Mutualità scolastica: il riscatto della laurea già in età giolittiana

Anche in età giolittiana esisteva il ‘riscatto della laurea’, o meglio, esisteva una forma di previdenza che lo ricorda da vicino. Tra il 1910 e il 1938, infatti, nel nostro Paese esisteva la mutualità scolastica (istituita con la legge 521 del 17 luglio 1910). Si trattava di una singolare forma di previdenza dedicata ai bambini […]

Anche in età giolittiana esisteva il ‘riscatto della laurea’, o meglio, esisteva una forma di previdenza che lo ricorda da vicino. Tra il 1910 e il 1938, infatti, nel nostro Paese esisteva la mutualità scolastica (istituita con la legge 521 del 17 luglio 1910). Si trattava di una singolare forma di previdenza dedicata ai bambini delle scuole elementari, nata per garantirgli un sussidio in caso di malattia e poi, una volta adulti, una pensione maggiorata al momento del ritiro dal lavoro oltre che un’uscita anticipata. Una sorta, appunto, di riscatto di laurea. A raccontare questa storia previdenziale poco conosciuta è stato Flavio Quaranta, funzionario ispettivo Inail responsabile della sede di Vercelli, appassionato di storia, nell’ambito di un seminario organizzato, questo pomeriggio, all’interno dello stand condiviso Inps-Inail presso il Salone internazionale del libro di Torino.

Ma come funzionava la mutualità scolastica? “La gestione amministrativa era semplice- spiega Quaranta- I bambini che avevano deciso di aderire a questa forma previdenziale versavano 10 centesimi al proprio maestro all’inizio di ogni settimana. Questi soldi, moltiplicati per il totale delle 52 settimane, avrebbero fatto versare un contributo complessivo di 5,20 lire l’anno. Di questa somma, 3 lire andavano alla Cassa nazionale di previdenza, e le rimanenti 2,20 lire andavano in un fondo comune per i sussidi di malattia”. Tutto ciò fino al compimento del dodicesimo anno d’età, termine dell’obbligo scolastico.

“Prevedere per provvedere era il motto di questa iniziativa- dice ancora Quaranta- dopo un successo iniziale, dovuto a una buona propaganda, poi l’iniziativa non attecchì, per tre motivi in particolare: uno di tipo politico (i socialisti, per esempio, vedevano interessati alla mutualità scolastica solo i figli della borghesia); un altro assicurativo (ci si domandava se si sarebbero mantenute le promesse sulla base dei pochi centesimi versati); e un ultimo di tipo pedagogico (in un’età in cui, per i bambini, tutto era gioia di vivere, poteva apparire come qualcosa di strano e lontano parlare della povertà che avrebbero potuto vivere se poco previdenti)”. Ecco allora che nel 1938 la mutualità scolastica tramontò. “E’ stata, però, un’iniziativa importantissima- dice Quaranta- perché per la prima volta, in Italia, i bambini delle scuole elementari furono istruiti non solo sul risparmio in generale ma capirono cos’è un sistema pensionistico. Fin dall’età più tenera i bambini, tramite la mutualità scolastica, furono interessati a dinamiche che poi avrebbero contraddistinto la loro vita da lavoratori e da pensionati. Il punto era proprio insegnare loro quale era il principio della previdenza quando non esistevano ancora le assicurazioni obbligatorie. Possiamo parlare- conclude Quaranta- di archeologia previdenziale”.

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