Nicolino Mercurii si laurea Miglior Maestro Porchettaio alla 46ma Sagra della Porchetta Italica di Campli

“Le antichità, l’arte, la storia, l’artigianato, la gastronomia, che determinarono le glorie di Campli, potranno dare nuova linfa e nuovi interessi ad una città che è ancora, nonostante tutto, tra le più belle e più monumentali dell’Abruzzo” (Giammario Sgattoni). “Oggi ciò che importa anzitutto è moralizzare l’Italia” (Giuseppe Mazzini). “Oh! Che ‘ddore di purchette belle, […]

“Le antichità, l’arte, la storia, l’artigianato, la gastronomia, che determinarono le glorie di Campli, potranno dare nuova linfa e nuovi interessi ad una città che è ancora, nonostante tutto, tra le più belle e più monumentali dell’Abruzzo” (Giammario Sgattoni). “Oggi ciò che importa anzitutto è moralizzare l’Italia” (Giuseppe Mazzini). “Oh! Che ‘ddore di purchette belle, calle, sapurite, si ni pruve nu pizzette t’aumente l’appetite, cumpre e magne, è risapute, ti fa cresce la salute!” (Lamberto De Carolis, Inno alla porchetta).

A sorpresa, nonostante la catastrofe sismica sui nostri territori dell’Italia Centrale, Martedì 22 Agosto 2017, Nicolino Mercurii si laurea Miglior Maestro Porchettaio alla 46ma Augusta Sagra della Porchetta Italica di Campli con voti 8,242 su 10 sulla base della media totale delle preferenze ponderate espresse dalle quattro Giurie ufficiali presiedute da Coriolano Germe in sede di scrutinio nella redazione del Verbale al Parlamento Farnese. A Nicolino Mercurii la consacrazione della vittoria all’Olimpiade dei Migliori Porchettai d’Italia per il terzo anno consecutivo (nel 2016 con voti 7,784) nel 53mo anniversario della Prima Sagra d’Abruzzo istituita ufficialmente da Giammario Sgattoni nel 1964, il vero “Street Food” nel segno del più grande successo di sempre (1964-2017), cristianamente attiva nella cittadina medievale di Campli, sospesa tra cielo e terra, fin dall’Anno Domini 1293 coà dei Maestri Porchettai camplesi, tutto è possibile, anche istituzionalizzare la Sagra. “Abbiamo cercato e trovato un allevatore camplese dell’antico maiale abruzzese nero – rivela Nicolino Farina – che è riuscito con uno stratagemma particolare a valorizzarlo nel suo allevamento di 200 suini neri allevati allo stato brado: questi maiali sono piuttosto particolari anche per la loro forma strana. Naturalmente cercheremo di valorizzare l’iniziativa. Abbiamo già fatto una prova riuscita piuttosto bene”. Arrostire questi porci di antica razza e farne la Porchetta Italica camplese, è una sfida gastronomica affascinante. “A Campli abbiamo sperimentato un incrocio speciale tra le due razze, producendo già una buona porchetta. Ora saranno altri Maestri Porchettai camplesi a produrre porchette con il solo maiale nero che è stato il protagonista al Salone del gusto di Torino”. Emergono altri particolari suggestivi. “L’allevatore in questione è già un famoso produttore di alimenti biologici”. La sperimentazione è già legata a un’altra grande iniziativa che coinvolge l’Accademia aprutina e un’Associazione a carattere sociale con ragazzi diversamente abili, in particolare per l’allevamento di questo suino tipico italico. “È il maiale autoctono più antico che conosciamo – conferma Farina – sappiamo che il maiale comune deriva dal cinghiale, ma qui siamo di fronte a una razza tipica nostrana, abruzzese, dunque italica, per una signora porchetta”. A Torino, ma anche a Campli, si uniscono per la prima volta in assoluto la bontà della Porchetta Italica camplese prodotta con il Re nero e la maestria dei Maestri Porchettai. “Oltre alla porchetta tipica che tutti conoscono – osserva Farina – questa è già un’alternativa gastronomica camplese. Come abbiamo ragione di credere, pensiamo di farla gareggiare direttamente con le altre porchette alla Sagra della Porchetta Italica di Campli”. Nella Città Farnese è festa ogni Domenica dell’anno, per la Fiera settimanale con annessa porchetta da gustare in piazza. Nel mese di Settembre si festeggia l’Immacolata Concezione, la Santissima Madre di Dio, Patrona della Città di Campli, nella Cattedrale di Santa Maria in Platea nel 253mo anniversario della solenne Dedicazione (8 Luglio 1764), come assicura il dotto don Antonio Mazzitti fin dal 1964, ossia dal primo anno in cui volle gestire personalmente la festa. La Pro Loco Città di Campli, con il patrocinio del Comune di Campli, allestisce un evento gastronomico e culturale all’insegna della qualità, dell’innovazione e del buongusto. La kermesse vive per una Sagra da sempre tricolore decisamente benedetta per la promozione delle tipicità locali in Abruzzo, nelle regioni vicine e nel mondo, per l’affermazione del made in Italy gastronomico artigianale. “Scoprire il perché del primato sulla Porchetta di Campli – scrive lo storico Nicolino Farina nel suo libro “Porchetta Italica di Campli” (Giservice Editore, 2011) – di come questo cibo prelibato sia il vanto e l’orgoglio della ricca gastronomia dei camplesi, è stato un lungo viaggio nella storia e nelle civiltà dal Risorgimento al Rinascimento, dal Medioevo ai Romani, dagli Italici della necropoli di Campovalano dell’Età del ferro agli Italici del villaggio di Coccioli dell’Età del bronzo”. Il nuovo Presidente della Pro Loco, Pierluigi Tenerelli, insieme al Direttivo, ha le idee chiare in proposito. A cominciare dalla promozione multimediale capillare del Grande Evento: giovani avvenenti signorine camplesi indossano la t-shirt ufficiale della Sagra della Porchetta Italica fin dal Luglio 2012 (in occasione della “Sagra delle Sagre” in Alba Adriatica) per comunicare la speranza e il coraggio in un futuro migliore, prospero