Viaggio in Siria del Presidente del CICR Peter Maurer

È partito da Damasco il viaggio del Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa Peter Maurer che, insieme con Robert Mardini, direttore regionale del CICR per il Medio Oriente, è in questi giorni in Siria per la sua quarta visita dall’inizio del conflitto. In programma, una 5 giorni di appuntamenti e incontri ufficiali, ma anche […]

È partito da Damasco il viaggio del Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa Peter Maurer che, insieme con Robert Mardini, direttore regionale del CICR per il Medio Oriente, è in questi giorni in Siria per la sua quarta visita dall’inizio del conflitto. In programma, una 5 giorni di appuntamenti e incontri ufficiali, ma anche alcune visite nei luoghi più colpiti per stare accanto agli operatori impegnati da anni negli aiuti e alla popolazione.

Di seguito la nota inviata dal CICR e alcuni key points sulla situazione in Siria in questo momento

In 5 anni di conflitto la situazione in Siria è ora a un punto cruciale. La guerra ha portato una sofferenza colossale a milioni di persone. Tutto il mondo oggi deve dire basta: sia le parti coinvolte nel conflitto, sia le grandi potenze che devono  trovare una soluzione politica per mettere i siriani al centro di ogni decisione.
Gli attacchi contro i civili sono inaccettabili, non si possono considerare come danni collaterali, ma vanno assolutamente condannati e fermati. Le violazioni del diritto umanitario internazionale sono ormai una costante terribile della vita in Siria oggi.
L’aiuto umanitario non è una merce di scambio da utilizzare nei negoziati politici. Abbiamo bisogno di un accesso illimitato, rapido e regolare per tutti coloro che soffrono le conseguenze di questo conflitto. Questo significa la fine di tattiche di guerra d’assedio medievale.
Nella regione settentrionale di Aleppo, dove i combattimenti si stanno intensificando, gli ospedali e gli operatori sanitari sono presi di mira, non ci sono né acqua né elettricità, e più di 70.000 persone sono state recentemente sfollate. Le infrastrutture di base necessarie alla sopravvivenza sono distrutte, riducendo la popolazione a uno stato di miseria e paura, con il numero di nuovi sfollati in aumento di giorno in giorno.
I bisogni umanitari nelle zone assediate sono schiaccianti. La gente in quelle zone vive in condizioni spaventose. Alcune scene cui abbiamo assistito in luoghi come Madaya sono strazianti, tra le peggiori di questi cinque anni.

 Alcuni numeri dall’inizio del conflitto nel 2011 a oggi:

– più di 250.000 persone uccise e un milione di feriti;
– oltre 13 milioni di persone che vivono all’interno del paese hanno bisogno di aiuto urgente, e tra questi più di 5 milioni sono bambini;
– sono circa 8 milioni gli sfollati nel paese;
– più di 4,5 milioni di persone vivono in condizioni di estremo bisogno in aree difficili da raggiungere, tra questi circa 500.000 cercano di sopravvivere nelle zone assediate sia dal governo siriano che dai gruppi armati di opposizione. Circa 2,5 milioni vivono in zone controllate dal gruppo Stato islamico in cui l’accesso umanitario non è concesso;
– decine di migliaia di persone risultano scomparse o detenute;
– molto frequenti sono anche gli attacchi contro le strutture sanitarie. Il 2015 è stato l’anno peggiore di tutto il conflitto per gli attacchi contro strutture mediche;
– La mancanza di servizi di pubblica utilità di base, tra cui elettricità, carburante, acqua potabile e servizi igienico-sanitari di base, comportano una maggiore vulnerabilità alle epidemie e alla diffusione di malattie di tipo diarroiche, colera, tifo, epatite A, morbillo e leishmaniosi.
– In zone assediate, in cui le possibilità di ricevere cure sono estremamente limitate, malattie trasmissibili, malattie croniche e lesioni traumatiche normalmente curabili, spesso possono portare alla morte.
– La violenza inflitta ai servizi e agli operatori sanitari (tra cui l’arresto, la detenzione e la tortura) ha spinto la maggior parte di quelli presenti a lasciare il paese, aggiungendo ulteriore onere per coloro che rimangono.
-Gli operatori umanitari e personale sanitario vengono presi di mira: sono 53 i volontari SARC e 8 i volontari PRCS che hanno perso la vita mentre prestavano la loro opera dall’inizio del conflitto.
Infine, anche i danni economici sono sterminati, con le industrie paralizzate, una grave inflazione e un alto tasso di disoccupazione che hanno paralizzato l’economia e servizi pubblici, rendendo milioni di persone completamente dipendenti dagli aiuti.

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