Sanità: studio certifica utilità cure palliative in ospedale

Le cure palliative in ospedale possono migliorare la qualita’ di vita del paziente che si trova in fase avanzata di malattia e aumentare la possibilita’ che il luogo di morte sia quello che preferisce. Lo dimostra un articolo pubblicato nella “Cochrane Library” (una raccolta di database di studi dedicati a supportare il processo decisionale nell’assistenza […]

Le cure palliative in ospedale possono migliorare la qualita’ di vita del paziente che si trova in fase avanzata di malattia e aumentare la possibilita’ che il luogo di morte sia quello che preferisce. Lo dimostra un articolo pubblicato nella “Cochrane Library” (una raccolta di database di studi dedicati a supportare il processo decisionale nell’assistenza sanitaria), frutto di una collaborazione internazionale guidata dal King’s College di Londra, cui ha contribuito anche l’Azienda Usl-Ircss di Reggio Emilia. In particolare i ricercatori hanno esaminato i risultati di 42 studi che hanno coinvolto oltre 6.000 pazienti e mille caregiver e familiari. Anche se i risultati vanno presi con cautela, secondo Massimo Costantini, medico palliativista e Direttore Scientifico dell’Azienda Usl-Irccs di Reggio Emilia, che ha partecipato allo studio, “possiamo gia’ dire che le cure palliative ospedaliere possono offrire vantaggi su dimensioni importanti come la qualita’ della vita, il controllo dei sintomi, la depressione e sul livello di soddisfazione per l’assistenza ricevuta”. L’analisi “ha anche mostrato che coloro che ricevono cure palliative specialistiche in ospedale possono avere maggiori probabilita’ di morire nel loro luogo preferito, che di solito e’ casa propria”. All’ospedala Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, dove l’Unita’ di cure palliative (Ucp)e’ attiva gia’ dal 2013 “i risultati di questo articolo suggeriscono di investire maggiormente nelle cure palliative in ospedale, dato che possono portare miglioramenti tangibili per il paziente, a fronte di un investimento contenuto”. Benefici che, conclude Costantini, “possono essere particolarmente rilevanti dal punto di vista clinico durante le situazioni di emergenza, come la pandemia che stiamo attraversando”.

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