per tutti, e la vera fiducia dei giovani camplesi nel loro territorio, nelle sue straordinarie ricchezze che sono il nostro Idrogeno capace di estinguere ogni debito, indipendentemente dai finanziamenti pubblici e privati ricevuti che non sembrano mai bastare. Grazie a quella cultura materiale reale capace di creare lavoro e sviluppo, di attrarre investimenti e milioni di turisti da tutto il mondo, in primis dall’Oriente, in grado di renderci tutti ricchi come accade nei Paesi Arabi con l’oro nero fonte di colossali finanziamenti che poi si traducono in colossali opere pubbliche autentiche in mezzo al nulla. Capaci di far erigere, in pieno deserto e sui mari, i principeschi grattacieli stratosferici in aperta sfida alla forza di Gravità. In Abruzzo le ricchezze non mancano anche se i “pesi” dell’inefficienza, del nepotismo e della corruzione politico-burocratica trans-partitica anticostituzionale sembrano remare in direzione decisamente opposta. Le novità introdotte nel Regolamento 2017 prevedono la consueta Giuria popolare aperta per la prima volta a cinque persone non residenti nel Comune di Campli insieme agli altri giurati camplesi; e l’iniziativa commerciale “prendi i tuoi gettoni…scegli le tue porchette”: i gettoni acquistati alle casse proloco sono utilizzabili presso qualsiasi maestro porchettaio partecipante e danno diritto al ritiro della porchetta. Gettoni non rimborsabili. La porchetta può essere ritirata solo ed esclusivamente con l’utilizzo dei gettoni. La Città di Campli è da sempre accogliente, vigorosa, forte e gentile come la gente d’Abruzzo. Decisamente interessante è il libro di Nicolino Farina, “Porchetta Italica di Campli”, un excursus storico-letterario sul porco, presentato nella sua prima versione originaria in occasione del quarantennale, con un ricordo di Lamberto De Carolis autore dell’Inno alla porchetta in occasione della 7ma Sagra camplese, Domenica 30 Agosto 1970. E il Dvd fotografico con commento musicale di cinque edizioni della Sagra, dal 2005 al 2010, immortalate dagli scatti di Nicolino Farina. Documenti preziosi per rendersi effettivamente conto delle potenzialità di un Grande Evento culturale regionale di portata internazionale, allestito nella cornice medievale della capitale dei Farnese. La Sagra della Porchetta Italica di Campli è sicuramente una delle più amate in Abruzzo e in Italia. Tutto lascia ben sperare per il futuro. Il Presidente della Pro Loco e lo staff organizzativo tentano di esprimere nei fatti (non è facile in questi tristi tempi di guerra globale e di attacchi alla Costituzione della Repubblica Italiana e ai Valori della italianità!) la loro viva giovanile soddisfazione per il successo della manifestazione, ringraziando tutti. Gli oltre 100mila visitatori e le 300 porchette servite nelle cinque giornate di Sagra (che siano di Resistenza!), lanciano un messaggio preciso, chiaro, evidente e distinto. Sono questi i grandi numeri della Porchetta Italica che celebra a Campli, l’arte suprema della gastronomia italiana, i suoi vini, le sue energie spirituali più vitali dell’Italia nel mondo. Un Grande Evento culturale internazionale reso possibile grazie agli ospiti (abruzzesi, laziali, umbri e marchigiani, migranti, turisti), al Comune di Campli, alla Pro Loco Città di Campli, ai Vigili Urbani, ai Carabinieri, alla Protezione Civile “Monti della Laga”, alla polizia privata di Campli, alla Croce Rossa, ai preziosi volontari del Soccorso Farnese. La Sagra ambisce alla Porchetta “in cerca d’Autore” per incoronare il Re della specialità. La Città di Campli offre tutto l’anno importanti eventi culturali: il Museo Nazionale Archeologico, prima degli eventi sismici, restava aperto fino alle ore 24 (sopra i 65 anni e sotto i 18 anni si entrava gratis) e nel Palazzo Farnese venivano allestite mostre d’arte a ingresso gratuito. Si può degustare in piazza la porchetta ogni Domenica mattina, dopo la Santa Messa, durante il tradizionale Mercato. Il Santuario della Scala Santa, luogo di culto che molti fedeli ricercano per ritemprare lo spirito, rimane aperto durante l’Evento. I parcheggi organizzati al palazzetto dello sport di Piane Nocella e il campo di calcio di Contrada Cappuccini, sono collegati al Centro Storico di Campli con bus navetta gratuiti. Alcuni provenienti dalla fascia costiera. Un servizio di autonavette per diversamente abili è disponibile su richiesta telefonica. La Croce Rossa locale rende attivo da Campli il servizio del 118-112 unificati. Alla Sagra sono invitate ogni anno le Autorità civili, militari e religiose locali, per una cinque giorni da vivere intensamente, in famiglia e tra amici, all’insegna dell’alta qualità con vetrine e degustazioni di prodotti tipici abbinati ai vini e alle birre locali. “La grande tradizione camplese ha fatto scuola – osserva il giornalista e scrittore Nicolino Farina – ancora oggi per tutto il Teramano la nostra porchetta si distingue da tutte le altre dal fatto di non usare tra gli aromi l’essenza di finocchio selvatico”. Dunque, una divin porchetta da gustare in tutta serenità. Entusiasta è il Presidente della Pro Loco Città di Campli, Pierluigi Tenerelli: “Siamo lieti di poter ospitare l’Olimpiade dei migliori Maestri Porchettai apprezzati in tutto il mondo: la nostra kermesse estiva è sicuramente da annoverare tra le migliori celebrazioni delle tradizioni enogastronomiche italiane, come riconosciuto da tutti”. A Campli la Regina assoluta è Sua Maestà la Porchetta in un campionato sui generis che vede contendersi, tra i Maestri partecipanti, il prestigioso titolo di Miglior Porchettaio dell’anno. “La porchetta camplese – rileva