Gargano, un promontorio suggestivo ed intrigante in terra di Puglia

Il numero di Maggio-Giugno 2016 del magazine i-Italy NY, attualmente in distribuzione a New York, dedica sette pagine al Gargano. La rivista bimestrale, diretta da Letizia Airos, dopo quello sull’Abruzzo, con questo servizio sul Gargano continua il viaggio lungo il Belpaese per interessare i lettori americani – il magazine è in lingua inglese – alle meraviglie dell’Italia. Due […]

Il numero di Maggio-Giugno 2016 del magazine i-Italy NY, attualmente in distribuzione a New York, dedica sette pagine al Gargano. La rivista bimestrale, diretta da Letizia Airos, dopo quello sull’Abruzzo, con questo servizio sul Gargano continua il viaggio lungo il Belpaese per interessare i lettori americani – il magazine è in lingua inglese – alle meraviglie dell’Italia.

Due i contributi per raccontare quel meraviglioso spicchio di terra pugliese: mio il primo, su cinque pagine corredate da belle immagini, mentre il secondo intitolato “Quartetto Garganico” – quattro liriche in quattro lingue: inglese, italiano, latino, dialetto pugliese – reca la prestigiosa firma del grande poeta italoamericano Joseph Tusiani. L’articolo di chi scrive, nel testo italiano (tradotto – e ridotto – dalla redazione di i-Italy) si riporta qui di seguito. (Gopalmer) Due contributi e belle immagini sul magazine i-Italy lo promuovono a New York.

Alla scoperta delle meraviglie sullo sperone dello Stivale Gargano: natura, arte e spiritualità

Iniziava dalle porte della bella capitale d’Abruzzo il tratturo che congiungeva L’Aquila a Foggia. Largo più di cento metri e lungo 244 chilometri, era il più grande e importante dei cinque tratturi che dall’Abruzzo conducevano in Puglia. Per questo chiamato Tratturo Magno. Era un’arteria di traffico vitale per condurre enormi greggi di pecore in transumanza verso il Tavoliere. Guidate dai loro pastori, le pecore scendevano dai monti del Gran Sasso, del Sirente e della Majella per raggiungere i verdi pascoli del Tavoliere pugliese, la grande pianura senza confini ai piedi del Gargano. Lì milioni di pecore discese dagli altipiani d’Abruzzo e del Molise andavano a passare l’inverno, trovandovi sempre erba fresca. “Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare…”. Così inizia una bella poesia di Gabriele d’Annunzio. Partivano infatti in settembre i pastori, con le loro greggi per la “transumanza”. Camminavano per giorni e giorni lungo il percorso tracciato nei secoli, già prima della dominazione di Roma. Raggiungevano il mare Adriatico e poi il Tavoliere delle Puglie, dove le greggi restavano a svernare fino ad aprile con i loro pastori, sotto un tetto di stelle. Dagli altipiani il lungo, faticoso viaggio faceva soste, per il riposo di greggi e pastori, spesso accanto a chiese e luoghi di preghiera. Quando il primo pastore scopriva il mare all’orizzonte, il cuore si apriva alla letizia.

Poi si camminava ancora per giorni accanto all’Adriatico, sulla costa splendida bagnata dal mare color smeraldo. E gioia ancor più grande per i pastori era quando all’orizzonte si profilava il verde promontorio del Gargano, come un annuncio dell’arrivo prossimo a destinazione. Il tratturo, una grande highway di terra ed erba, ha unito per due millenni con la Transumanza l’Abruzzo e il Tavoliere pugliese, alimentando un’intensa commistione di culture e tradizioni di grande suggestione. Appunto dal Tavoliere, terra dell’antico popolo dei Dauni, iniziano i contrafforti del Gargano, ampia zolla calcarea che sullo Stivale italiano disegna un magnifico sperone. Il promontorio è sovrastato da un vasto bosco di faggi, aceri, querce e lecci. Un paradiso verde di flora e fauna, oggi Parco Nazionale.

E’ la Foresta Umbra, così chiamata perché ombrosa. Dalla vetta di monte Calvo, alta 1055 metri, il promontorio del Gargano scende spesso a picco sul mare, imperlando la costiera di incantevoli insenature di roccia, ricamata dalle onde del mare con grotte, anfratti, scogliere a picco e profondi valloni. La costa, per le meraviglie naturalistiche e per la bellezza dei borghi che la trapuntano, è di forte richiamo per il turismo balneare. Turisti e villeggianti possono godere della limpida trasparenza del mare, della suggestione dei luoghi, del carattere gioviale ed accogliente della gente del posto. E possono godere anche della ricchezza di sapori d’una cucina semplice ed antica, d’una feconda fioritura di architetture che raccontano una storia millenaria, densa di civiltà e di forte spiritualità.

