Appello per L’Aquila: diffusa concezione distorta della cosa pubblica

La vicenda del recente avviso di garanzia al sindaco mostra plasticamente la diffusa concezione distorta della cosa pubblica. In un post su Facebook il sindaco descrive una delle contestazioni che gli viene addebitata: “avrei sollecitato, cosa che ho fatto più volte, il pagamento di un SAL per una ditta che stava per fallire. Interventi di questo tipo li ho […]

La vicenda del recente avviso di garanzia al sindaco mostra plasticamente la diffusa concezione distorta della cosa pubblica. In un post su Facebook il sindaco descrive una delle contestazioni che gli viene addebitata: “avrei sollecitato, cosa che ho fatto più volte, il pagamento di un SAL per una ditta che stava per fallire. Interventi di questo tipo li ho fatti più volte, di sollecitare il pagamento dei SAL, per tutti, soprattutto per casi disperati”.

Non stiamo qui parlando assolutamente della vicenda giudiziaria, di cui si apprendono solo alcune indiscrezioni dalla stampa, ma di altro. Una norma, da noi caldeggiata e suggerita, prevede che l’approvazione dei SAL (Stato Avanzamento Lavori) sia subordinata al fatto che l’impresa dimostri di aver pagato subappaltatori e fornitori, che per la maggior parte dei casi sono aquilani. Da quello che si apprende il Sindaco sarebbe entrato a gamba tesa sugli uffici del comune per far pagare un SAL senza che le carte relative alla corretta liquidazione di quanto dovuto ai subappaltatori fossero in regola.

Avrebbe telefonato a un suo funzionario addirittura in presenza dei legali dell’impresa che doveva ricevere il pagamento. Quel pagamento, tra le altre cose, avrebbe quindi penalizzato proprio i subappaltatori e fornitori aquilani. Oggi nella nostra città, per stessa ammissione del sindaco, funziona in questo modo, se hai un problema ti rivolgi al primo cittadino e la situazione si “sblocca” al di la se la cosa sia più o meno corretta.

In un comune che invece funzioni NORMALMENTE, cittadini e imprese per veder riconosciuti i propri diritti non hanno bisogno di cercare favori e chiamare santi in paradiso. Esistono delle procedure per verificare che le carte siano a posto e dei criteri di pagamento chiari che stabiliscono ferreamente l’ordine ed i tempi in cui verranno emessi i pagamenti, senza che ci sia la possibilità che uno venga pagato prima, penalizzando altri, solo perché arriva una telefonata o che addirittura venga pagato pur non avendone il diritto. Che sia o meno un “caso disperato”.

Ci chiediamo cosa pensino di questo modus operandi i partiti che sostengono l’Amministrazione e lo stesso vicesindaco Trifuoggi. Il sindaco deve riferire della vicenda urgentemente in Consiglio comunale: infatti le fumose spiegazioni sui social network, con gli immancabili accenni a fantomatiche teorie del complotto, non sono assolutamente adeguate alla gravità della situazione che esige un chiarimento nelle opportune sedi istituzionali.

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