lo storico Nicolino Farina – è un cibo popolare e di festa, una vera opera d’arte del palato, un monumento del gusto per l’intera umanità: a Campli la porchetta ha origini antichissime e rappresenta una cultura culinaria che da secoli e secoli si tramanda ininterrottamente attraverso le generazioni”. Evento culturale enogastronomico unico e originale che fin dal 1964 intende valorizzare, giudicare, celebrare e diffondere la Porchetta Italica Farnese. “Gli Statuti di Campli – sottolinea Nicolino Farina – hanno una caratteristica particolare: sono gli unici ad avere norme molto specifiche e dettagliate sulla porchetta. Normative assenti in tutti gli Statuti conosciuti nel Teramano e in Abruzzo. Esiste qualche piccola eccezione (Silvi) che in ogni caso, nelle forme di regolamento sulla porchetta, non raggiunge il valore e la forma così particolareggiata come nei Codici di Campli”. La “Cronaca teramana dei banditi”, scritta dal sacerdote camplese don Giuseppe Iezzi tra il 1661 e il 1683 – come leggiamo negli studi di Nicolino Farina – riporta con gran dovizia di particolari, compresa la data, la notizia di un furto subìto al di là del fiume Vomano da un vasaio della rinomata scuola di Nocella e un macellaio di Campli. “È palesemente assurdo – spiega Farina – che il macellaio camplese si recasse oltre il Vomano a vendere la carne! Andava a vendere la Porchetta Italica e i due furono derubati dei loro incassi”. Una testimonianza indiscutibile. “Il maiale di Campli – rivela Nicolino Farina – era un animale allevato anche per essere cotto intero, e non solo per i prelibati prosciutti e insaccati, così cari alla tradizione contadina di tutto l’Abruzzo. La porchetta era un prodotto tutelato da qualsiasi contraffazione: per la sua realizzazione non si poteva usare altra carne. La qualità dei maiali, del loro allevamento e l’antica tradizione hanno creato il successo della porchetta camplese”. Il Grande Evento farnese rende omaggio anche al compianto professore Giammario Sgattoni, padre del logo ufficiale della manifestazione, registrato dalla Pro Loco Città di Campli, ed ai nostri fratelli Aquilani, di Amatrice, di Norcia e tutta l’Italia Centrale, funestati dagli eventi tellurici e climatici. Campli aveva già avuto quattro chiese danneggiate dal sisma del 6 Aprile 2009 (San Francesco, la Misericordia colpita pure da un fulmine sul campanile, San Paolo e San Pietro in Campovalano) ma sia la Scala Santa sia la Chiesa Cattedrale, che hanno miracolosamente resistito anche agli ultimi terremoti, sono aperte ai fedeli in tempi limitati in attesa dei necessari restauri dopo la messa in sicurezza. Lo ricorda don Antonio Mazzitti che fin dal 1964 volle gestire personalmente la festa dell’Immacolata Concezione nella Cattedrale di Santa Maria in Platea. Festa dedicata ogni anno, nel mese di Settembre, alla Santissima Madre di Dio, la Beata Vergine Maria, Patrona della Città di Campli. Sicuramente da riscoprire e valorizzare, durante la Sagra della Porchetta Italica, è il Corteggio storico di Ortona che allieta cittadini e visitatori, in onore di Margherita d’Austria (Oudenaarde, 28 Dicembre 1522 – Ortona, 18 Gennaio 1586) e del gemellaggio tra Campli e Ortona, già feudi dei Farnese e Arcidiocesi unica per 220 anni. “Crediamo che Campli oltre ai suoi beni culturali – dichiara il presidente Pierluigi Tenerelli – abbia saputo conservare anche una nobile tradizione gastronomica: la Porchetta Italica”. Già Margherita d’Austria ne parlava negli Statuti della Città di Campli che celebrano i Maestri Porchettai. In buona compagnia di altri quattro Statuti comunali in Abruzzo, dai quali si evince che i Camplesi furono i primi a vendere la loro porchetta al di là dei propri confini. Come si legge nella quarta edizione del libro “Vita di Margherita d’Austria” di Romano Canosa, presentato a Campli, Giovedì 18 Agosto 2016, dalla signora Isabella Canosa Colonnello dell’Associazione Romano Canosa per gli Studi Storici, per le Edizioni Menabò (Direttore Editoriale, Gaetano Basti). Margherita di Parma per gli Spagnoli, occupò un ruolo di rilievo tra le donne protagoniste della vita europea del Cinquecento, tra le Fiandre, Roma, Ortona e Campli. È la Madama proprietaria del palazzo attualmente sede del Senato, del ducato di Parma e Piacenza, di tanti castelli e cittadine abruzzesi. Il libro di Romano Canosa ricostruisce gli episodi più significativi della sua vita sulla base di minuziose ricerche negli archivi italiani e spagnoli, come si evince nella ricca bibliografia: dal matrimonio con Ottavio Farnese, voluto dal padre e al quale ella tentò in tutti i modi di sottrarsi (donna determinata, cercò di opporsi sia a Carlo V sia al Papa riguardo a questa unione: la sua fu un’impresa temeraria e impensabile per l’epoca!), alla sua positiva esperienza di governatrice delle Fiandre, al suo materno affetto per il figlio Alessandro Farnese, il più grande condottiero del Secolo Sedicesimo. Quale fu il rapporto di Margherita d’Austria con il Sacro Romano Impero e la Chiesa Cattolica di Roma? “Margherita era una donna di altissimo contenuto cattolico – rivela Isabella Canosa Colonnello – una donna estremamente ubbidiente, rigorosamente attenta nel suo periodo vissuto alle Fiandre a tener conto dell’una e dell’altra istituzione. Ha tentato di compiere un’opera di riappacificazione e di mediazione grandissima fra protestanti e cattolici: questo è stato il suo più grande pregio, anche se poi ovviamente non è riuscita fino in fondo a compiere quello che lei voleva perché Filippo II suo fratello l’aveva esautorata, privilegiando le maniere forti con gli Spagnoli, il Duca d’Alba