Media tradizionali: in cinque anni ricavi in picchiata

Negli ultimi cinque anni in Italia si è registrata una progressiva riduzione dei ricavi nel settore dell’informazione: i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, con una riduzione pari al 16% nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani. Ed è un effetto della digitalizzazione […]

Negli ultimi cinque anni in Italia si è registrata una progressiva riduzione dei ricavi nel settore dell’informazione: i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, con una riduzione pari al 16% nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani. Ed è un effetto della digitalizzazione sull’editoria. Lo dice l’Autorità garante nelle comunicazioni nella sua relazione annuale al Parlamento, illustrata oggi dal presidente Angelo Marcello Cardani nella Sala della Regina di Montecitorio. Viene sottolineato che a fronte delle opportunità offerte al sistema delle comunicazioni elettroniche dai nuovi bisogni e dalle nuove modalità di consumo, la digitalizzazione ha effetti in controtendenza sulla domanda di servizi tradizionali di comunicazione e informazione, primi tra tutti i prodotti editoriali e i servizi postali.

Per Cardani, il fenomeno, generalizzato a livello internazionale, richiede “un’attenzione specifica a livello nazionale, trattandosi di servizi che perseguono obiettivi di interesse pubblico e sociale”. A questi settori è richiesto, più di altri mercati di competenza dell’Autorità, “un cambiamento capace di rispondere ai nuovi modelli di domanda nell’ambito delle specificità territoriali”. Distinguendo tra media classici, la televisione, anche grazie alla sua funzione di intrattenimento, mantiene comunque una posizione importante, i quotidiani soffrono di un declino strutturale. In questo settore – dice Cardani – “è necessario un radicale ripensamento del disegno istituzionale e regolamentare. In primo luogo occorre adottare un quadro di regole coordinate per i vari media, flessibile, al passo con l’evoluzione del sistema e in grado di continuare a garantire il pluralismo informativo. Il quadro dovrebbe tener conto in particolare delle specificità del web e del primario ruolo di mezzo di informazione che esso va assumendo in virtù dei molti operatori che agiscono come piattaforme di aggregazione, ricerca e condivisione sociale”.

E in questo scenario, a giudizio del presidente del’Agcom “occorre rivedere anche il ruolo dell’intervento pubblico a sostegno del sistema nazionale e locale dell’informazione”. Cardani dice quello trascorso è stato per il mondo delle comunicazioni elettroniche, dell’informazione e dei servizi postali “un anno complesso, caratterizzato da una varietà di eventi intervenuti a livello europeo e nazionale”. E l’uso di servizi dell’ICT e la diffusione della piattaforma Internet come strumento di comunicazione, informazione e scambio rappresentano “fenomeni sempre più pervasivi nell’economia e nella società”. L’Unione europea stima che una più incisiva politica di digitalizzazione possa generare una crescita del Pil dell’UE a 28 Paesi pari al 4% nel prossimo quinquennio, per un valore di 520 miliardi di euro a prezzi correnti1. Investimenti addizionali e crescita della domanda di ICT consentono di ridurre il divario di produttività tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, pari negli ultimi dieci anni allo 0,2% medio annuo.

Alla luce dei benefici macroeconomici, “migliorare l’uso delle tecnologie digitali e dei servizi online deve diventare – dice il presidente dell’Agcom – una politica orizzontale, che copre tutti i settori dell’economia”. Cardani aggiunge che l’informazione digitale richiama altresì l’esigenza di tutela del diritto d’autore e della qualità dei prodotti editoriali nel nuovo sistema di fruizione dell’informazione sul web. Il prodotto informativo, infatti, contenendo in se’ uno sforzo artistico e creativo, è un ‘creative good’, che può essere prodotto per finalità non esclusivamente economiche, ma anche di natura sociale. Una problematica deriva anche dagli effetti contrapposti delle modalità di navigazione sul web e sulle piattaforme di condivisione sociale, che da un lato generano traffico verso le pagine degli editori (effetto positivo) e d’altro, specie se all’interno di un sistema chiuso (quale una app proprietaria), “rischiano di ridurre la visibilità del marchio editoriale da parte del pubblico, indebolendone, nel lungo periodo, la forza commerciale”. L’Autorità garante nelle comunicazioni ha affrontato – ricorda Cardani – queste tematiche nell’ambito dell’indagine conoscitiva “Informazione e internet in Italia. Modelli di business, consumi, professioni”, da cui è partita una prima riflessione verso iniziative che potranno sfociare in opportuni interventi intesi a migliorare il contesto istituzionale e regolamentare di riferimento. Il presidente nella sua relazione annuale parla anche delle trasformazioni nel settore postale che finiscono con intersecarsi con l’ambito dell’informazione, ovvero è in atto un tavolo di confronto con Poste Italiane e gli Enti Locali “con l’obiettivo di individuare soluzioni di sperimentazione nelle zone marginali di forme di invio e recapito digitale alternativo o complementare a quello fisico, contestualmente al lancio di progetti sperimentali, che potranno essere finanziati con fondi europei, di riduzione del digital divide e di alfabetizzazione di specifiche comunità” e ad una simile filosofia “dovrebbero peraltro ispirarsi anche le soluzioni intese ad assicurare il recapito giornaliero dei quotidiani in abbonamento”. In proposito va detto però che c’è la netta opposizione manifestata a più riprese nei giorni scorsi dalla Fieg attraverso il suo presidente Maurizio Costa.

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