Poca terra la natura calcarea del Gargano lascia all’agricoltura. Laddove lembi di terra lo consentono crescono gli ulivi e la vite, che dà buoni vini, come il tipico “Nero di Troia”. Sulla costa anche agrumeti disposti a terrazze. Colture di ortaggi crescono invece solo alle falde del promontorio e sulle sponde dei laghi di Lesina e Varano, quasi nei pressi del mare. Da qui iniziamo il periplo per descrivere le meraviglie del Gargano, lungo la strada costiera che segue il profilo del promontorio, fino a Manfredonia. Poi saliremo da Mattinata a Monte Sant’Angelo fino a San Giovanni Rotondo, per ridiscendere a San Marco in Lamis fino a San Severo.

Mantiene svegli la strada stretta e piena di curve, appena erta sulla scogliera. Fino a Rodi Garganico, un bel paese arroccato su uno scoglio di roccia. Il popoloso borgo marinaro ha un caratteristico intrico di viuzze ed è dominato dal Castello e dalla chiesa di Santa Maria della Libera, che all’interno custodisce una bella immagine bizantina della Vergine. Dal porticciolo partono aliscafi per le stupende isole Tremiti, cinque piccole perle nell’Adriatico. Poco più avanti s’incontra Peschici. Vecchie mura cingono l’antico borgo di case dalle cupole grigie, aggruppate su uno spuntone a picco sul mare. Ancora una ventina di chilometri ed eccoci a Vieste, magnifica cittadina di case bianche arrampicate sulla costa, con stretti vicoli lastricati a scalinate ed archi su cui cresce l’agave. Su una grossa rupe resiste ai secoli il quartiere medioevale. Ma Vieste fu anche colonia greca e poi municipium romano.

Contro gli assalti dal mare, l’imperatore Federico II fece costruire il possente Castello a difesa dai Saraceni, poi rinforzato con bastioni pentagonali ad opera degli Spagnoli. Da qui, punta estrema orientale del promontorio, s’ammira una meravigliosa vista sul mare e a sud il luminoso litorale di spiaggia bianca. In cima ad un’erta scalinata domina il portale centrale della splendida Cattedrale romanica, risalente all’XI secolo, e di fronte il Palazzo vescovile con un grandioso interno a tre navate e colonne con finissimi capitelli. Il ricco soffitto ligneo tardo-barocco cela le originali capriate. Altre tracce della struttura originaria, scampate ad incendi e terremoti, si ammirano sul lato nord dell’edificio, dove prospetta un magnificente portale ornato da bassorilievi di pregevolissima fattura. Vieste è davvero un incanto, specie di notte osservandola dal mare.

Da qui Celestino V, nel 1295, alcuni mesi dopo le dimissioni dal soglio pontificio, tentò di partire per la Terrasanta. Ma una tempesta e il naufragio lo riportarono sulla riva. Preso dalle guardie di papa Bonifacio VIII, fu chiuso nel Castello di Fumone, dove un anno dopo morì. Ora la chiesetta di S. Maria di Merino ricorda S. Pietro Celestino. La devozione verso il papa santo è molto diffusa a Vieste e in tutto il Gargano, dove molti eremiti seguirono la sua Regola. Costeggiando verso sud si giunge a Manfredonia, città fondata da re Manfredi, figlio di Federico II. Cinta di mura, con un impianto urbano ortogonale, con un Castello quasi sul mare, fu fiorente in epoca romana, bizantina e normanna, poi molto esposta alle incursioni saracene. Bella la Cattedrale e molto interessante il Museo del Gargano, dove sono custoditi preziosi reperti archeologici, alcuni risalenti fino al Neolitico. D’altronde, proprio accanto a Manfredonia sorgeva l’antica Siponto, da dove si partirono i Santi Sipontini (Giustino, Giusta, Fiorenzo, Felice e Umbrasia) che nel III secolo risalirono lungo il tratturo per evangelizzare le genti dell’Abruzzo aquilano.