e il figlio Alessandro che hanno praticamente lottato per poter vincere. Cosa che poi è accaduta. Ma con la violenza di solito non si ottiene molto. Ecco il grande cruccio di Margherita d’Austria, di ritorno poi in Italia, sentendosi sconfitta nei suoi proponimenti. Con il Papa lei ha sempre avuto un rapporto intensissimo, in particolare con Paolo III perché, come noto, Margherita ha sposato Ottavio dopo molte resistenze. Suo padre, Carlo V, nipote del Papa, glielo impose in tenera età e lei cedendo disse: “Io lo sposo ma non mi congiungerò mai con lui”. Paolo III si trovò di fronte questa piccola “imperatrice” bambina che si era messa contro l’Imperatore padre, il Papa, il suocero padre di Ottavio, e da sola, quasi antesignana di un femminismo incredibile per il XVI Secolo, una donna che combatte circa due anni, nonostante i doni del romano pontefice per cercare di mantenere buoni rapporti con Carlo V. Anche se i Farnese cominciarono a seccarsi dell’atteggiamento di questa ragazzina che alla fine dovette concedersi. Nacquero così due figli: Alessandro Farnese e Carlo che morì presto. Margherita per tutta la sua vita non ha mai amato Ottavio, tuttavia ha sempre difeso strenuamente la Casa Farnese alla quale si sente di appartenere”. Il volume è arricchito dall’indice dei luoghi e dei nomi. La Duchessa era figlia dell’Imperatore Carlo V (Sacro Romano Impero), sorella del re di Spagna Filippo II, moglie di Alessandro de Medici, duca di Firenze, e poi di Ottavio Farnese, duca di Parma e Piacenza, e madre di Alessandro Farnese, il più grande capitano militare del Cinquecento. Margherita, nota all’inizio soltanto per il suo lignaggio e per le sue vicende matrimoniali e familiari, una volta chiamata dal fratello a governare una regione turbolenta come i Paesi Bassi, mostrò di essere capace anche di iniziativa politica e riuscì a riportare la calma nel paese europeo affidato alle sue cure con metodi migliori di quelli adottati dal duca d’Alba, suo successore alla testa di quelle provincie. Tornata in Italia, Margherita si trasferì in Abruzzo dove risiedette per alcuni anni. Dopo un secondo viaggio nelle Fiandre, che fu fonte per lei di grande amarezza a seguito del rifiuto del figlio di condividere con lei il governo del paese, Margherita ritornò in Abruzzo, dove possedeva alcuni feudi. In questa regione restò fino al giorno della sua morte, avvenuta in Ortona, dove volle costruire un palazzo Farnese del quale non vide il completamento, all’inizio dell’anno 1586. Una grande Storia Europea degna di un Colossal cinematografico. “La nostra storia recente – spiega lo storico Nicolino Farina – rivela che la Sagra è nata quasi per caso: correva l’anno 1964 quando l’allora sindaco Ubaldo Scevola, il direttore dell’Ente per il turismo Arturo Favazza ed il giornalista Fernando Aurini, sulla base delle scoperte archeologiche di ossa di maiale nelle 600 tombe pre-romane scoperte della vicina necropoli di Campovalano, pensarono di realizzare la prima grande Festa del prodotto più tipico della culinaria camplese: immediatamente per la Porchetta di Campli si coniò l’appellativo di Italica”.

Altro che “espressione desueta e sessista” come si legge in alcuni sciatti commenti su Facebook! Porchettai si diventa. È un’arte che i giovani (non soltanto Camplesi) devono riscoprire e valorizzare, così come l’allevamento dei maiali camplesi. Consolidato è il rapporto con l’Università di Teramo, grazie alla Facoltà di Agraria. Sulla scia della tradizione, la Pro Loco Città di Campli porta avanti un discorso di fruttuosa collaborazione scientifica. A riprova dell’indiscutibile qualità delle porchette in concorso, un tempo giudicate, valorizzate e prescelte dal Camerlengo di Campli prima della libera vendita, si è voluta preservare la tradizione e i suoi valori. Oggi vengono valutate da tre Giurie tecniche e da una Giuria popolare di degustatori chiamati a valutare la qualità delle carni, la cottura e, particolare non secondario, la consistenza della crosta (“il segreto è nella sbollentatura”, rivela Nicolino Farina) che deve risultare fragrante e gustosa al palato. Una tradizione fissata negli Statuti medievali delle città abruzzesi di Penne, Silvi, Campli, Atri e Teramo, e nei Regolamenti municipali del 1877, che distingue i beccai-macellai dai Porchettai. Tutte le porchette selezionate sono ottime ma per scegliere le prime tre più eccellenti, nel rispetto dell’antica tradizione del Camerlengo, l’autorità deputata a dare l’assenso alla vendita della porchetta solo dopo averla assaggiata assicurandosi della qualità del prodotto, ogni anno vengono chiamati giornalisti, autorità, produttori ed esperti di enogastronomia, tra cui una delegazione di Porchettai. “La Giuria popolare – osserva Nicolino Farina – vuole solo dare uno stimolo in più ai selezionati Maestri Porchettai partecipanti alla Sagra: un modo per far perpetuare al meglio la loro raffinata arte culinaria, a tutto vantaggio della qualità del prodotto e del palato del consumatore”. A Campli, insomma, si vive ogni anno un’emozione particolare perché iniziative come questa sono la ricchezza della nostra terra, da tutelare e valorizzare in tutte le sedi. Si auspica perciò la Certificazione europea IGP affinché la Porchetta Italica di Campli sia ufficialmente riconosciuta nell’Unione Europea e nei futuri Stati Uniti di Europa (con la Santa Russia tra Pari) come una delle risorse italiane più preziose, insieme al turismo, ai tesori d’arte e di scienza. Per moltiplicare la nostra ricchezza, abbattere il debito pubblico e le tasse, e superare così la crisi economica nazionale e mondiale che rischia di