Urban Center: Sbaffo sgombra i dubbi sul futuro

Maurizio Sbaffo, presidente dell’Urban Center dell’Aquila, replica alle affermazioni dell”associazione Policentrica e racconta la sua verità sulle spaccature interne all’UC: “Le affermazioni riportate dai giornali e mai ricevute in via diretta, in merito alla conferenza stampa tenuta il 21 gennaio dall’Associazione Policentrica presso i locali della sede comunale di via Fibbioni richiedono qualche precisazione, nonostante esse possano […]

Maurizio Sbaffo, presidente dell’Urban Center dell’Aquila, replica alle affermazioni dell”associazione Policentrica e racconta la sua verità sulle spaccature interne all’UC: “Le affermazioni riportate dai giornali e mai ricevute in via diretta, in merito alla conferenza stampa tenuta il 21 gennaio dall’Associazione Policentrica presso i locali della sede comunale di via Fibbioni richiedono qualche precisazione, nonostante esse possano essere forse ricondotte ad un processo deviato di causa effetto, in cui le cause perdono sempre più importanza, mentre gli effetti, assunti artatamente al ruolo di ‘regola del gioco’, ne acquistano. Come è noto dai report della stampa locale  – dice  Sbaffo – ormai da quasi due mesi l’Urban Center non riesce a dotarsi del Comitato Scientifico, organo statutario che, con buona pace del nome, dovrebbe fungere da coordinamento delle attività dell’Urban Center. Quello che forse non è emerso in conferenza stampa è il vero perché del ritardo. Come certamente non sfugge a Policentrica, l’Assemblea al tempo della accettazione delle candidature per le votazioni del 2 dicembre, raccomandò ai sette candidati di lavorare a un accordo che permettesse la definizione di un’ipotesi unitaria di Comitato Scientifico. In tal senso si è cercato di operare, proponendo soluzioni che permettessero di ottemperare a tale richiesta; soluzioni che evidentemente non hanno riscosso il favore di Policentrica, con il risultato che l’estremo tentativo di mediazione è fallito solo pochi giorni fa”.

Tentativo, lascia intendere l’architetto, che sarebbe fallito proprio per l’opposizione di Policentrica. “Al contrario di quanto adombrato nelle dichiarazioni della suddetta conferenza stampa – continua Sbaffo – il tentativo di mediazione era legato a principi lontanissimi da motivazioni spartitorie vetero-politiche. Come già spiegato, si è esclusivamente tentato di dar seguito ad una soluzione che si conformasse, tra l’altro, alla non semplice richiesta dei candidati, Antonella Marrocchi (Policentrica), Donato Di Ludovico (INU) e Marino Bruno (Ordine degli Architetti), di essere considerati come una candidatura unica e quindi, tutti dentro (tre membri su un consiglio di cinque eletti per 65 soggetti aderenti all’Urban Center), o tutti fuori. A questo proposito forse si può recuperare un’antica regola empirica che più o meno recita così: dove resta oscuro il perché di un comportamento, l’unica domanda possibile da porsi, che dia una risposta illuminante è: a quale scopo?”.

Sbaffo  prova a sgombrare qualsiasi dubbio riguardo il futuro: “Presa consapevolezza dell’impossibilità di una mediazione, verrà immediatamente attivato il processo per l’elezione del Comitato Scientifico, e a seguire degli altri organi statutari”. E chiarisce un ultimo punto:“L’affermazione che Policentrica sia percepita da parte dell’Assemblea come elemento ostile è assolutamente infondata. Persistono tra i membri dell’Urban Center dinamiche di normale dialettica, propria di qualsiasi consesso democratico. Policentrica, come altre realtà, si pone al centro di questa dialettica, ma questo non comporta di per sé alcun atteggiamento ostativo da parte di chicchessia. Mi auguro quindi e sono certo di interpretare il pensiero dell’intera Assemblea, che Policentrica voglia rivedere la sua decisione di ritirarsi dalla corsa per il Comitato Scientifico, in quanto non è affatto la sua presenza a intralciare il proseguimento della formazione degli organi statutari. Auspico quindi che Policentrica, come tutti i membri dell’Urban Center, voglia contribuire a creare una realtà sinceramente partecipativa, dove l’esercizio dei normali metodi democratici non venga vissuto da nessuno come un vulnus alla propria dignità”.

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