Intelligenza artificiale: 6 manager su 10 aziende non sono pronti a usarla

Dalla logistica (58%), ai servizi finanziari (45%) all’automotive (36%): per un manager su 2 (51%) l’intelligenza artificiale può creare business e portare vantaggi in diversi ambiti. Tuttavia il 59% dei soggetti monitorati riscontra – nelle aziende e nei lavoratori – una certa impreparazione nell’affrontare le sfide dovute all’avvento delle nuove tecnologie. Le prime si trovano […]

Dalla logistica (58%), ai servizi finanziari (45%) all’automotive (36%): per un manager su 2 (51%) l’intelligenza artificiale può creare business e portare vantaggi in diversi ambiti. Tuttavia il 59% dei soggetti monitorati riscontra – nelle aziende e nei lavoratori – una certa impreparazione nell’affrontare le sfide dovute all’avvento delle nuove tecnologie. Le prime si trovano a fare i conti con la riorganizzazione strutturale (34%) e la formazione delle risorse (29%), due principali conseguenze dell’introduzione e utilizzo dell’intelligenza artificiale. I lavoratori invece hanno davanti l’opportunità di evolvere competenze e abilità (32%) e di imparare a lavorare insieme alla tecnologia (29%). E in questo quadro, secondo i manager, un ruolo focale deve svolgerlo anche il Legislatore, principalmente nello stabilire regole eque senza frenare la spinta a innovare (37%).

E’ quanto emerge da uno studio promosso dal K&L Gates Legal Observatory in occasione del convegno “Le nuove tecnologie al servizio dell’impresa” condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 3.000 manager in Italia monitorando forum, gruppi di discussione e community web sui maggiori social network – Linkedin, Twitter e Facebook – per analizzare il rapporto tra aziende, lavoro e intelligenza artificiale.

“Non v’è dubbio che stiamo attraversando un’epoca di trasformazioni tecnologiche molto simile alla seconda rivoluzione industriale” – spiega l’Avv. Roberto Podda, Partner dello Studio K&L Gates e responsabile del dipartimento di diritto del lavoro – Emergono nuove istanze ed urgenze dal mondo del lavoro, direttamente indotte dall’impatto delle nuove tecnologie sul ruolo dei lavoratori e sul rapporto tra costoro e i datori di lavoro e committenti, decisamente più liquido e discontinuo rispetto al passato. Il legislatore è quindi chiamato ad accompagnare questo cambiamento, proponendo l’adozione di strumenti al passo con i tempi, che superino l’ormai stantio dibattito tra lavoro subordinato ed autonomo e che evitino il deflagrare di un nuovo conflitto sociale 4.0 che sarebbe difficilmente governabile. I temi più urgenti da affrontare? Assicurare ai lavoratori una continua riqualificazione professionale ed assisterli, quando necessario, nel processo di ricollocazione. Ed ancora: di fronte al tramonto dei tradizionali istituti di protezione sociale, promuovere l’introduzione di strumenti (quali, per esempio, le umbrella companies di origine anglosassone) in grado di assicurare un minimo di coperture assistenziali e di continuità nel reddito, senza gravare sulle imprese e sulla collettività”.

Che valore dà alle nuove tecnologie? Per il 51% dei manager, se integrate all’interno di una strategia aziendale funzionale e di lungo periodo, possono portare senza dubbio business e vantaggi competitivi sul mercato. Il 19% dei soggetti ritiene che siano un treno imperdibile per non restare indietro e avere maggiori chance future. Il 15% poi ritiene che possano contribuire a migliorare un servizio o un prodotto nell’interesse del consumatore finale, ovvero rispondere in maniera adeguata alle esigenze del mercato fidelizzandolo. Solo il 12% le reputa un rischio sia per il business che per il lavoro.

Dove possono essere maggiormente efficaci? Per il 57% è la logistica l’ambito che più può beneficiarne, soprattutto nell’ottica di rendere più efficiente la gestione dei magazzini e collateralmente le operazioni di trasporto. A seguire troviamo i servizi finanziari (45%), nella misura in cui l’intelligenza artificiale può dare un contributo in termini di sicurezza, semplificazione e contrasto alle frodi. Il 36% indica il settore dell’automotive, specie per tutto ciò che è legato allo sviluppo di una mobilità futura senza conducenti. Un quarto dei soggetti monitorati (26%) ritiene che l’intelligenza artificiale possa aiutare il comparto manifatturiero nei processi produttivi come ad esempio l’assemblaggio di precisione e, infine, il 18% indica la sanità il territorio in cui grazie alle nuove tecnologie, si possa velocizzare il lavoro dei medici anche a vantaggio della salute dei pazienti.

Quali sfide affrontano o affronteranno le aziende nel loro rapporto con le nuove tecnologie? Al primo posto troviamo la prospettiva di una forte riorganizzazione strutturale (34%) quale conseguenza dell’introduzione e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno del contesto lavorativo. Emerge di conseguenza anche il bisogno di formare i dipendenti alla piena integrazione con la macchina (29%), attività educativa che, per certi versi, può anche essere vista come propedeutica alla riqualificazione del lavoro (21%). Infine il 15% ritiene che le aziende saranno sempre più chiamate a rispettare i contesti regolatori in ambiti come la tutela della privacy.

Per quanto riguarda i lavoratori, invece, quali sono le sfide future? Il 32% dei manager ritiene che quella più impegnativa sia l’apprezzamento dell’opportunità di vedere evolvere le loro competenze e abilità. Implicito a ciò segue la sfida della disponibilità a imparare a lavorare con le nuove tecnologie (26%) e a iniziare a ragionare in termini di maggiore flessibilità (21%). Infine il 19% pensa che la difficoltà principale che i lavoratori dovranno affrontare sarà il dover pensare oltre lo schema della mansione prestabilita, ovvero andare oltre lo storica concezione del ruolo.

Alla luce di ciò, aziende e lavoratori sono preparati ad affrontare l’intelligenza artificiale e tutto ciò che ne consegue? La prospettiva sembra essere negativa per il 59% dei manager indagati: il 24% ritiene infatti che esista una diffuso scetticismo soprattutto verso la gestione della transizione, mentre il 35% nota un atteggiamento poco proattivo nell’aprirsi al cambiamento. Il 21% si mostra moderatamente ottimista per via degli investimenti in innovazione e formazione che le aziende stanno iniziando a prevedere. Appena il 18%, invece, non è preoccupato di tutto ciò, perché ha verificato direttamente o indirettamente che è già ben consolidato un approccio strategico di aziende e risorse all’utilizzo delle nuove tecnologie.

In questo quadro qual è il ruolo attributo al Legislatore? Per il 37% dei manager l’attore pubblico è fondamentale nello stabilire regole che diano equità senza però mettere un freno all’innovazione. Il 23% invece ritiene che debba farsi garante di un compito che dia coordinamento e omogeneità. Il 20% pensa che il Legislatore debba essere in grado di identificare proattivamente i lavori che più saranno coinvolti grazie all’avvento dell’intelligenza artificiale e, in conseguenza di ciò, assicurare programmi di riqualificazione dei lavoratori (19%).

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