sfociare in un nuovo insensato sanguinoso conflitto planetario civile e militare. Porchetta Italica di Campli, dunque, da tutelare insieme agli spiedini di pecora cotti alla brace, anche in nome della Pace sulla Terra. L’Amministrazione comunale farnese intende tutelare la qualità della Porchetta Italica nel mondo, ma i produttori devono scendere in campo direttamente per assumersi le proprie responsabilità e così redigere una Costituzione che elevi la Sagra della Porchetta Italica di Campli al rango di Istituto di Diritto Pubblico. La salvaguardia del nostro prodotto, oltre alla promozione internazionale per la certificazione di qualità IGP, è sicuramente uno degli obiettivi della Sagra che, fin dalla prima edizione di 53 anni fa, caso unico in Abruzzo, ha assegnato un Premio alla migliore porchetta tramite una Giuria di esperti presieduta dal compianto Professore Nicola Biagio Natali, istituzione storica della manifestazione. Per gli Abruzzesi è un dovere perché il prodotto sia un passaporto di qualità per tutti gli Italiani nel mondo che gustano il nostro prelibato panino farcito, sicuramente ben superiore sia all’hot-dog/hamburger americano sia al kebab arabo. La Sagra della Porchetta Italica di Campli intende spingere i Maestri Porchettai italiani eurorussi, alla vigilia della fondazione degli Stati Uniti d’Europa con la Russia, a migliorare e perfezionare sempre più la loro arte culinaria, a vantaggio della qualità assoluta del prodotto. La Porchetta Italica di Campli va gustata e servita sia con il tradizionale panino tondo farnese (non la comune “rosetta”) che veniva cotto nello stesso forno della prelibata pietanza sia sul piatto. Un primato storico assoluto di Campli. Fin dagli Anni Cinquanta e Sessanta del Ventesimo Secolo, nel centro storico farnese vi era l’uso di cuocere la porchetta, infilata in un palo di legno, nei forni a legna usati per il pane. “Tre erano i forni più importanti – ricorda Nicolino Farina – quello di Meloni, Farina (Battaiule) e Alleva (Ciancianella); e tre erano i grandi Maestri Porchettai-Macellai: Meloni Giggino e Meloni Salvatore, eredi di un’antica famiglia di porchettai, e Armando Di Carlo, continuatori ed allievo dei famosi Ricci”. In attesa del riconoscimento ufficiale e della tracciabilità della Porchetta Italica di Campli che merita di sbarcare (in vendita diretta con il classico camioncino) sui mercati esteri, tra le Avenue di metropoli come New York, Los Angeles, Chicago e Mosca, i Camplesi fanno memoria della loro Storia. Perché la Porchetta Italica unica ed inimitabile, con il grasso che cola via durante la cottura nel forno a legna, è molto più di un semplice porcellino arrostito (la traduzione inglese in “Festival of Italic roasted pork”, non rende affatto giustizia né alla specialità culinaria né al Grande Evento italiano). È un toccasana per le coronarie e il cervello, assicurano gli esperti. Per capire i segreti del Divin Porcello celebrato da Boccaccio e gustato dalle popolazioni italiche fin dal XII Secolo Avanti Cristo, a Ripoli di Colonnella fin dal 5.000 a.C. ed a Coccioli di Campli fin dal 3.400 a.C., ogni anno viene stilato un programma ricco di iniziative e suggestioni letterarie. “Il nostro gruppo Pro Loco Città di Campli è sempre più giovane, compatto e forte che mai, naturalmente valorizziamo la cultura, per ribadire la nostra territorialità”, assicura Pierluigi Tenerelli. “I porchettai camplesi – rimarca Nicolino Farina – sono tuttora dei capiscuola e la porchetta farnese si differenzia e si distingue da quella preparata in Umbria, nelle Marche, nel Lazio, in Toscana e in Sardegna per un diverso concetto di aromatizzazione”. La ricerca storica, letteraria, bibliografica, filologica ed archivistica di Nicolino Farina, invita il Lettore a intraprendere un viaggio nel tempo alle origini antiche dell’allevamento del maiale e dell’uso della porchetta nella tradizione camplese. “Tradizione che è nata – osserva Farina – grazie alle caratteristiche morfologiche del territorio, ricco di boschi, valli, montagne e colline, e mantenuta viva dal sapiente sapere dei Maestri Porchettai della città dei Farnese. Ricerca e intuizione che hanno fatto scoprire alcuni dei segreti della Porchetta Italica di Campli, come il ghiaccio delle neviere di Battaglia che permetteva d’estate di refrigerare i locali dove le porchette già “attaccate” (pronte per il forno) si lasciavano “riposare” per 24 ore, o la tecnica della lavatura del maiale (sbollentatura) con acqua bollente salata e aromatizzata con erbe selvatiche del circondario, o, ancora, l’assenza del finocchietto tra gli aromi”. Le famose neviere di Battaglia di Campli sono documentate fin dall’Anno Domini 1520. I maestri nevai erano soliti (fino alla metà del secolo scorso, tra cui i miei antenati Stellini, Pallini e Ciprietti) pressare la neve raccolta in montagna in speciali buche che ricoprivano per l’isolamento termico. Poi, notte tempo, caricavano il ghiaccio sui muli per portarlo fino a Giulianova e venderlo ai pescatori che offrivano loro in cambio del pesce. Il ghiaccio rimasto lo portavano a Campli dove esistono ancora le buche per conservare la neve e le porchette. I Maestri Porchettai camplesi ne hanno tramandato l’uso: “…ma s’attacche li Camplise a la pagine di storie e te’ sempre lu primate di stu cibbe rinnumate” (Inno alla porchetta, di Lamberto De Carolis). “La porchetta – fa notare Nicolino Farina – è un cibo di strada d’irresistibile bontà ma gustare quella Italica a Campli, nelle piazze e nelle vie del suggestivo centro storico, diventa un’occasione d’Eccellenza”. Altri progetti sono poi in cantiere nella città