Coronavirus. In quarantena ansia e depressione incidono di più su anziani

“La disconnessione sociale ha comportato un maggiore isolamento percepito, che ha predetto una sintomatologia piu’ elevata di depressione e ansia” fra gli individui di eta’ compresa tra i 57 e gli 85 anni. Questi i primi risultati di uno studio guidato da Ziggi Ivan Santini su un campione di 3.000 individui, pubblicato su Lancet Public […]

“La disconnessione sociale ha comportato un maggiore isolamento percepito, che ha predetto una sintomatologia piu’ elevata di depressione e ansia” fra gli individui di eta’ compresa tra i 57 e gli 85 anni. Questi i primi risultati di uno studio guidato da Ziggi Ivan Santini su un campione di 3.000 individui, pubblicato su Lancet Public Health con riferimento agli Stati Uniti. Fanno eco a questa ricerca molte altre indagini, pronte a sottolineare che “bisogna focalizzarsi non solo sull’eta’, quale fattore di rischio per il Covid-19, ma anche su quella porzione di popolazione anziana non infettata o, se infettata, che ha poi avuto un recupero completo senza effetti collaterali a lungo termine”, aggiunge Ipsit Vania, direttore medico della sezione Geriatria e Psichiatria dell’ospedale McLean di Belmont. “La resilienza biologica e psicosociale mostrata da alcuni anziani dovrebbe infatti essere studiata in questa fase come fattore preventivo e protettivo”, scrivono. Alla base di queste posizioni si rintracciano numerosi studi retrospettivi. Tanto che la critica mossa dai ricercatori, nell’editoriale pubblicato ieri sull’American Journal of Geriatric Psychiatry, poggia le sue basi proprio sulle ricerche condotte in seguito all’epidemia di Sars del 2003: “Hanno scoperto come i tassi di suicidio tra gli anziani fossero aumentati durante il periodo dell’epidemia”. Questa indicazione, riflettono gli studiosi, “evidenzia l’urgenza di analizzare l’impatto sulla salute mentale del Covid-19” nella popolazione anziana, “e in che modo il suo impatto negativo possa essere anticipato e ridotto al minimo”. I risultati del mondo accademico sembrano, dunque, muoversi tutti nella stessa direzione. Un altro studio pubblicato a marzo 2020 su Lancet Public Health, a firma Richard Armitage e Laura Nellums, ha esaminato il tema in relazione alla Gran Bretagna. Le conclusioni sono chiare: “L’isolamento sociale tra gli anziani e’ una grande preoccupazione per la salute pubblica a causa del loro aumentato rischio di problemi cardiovascolari, autoimmuni, neurocognitivi e mentali. L’autoisolamento- scrivono i ricercatori- influenzera’ in modo sproporzionato le persone anziane il cui unico contatto sociale e’ fuori casa, negli asili nido, nei centri di comunita’ o nei luoghi di culto”. Le iniziative di sanita’ pubblica, a detta degli esperti, “potrebbero ridurre l’isolamento percepito facilitando l’integrazione e la partecipazione dei social network alle attivita’ di comunita’- conclude il team di ricercatori guidato da Santini- proteggendo cosi’ dallo sviluppo di disturbi affettivi la popolazione piu’ anziana”. 

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