nel governo Howard, si adoperò per far “ottenere un visto per un boss più tardi arrestato per traffico di droga ed implicato in un assassinio. L’uomo è il fratello di un uomo d’affari conosciuto di Melbourne, con una storia criminale nota in Italia e nel 2005 ottenne il visto per l’Australia per ragioni umanitario”.

 

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