farnese da custodire e valorizzare. È in itinere la realizzazione di un Parco Archeologico Nazionale che non avrà nulla da invidiare alle tombe etrusche! Insomma, se avesse una colonna sonora ufficiale da poter ascoltare tra le vie del borgo medievale, la Sagra della Porchetta Italica di Campli meriterebbe le splendide sonorità cinematografiche del compositore Hans Zimmer. La tenacia degli Abruzzesi non solo non si ferma ma si perfeziona nel tempo grazie ai giovani di Campli. “Mi piacciono i maiali – ricorda il primo ministro britannico Winston Churchill (1874-1965) – i cani ci guardano dal basso (e mordono, NdA). I gatti ci guardano dall’alto. I maiali ci trattano da loro pari”. Il centro storico farnese e il Convento di S. Bernardino sono al centro di due documentari fotografici in Dvd di Nicolino Farina, incentrati l’uno sugli scorci notturni della città farnese e l’altro sul convento recentemente acquisito dalle suore Benedettine di Offida. Sono opere prodotte dal periodico culturale d’informazione “Campli Nostra Notizie” (50esimo numero) e realizzate da Nicolino Farina. Campli è una città di 7.558 abitanti particolarmente ricca di storia e beni culturali nella Comunità montana della Laga. Il suo centro storico ancora conserva leggibile un tessuto urbano antico con palazzi annoverabili prevalentemente tra il Medioevo e il Rinascimento. Scorci emozionanti che Nicolino Farina ha fotografato nella bruma della sera con la calda luce della luminaria civica, quando le case si caricano di luci dorate. Il documentario “Campli una città storica nella magia della Sera”, attraverso le foto restituisce allo spettatore un nucleo abitativo sospeso nel tempo, magico, dall’architettura sorprendentemente a misura d’Uomo e dalla valenza abitativa ancora coerente alle esigenze del vivere contemporaneo. Nel secondo film, “Un monumento da salvare, Campli convento di S. Bernardino da Siena”, la struttura conventuale, sul Colle Santa Lucia, appare maestosa e fragile, in attesa di un nuovo vitale utilizzo per la sua destinazione d’uso originaria: la conventualità. Non a caso lo scopo del documentario è di promuovere una raccolta fondi da destinare alle suore Benedettine di Offida che hanno in corso il restauro oneroso del monumento, destinato a ospitare 30 religiose. E che dire del convento di San Pietro a Campovalano? E della chiesa di San Giovanni Battista, situata nel quartiere di Castelnuovo, a ridosso della trecentesca Porta Orientale con lo stemma di Carlo d’Angiò sulla facciata? “La città di Campli è custode di tante tradizioni siano esse religiose, culturali, etno-antropologiche, enogastronomiche – scrive Nicolino Farina del suo volumetto “Porchetta italica di Campli” – quella della preparazione della Porchetta è una di quelle più antiche. Per ogni camplese la porchetta significa qualcosa di atavico, rappresenta una cultura culinaria che da secoli e secoli si è tramandata per generazioni. Nella città dei Farnese per epoche questo cibo è stato presente sulle tavole di principi, vescovi, nobili e popolo. La sua prelibatezza già si esaltava nei banchetti aristocratici e nelle piazze cittadine, durante le numerose fiere e il mercato settimanale domenicale istituiti già nel Duecento. La porchetta a Campli fa, quindi, parte del “paesaggio” cittadino, è un “luogo” comune, la sua sagoma sembra integrarsi perfettamente nel contesto architettonico del tessuto urbano del centro storico. Il suo “mondo”, fatto di uomini e luoghi, è entrato nel Dna di ogni camplese. I resti di maiale nel villaggio italico su palafitte dell’età del bronzo nel borgo di Coccioli, oltre la “fiumana”, ne è la testimonianza più antica. In Italia il maiale veniva allevato già dagli Italici, dagli Etruschi, nelle città della Magna Grecia e naturalmente dai Romani. Gli Etruschi raffinati buongustai inventarono i Forni da Porchetta la cui utilizzazione venne tramandata ai Romani, ai barbari invasori e agli uomini del Medioevo. In un contesto mediterraneo antico, i prodotti e le condizioni climatiche hanno generato, nel mondo greco, latino, osco (Abruzzo, Molise, Irpinia e nord Puglia) ed etrusco una cucina per molti versi assai simile. Nel mondo romano, il maiale veniva accostato anche a divinità italiche o latine. A Maia, dea della fecondità e del risveglio della Natura in Primavera. In Abruzzo i porchettari più rinomati sono stati sempre quelli di Campli e di Ripa Teatina. I porchettai camplesi dovevano essere famosi per la loro arte perché vendevano la loro specialità anche fora del nostro territorio, nonostante le gabelle alzassero il costo del prodotto. Bisogna considerare, poi, in un concetto di microeconomie territoriali, che si usava la regola di consumare in loco i prodotti dell’agricoltura del contado, scoraggiando la loro commercializzazione al di fuori dell’area comunale, da salvaguardare come risorse. Nella fiorente “Università” di Campli si potevano contare numerose fiere e un mercato settimanale istituito già dal 1293 (vera e propria rarità). Le Porchette sicuramente erano vendute, nelle piazze e nelle vie della città, in queste occasioni. I viandanti e i commercianti venuti da fuori dovevano conoscere la prelibatezza delle porchette dei maestri camplesi, e magari ne vantavano la bontà in altri borghi e città del teramano e oltre. Questa è un’ipotesi forse fantasiosa, ma se si analizza il capitolo 14 dello stesso Liber, si capisce come la Porchetta a Campli era salvaguardata. La Porchetta (come la carne vaccina e il pesce) non poteva essere venduta se prima il Camerlengo (l’equivalente del moderno Sindaco) non ne aveva accertato la qualità e stabilito il prezzo. A