Tornando fin quasi a Mattinata, s’incrocia la strada che inerpica sul Gargano. Salendo, a mezza costa si arriva a Monte Sant’Angelo. Dalla cittadina si scopre la bellezza del golfo e ad occidente la vasta spianata del Tavoliere. Monte Sant’Angelo deve il nome all’Arcangelo Michele, qui apparso in una grotta nell’anno 493 mentre Siponto lottava vittoriosamente per difendersi dai Barbari. A S. Michele Arcangelo è dedicato un santuario del XIII secolo, sui resti d’uno dei templi più antichi della cristianità. Bellissimi questi templi. In questi luoghi operarono i monaci di S. Equizio e di S. Benedetto da Norcia. Sono luoghi di forte spiritualità, da secoli, verso l’Arcangelo Michele, verso S. Pietro Celestino ed ora verso S. Pio da Pietrelcina. Dobbiamo salire ancor più su, sul dorso del Gargano, fino a San Giovanni Rotondo, dove a lungo è vissuto Padre Pio, il frate cappuccino con le stimmate, recentemente elevato agli altari ma considerato santo già da decenni. Vissuto nel convento di San Giovanni Rotondo dal 1916, vi fece erigere accanto un grande ospedale a sollievo della sofferenza. Per le virtù taumaturgiche di Padre Pio, San Giovanni Rotondo divenne subito meta di pellegrini con una forte devozione verso il frate. Un fenomeno che è cresciuto nel tempo fino alla morte del religioso, nel 1968, ed esploso ancor più dopo con l’avvio del suo processo di canonizzazione e l’elevazione sugli altari. Attualmente la cittadina, diventata luogo di pellegrinaggi e di cura, si è dotata di strutture ricettive ed alberghiere, mentre alla primitiva chiesa del Convento si è aggiunta l’imponente struttura progettata da Renzo Piano per accogliere le migliaia di pellegrini che ogni giorno si recano a San Giovanni Rotondo per pregare intorno all’urna che conserva le spoglie incorrotte del Santo.

Lasciato San Giovanni Rotondo, e scendendo ai piedi del Gargano, s’incontra San Marco in Lamis, ridente cittadina in un contesto ameno e grazioso, per la luminosità dei colori, la bellezza della montagna, per l’aspetto selvaggio della terra e dei suoi frutti. Terra di leggende, legate anche al percorso della Via Sacra Longobardorum, l’itinerario che porta al Santuario di San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo, che qui aveva una tappa obbligata. Notevole è l’imponente monastero situato alle pendici del monte Celano, tra il verde dei carpini e dei frassini, antica abbazia la cui fondazione si fa risalire all’anno 1007, ma su preesistenze di epoca longobarda. Nel 1311 papa Clemente V, affidò il monastero, lasciato dai Benedettini, ai Cistercensi dell’Abbazia di Santa Maria di Casanova, in Abruzzo. Due secoli dopo l’ebbero i Francescani dell’Osservanza. In quest’ultimo periodo il monastero ricevette una reliquia attribuita a San Matteo evangelista, che ha dato il nome più popolare al Convento, diventando luogo di pellegrinaggio, cresciuto ancor più con San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo.

Per concludere, dunque anche oggi, come nei tempi più remoti, il Gargano è meta di pellegrinaggi, luogo per secoli caratterizzato dal silenzio e dalla meditazione. Caratteristiche molto comuni con l’Abruzzo interno, terra di contemplazione, di preghiera, di eremiti e di santi. E infatti S. Equizio – monaco vissuto a cavallo tra il V e VI secolo nei pressi nella Sabina amiternina, coevo di San Benedetto, che con il santo di Norcia fu padre e diffusore del monachesimo in Italia -, S. Pietro Celestino, entrambi protettori dell’Aquila con S. Bernardino da Siena e S. Massimo, e i Santi Sipontini, ci riportano lungo l’antico tratturo nel cuore dell’Abruzzo, sulle montagne e negli altipiani dai lunghi inverni, nei borghi incantevoli aggrappati alle falde dei monti, fino alla conca aquilana, da dove il nostro viaggio ha preso lo spunto sulle tracce della transumanza, in un viaggio della memoria che ci ha condotto in una porzione di Puglia ricca di sensazioni, di bellezze, di suggestioni e di spiritualità. Merita d’essere visitato e scoperto, il Gargano, nella straordinaria ricchezza delle sue infinite attrazioni.

Goffredo Palmerini

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