L’Inquinamento uccide più delle guerre. A Nairobi la conferenza ONU

Nessuna buona nuova, per il pianeta Terra, arriva da Nairobi dove è in corso la seconda Assemblea delle Nazioni unite sull’ambiente. Una riunione mondiale dove il rapporto presentato parla chiaro: l’inquinamento e il conseguente degrado ambientale sono responsabili di morti premature ben 234 volte in più dei tanti conflitti che flagellano il pianeta. Alcuni dati […]

Nessuna buona nuova, per il pianeta Terra, arriva da Nairobi dove è in corso la seconda Assemblea delle Nazioni unite sull’ambiente. Una riunione mondiale dove il rapporto presentato parla chiaro: l’inquinamento e il conseguente degrado ambientale sono responsabili di morti premature ben 234 volte in più dei tanti conflitti che flagellano il pianeta. Alcuni dati specifici raccontano la situazione del mondo meglio di mille parole: nel solo 2012 12,6 milioni di morti sono attribuibili al peggioramento delle condizioni ambientali (circa il 23% del totale dei decessi), di questi 7 milioni per l’inquinamento atmosferico, 842 mila per carenza di acqua potabile e pessime condizioni igieniche, circa 800 mila per l’esposizione a sostanze altamente tossiche come amianto e piombo.

Inquinamento e degrado ambientale, in parte responsabili anche di catastrofi spesso frettolosamente etichettate come naturali. Dal 1995, anno dellainquinamento plastica in mare prima Conferenza sul clima dell’Onu, sono morte a causa di catastrofi naturali oltre 600mila persone mentre 4 miliardi sono quelle rimaste ferite. Ecco perché, sottolineano da Nairobi, bisogna raggiungere gli obiettivi previsti e sanciti nell’Agenda 2030 dedicata allo sviluppo sostenibile. “Distruggendo l’equilibrio del nostro pianeta e aumentando le emissioni inquinanti, andiamo incontro a un costo sempre maggiore in termini di salute e benessere”, ha sottolineato il direttore esecutivo dell’UNEP – l’agenzia dell’Onu per l’ambiente – Achim Steiner.

Dalla Conferenza della capitale keniota anche l’allarme sui falsi miti della moderna ecologia. Sotto accusa la plastica cosiddetta biodegradabile. A parlarne al quotidiano Guardian, Jacqueline McGlade, a capo degli scienziati dell’UNEP. McGlade ha ricordato come la plastica biodegradabile si ‘dissolva’ solo in particolari condizioni climatiche, come ad esempio l’esposizione a temperature pari ai 50 gradi. Una condizione, questa, difficile da registrare negli ambienti naturali e meno che mai nei mari. Inoltre, ha spiegato ancora la scienziata, “non sono galleggianti, così affondano e non vengono esposti ai raggi UV, che dovrebbero dissolverli”. C’è poi il problema del riciclaggio. Le sostanze usate affinché la plastica sia biodegradabile la rendono difficilmente riciclabile e quindi smaltibile. Unica soluzione, quindi, riciclare di più i rifiuti e soprattutto meglio. Nel rapporto, sempre dell’UNEP, sui rifiuti plastici in mare, si stima che nel solo 2014 le tonnellate di plastiche, di diverso genere, presenti nelle acque oscillino tra i 5 e i 12,7 milioni (la produzione mondiale di plastica è pari a 311 milioni di tonnellate) con grave rischio per qualunque tipo di habitat. (Dire)

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