tale scopo al Camerlengo, se si trovava presente, o al Capo del Reggimento, o chi per lui, spettava una libra di Porchetta. È impressionante come queste regole siano simili a quelle adottate dai Romani e citate dal Faranda. La Porchetta camplese quindi era un prodotto tutelato da qualsiasi contraffazione: per la sua realizzazione non si poteva usare altra carne, neanche quella di verro o scrofa (venduta fresca in banchi separati); la cottura doveva essere giusta, con la crosta croccante e le carni profumate e sgrassate (la porchetta poco cotta pesava di più e rendeva meglio). Da tempi immemorabili, ogni festa a Campli si trasforma in una specie di sagra della Porchetta, perché il panino farcito dalla fragrante e profumata carne di porco arrostita al forno, era e rimane l’attrattiva principale di tutte le manifestazioni di convivio”. Ma quando nacque la Sagra della Porchetta a Campli? “La festa più grande della città, da sempre – scrive Nicolino Farina – era quella dei primi di Settembre dedicata all’Immacolata Concezione venerata nella Cattedrale di Santa Maria in Platea. Dalla fine degli anni Quaranta del Novecento, a organizzare la festa c’era uno specifico comitato presieduto dal Sindaco. Nel 1964 il nuovo parroco appena insediato, don Antonio Mazzitti, volle gestire personalmente la festa dedicata alla Compatrona della Città, per riportarla su canoni più religiosi e meno festaioli. Al battagliero Sindaco Ubaldo Scevola la cosa non andò a genio: in accordo con la locale Pro-loco promosse immediatamente una commissione di esperti per “pensare” una nuova manifestazione capace di rilanciare il Comune e divertire i camplesi. Si convocarono Arturo Favazzi, direttore dell’Ente Provinciale per il Turismo, e Fernando Aurini, giornalista che per primo aveva saputo valorizzare e promuovere l’enogastronomia teramana. Per la festa subito si pensò di puntare sulle straordinarie qualità gastronomiche camplesi e sul suo prodotto più tipico: la Porchetta. Nacque così, nell’Agosto 1964, la Sagra della Porchetta di Campli (la prima Sagra in Abruzzo) che ebbe un successo al di là di ogni più rosea previsione: presenti 24 produttori, furono vendute più di 80 porchette in poche ore. Alle dieci di sera non si trovava più neanche l’ombra di un panino farcito di porchetta. Vista la moltitudine di folla che sempre più si accalcava nel centro storico per gustare il cibo rinomato dai camplesi, il Sindaco Scevola ordinò allora la riapertura di tutti i negozi alimentari. Quella sera finirono prosciutti, salami e mortadelle; persino i barattoli di sardelle sotto sale furono ripuliti”. Fatti evidentemente ignorati dall’articolista del New York Times, Sara Jenkins, nel suo “the chef at Porsena and Porchetta in New York”, sulla porchetta “made in Italy” designata tra i cinque piatti più buoni al mondo (www.nytimes.com/2014/05/25/travel/must-eat-dishes-from-myanmar-to-mexico-city.html?_r=2) evidentemente ignorando Campli. Ok, questa è una provocazione! Il NyT deve conoscere la Porchetta Italica di Campli. Chi ha “invaso” il mondo di hamburger e hot-dog, ha il sacrosanto inoppugnabile responsabile dovere di conoscere la storia della vera autentica originale Porchetta Italica di Campli. Il riconoscimento da parte degli Americani – non che Campli ne abbia bisogno – sarebbe l’ennesima conferma che il nostro è il Belpaese “più buono del mondo” con le carte in regola per fare la differenza non solo nel mondo del gusto ma anche dei doveri. Visto che gli Americani e i Canadesi, maestri dei “diritti civili”, ci copiano tutto, spacciando prodotti-spazzatura per cucina, vini e formaggi “italiani”! Con un danno alla nostra Economia stimato in centinaia di miliardi di dollari l’anno di mancato legale fatturato per le autentiche imprese enogastronomiche italiane. Expo2015 di Milano, in tal senso, non ha infatti operato il miracolo richiesto. Campli ha certamente fatto registrare l’assoluto successo culturale come dimostra il trionfo dell’Arte Sacra Farnese scelta dal critico Vittorio Sgarbi nell’opera Madonna del Latte, tavola attribuita a Giacomo da Campli (XIV Sec). Ma, come spesso accade, sono i piatti più romanescamente “ignoranti”, ad essere notati, riscoperti e apprezzati da palati e osservatori stranieri. Stavolta tocca una cara, ma non antica, “versione di porchetta” dell’Italia centrale. È sempre il New York Times a inserire la porchetta di Bevagna, in provincia di Perugia, tra quei cinque piatti che vanno mangiati almeno una volta nella vita. Lì, spiegano i saggi “columnist” evidentemente sorpresi, il maiale intero viene svuotato, dissossato, condito con erbe aromatiche, sale e pepe e poi arrostito al forno. Il top, secondo gli Americani del Far West non soltanto gastronomico, è servirla a fette in un panino, meglio ancora in due fette di pane casereccio. Apriti cielo! La porchetta si consuma tagliata a fette come secondo piatto oppure fuori pasto in panini imbottiti. Il luogo di elaborazione della ricetta della porchetta pare a tutt’oggi incerto. Gli abitanti di Ariccia, nel Lazio, rivendicano la paternità della ricetta originaria. In Umbria si sostiene che sia nata a Norcia, famosa sin dai tempi dei Romani per l’allevamento del maiale. Da cui il sostantivo “norcino”. Nell’Alto Lazio la si fa risalire all’epoca degli Etruschi. Antichissima è la tradizione della Porchetta di Campli in provincia di Teramo (Abruzzo) dove sono state rinvenute prove nella vicina Necropoli di Campovalano. Analoghe rivendicazioni di primogenitura si riscontrano in varie località delle Marche. La porchetta è diffusa anche in Romagna e nel Ferrarese. Esistono due tipi fondamentali di condimento e quindi di gusto, dettati dalla tradizione. Nella Toscana meridionale, nei Castelli Romani del sud e in altre aree del centro Italia, si aromatizza con il rosmarino. Nell’Alto Lazio, in Umbria, nelle Marche e in Romagna invece si aromatizza col finocchio selvatico che le conferisce un profumo e un gusto assolutamente inconfondibili ma fin troppo soffocanti. Nell’articolo americano pubblicato sul sito del prestigioso quotidiano, però, queste informazioni vengono deliberatamente omesse, forse per ragioni di spazio o di convenienza. Perché nella “Top Five” dei migliori piatti tipici mondiali da assaggiare almeno una volta nella vita, l’unica pietanza dell’Europa centro-meridionale designata, e quindi consacrata come tale, sembra quella di Bevagna in provincia di Perugia, sebbene definita “a version of porchetta”. Parola del New York Times. La specialità nostrana spunta tra le delizie da gourmet, e in particolare quella umbra di una famosa macelleria. Il massimo, assicura il giornale, è un bel panino con la porchetta, meglio se di pane casareccio. Sì, ignorando la Storia, la Cultura e la Porchetta Italica di Campli. “In the ancient town of Bevagna in central Umbria – si legge sul NyT – down a narrow and winding street, is a magnificent butcher shop called Macelleria Tagliavento. Head through the modest and dimly lit space, perfumed by cured meats hanging overhead, and you will find a delicatessen case filled with yet more meat. Past that, perched on a ledge, is a particularly magnificent porchetta. I grew up mostly around central Italy, and this version is the type I remember loving before industrialized methods took over. Porchetta – a deconstructed whole pig, gutted and spiced, then stuffed, tied and roasted, with layers of meat, fat, stuffing and skin – originated in the area around Rome and in the former Vatican states. These days, it’s available all over Italy, including in Bevagna, in the heart of one of the most famous pork-curing regions of Italy. At Macelleria Tagliavento, the skin, glazed and crispy, covers perfectly moist flesh; traditional organ meats, wild fennel pollen, garlic, rosemary and lots of salt and pepper hide inside. The head is left attached for extra-dramatic presentation. It’s usually sold out by noon. Marco Biagetti and Rosita Cariani, the owners, cut the porchetta by hand and use thick slices from a great round loaf of artisanal bread. After wrapping the sandwich in a little butcher paper, they will send you on your way into the street, blinking in the bright light”. Nella “Five Top List” dei cibi da non perdere, la porchetta si trova in compagnia della Mohinga, spaghetti di riso serviti in un brodo di pesce leggermente piccante, con pezzi di banana verde, conditi con citronella, zenzero e aglio, proveniente dalla Birmania. Un piatto da assaggiare dai venditori di strada. Arriva dal Libano invece il Kibbeh Nayeh, carne cruda speziata e la bulgur, un particolare tipo di frumento integrale, che viene servita con olio di oliva, ma può essere anche cotta al forno o fritta. Il New York Times segnala Al-Halabi, ristorante di Antelias a nord di Beirut, per i Kibbeh Nayeh più buoni del mondo. È uno stufato di ceci, carne di montone e pomodoro, in un brodo insaporito con grasso di pecora e curcuma la bontà turca Piti, originaria da Kars, dov’è particolarmente adatto per i lunghi e rigidi inverni della provincia a nordest del Paese. Dal Messico poi arrivano i Tlacoyos, tipo “street food” locale. Sono delle tortilla ovali e spesse di pasta di mais, riempite con vari ingredienti, dai fagioli al formaggio spalmabile, strisce di cactus cotti, salsa di peperoncino, cipolla e coriandolo. Capre, in Italia e negli Stati Uniti di Europa la verità è un’altra! Campli resta il punto di riferimento per sapere dove trovare durante la settimana i fantastici panini farciti con la Porchetta Italica. Un grande classico sempre apprezzato, la Porchetta Italica di Campli, aromatizzata con rosmarino e aglio, affettata finemente a mano. Morbida ma non grassa, in alcuni punta risulta molto croccante, come il panino che la contiene. Do you understand it, Americans? The Porchetta Italica of Campli represents a special culinary italian culture that for 8 centuries has been passed down from generation to generation. In Abruzzo Region, thanks to the Campli’s Porchettai Masters job, this food was on the tables of princes, bishops, nobles and people. The Sagra of the Porchetta Italica of Campli is the First Culinary Festival in Abruzzo Region, from Anno Domini 1964. In the 5 holidays, in August, 100.000 of people arrive in the Campli to taste the supreme delicious and unique italian ancient dish too. Le prerogative ci sono tutte per una 47esima edizione speciale della Porchetta Italica di Campli AD 2018 con la reale moneta storica camplese per l’acquisto delle porchette, nel segno del più grande successo di sempre, insieme ai fratelli di Amatrice e delle città funestate dai terremoti. Dal 1964 la Sagra della Porchetta Italica di Campli è diventata l’appuntamento estivo di fine Agosto più gradito di tutto l’Abruzzo e delle vicine regioni d’Italia. L’Evento che, in cinque giorni, vede finire nella pancia di deliziati avventori oltre 120mila panini fumanti di rinomata Porchetta Italica, “dono” di 300 e più maiali selezionati. I monumenti e la Porchetta Italica di Campli, la Regina delle Sagre d’Italia, esaltano il passato per conservare il futuro di Pace. È una Storia nel segno della croccantezza, della cortesia e della fragranza squisitamente camplesi.

© Nicola Facciolini

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