L’Italia è una Repubblica fondata sui birilli

“Lavori in corso: la formula magica per dire ‘qui non si muove un ca**o’ da vent’anni.” Benvenuti nel Paese dove il birillo è più sacro del tricolore.Non è un semplice cono arancione, è il totem di una civiltà che ha trasformato l’attesa in religione e la lentezza in stile di vita. Se pensavate che le […]

“Lavori in corso: la formula magica per dire ‘qui non si muove un ca**o’ da vent’anni.”

Benvenuti nel Paese dove il birillo è più sacro del tricolore.
Non è un semplice cono arancione, è il totem di una civiltà che ha trasformato l’attesa in religione e la lentezza in stile di vita. Se pensavate che le autostrade fossero fatte per far correre le auto, vi sbagliavate di grosso: in Italia servono soprattutto a farvi meditare sulla natura effimera del tempo.

A11 e A12: la Toscana e la Liguria, tra miraggi e perdite di tempo
Prendete l’A11, la famosa Firenze-Mare, che dovrebbe portarvi dalla splendida città dei Medici fino alla costa. Lì, tra restringimenti “improvvisi” e cantieri che sembrano dipinti da Escher, il viadotto “da sistemare” è diventato una leggenda urbana. Nessuno l’ha mai visto, ma tutti lo citano come la creatura mitologica che giustifica la coda eterna.
Più a nord, la A12 è un vero e proprio film horror della viabilità: cantieri aperti, chiusi, riaperti, spostati, rimossi e rimpiazzati. Qui i birilli hanno più storia di un museo, e ogni tanto qualche operaio appare come un cameo: si fuma una sigaretta, guarda il cellulare, magari sposta un birillo di qualche centimetro, e poi sparisce. Il tempo lì si dilata, e ogni chilometro diventa un’eternità.

A24 e A25: la giostra delle promesse mai mantenute
L’A24 e l’A25 sono quelle autostrade verticali, tra Roma e l’Abruzzo, che sembrano fatte apposta per ricordarci che il tempo è un’illusione. Qui i cantieri durano più di una guerra, e gli escavatori sono diventati monumenti alla ruggine. Ogni tratto chiuso per “manutenzione straordinaria” è in realtà un invito a mettere in pausa la vita.
Ogni tanto si vede un operaio – o forse è un fantasma – che passa il tempo guardando TikTok mentre fuma una Marlboro. Il resto? Solo birilli allineati, come soldatini in una battaglia contro il buon senso.

A1, A14, A58 e tutte le altre: la sinfonia degli eterni lavori
Sull’A1, la “Autostrada del Sole”, che dovrebbe essere la colonna vertebrale del Paese, si alternano tratti con cantieri eterni che sembrano campagne elettorali: promettono che “questo è l’anno buono”, ma poi niente, tutto resta fermo.
La A14, che percorre l’Adriatico, è un infinito tappeto di cantieri che rallentano il traffico e aumentano la pressione sanguigna degli automobilisti. La A58, tangenziale Est di Milano, è un esperimento sociale sulla pazienza umana: lavori fermi e ripresi senza logica, con operai che sembrano in vacanza permanente.
Ogni autostrada ha la sua colonna sonora: il rumore dei motori in coda e il fruscio dei birilli che ondeggiano al vento, come a prendere in giro chi ancora spera in una strada senza ostacoli.

La Salerno-Reggio Calabria: il calvario senza fine
La A2 è un mito, ma non nel senso positivo: qui i lavori non finiscono mai. Le deviazioni sono più numerose delle curve, i viadotti crollano come castelli di sabbia, e i cantieri aperti sono tanti da potersi costruire un villaggio con tende e roulotte.
“Fine lavori previsto” è una frase che fa ridere amaramente chi ogni giorno si ritrova in coda. Qui il tempo si è fermato, o forse si è perso nei meandri di una burocrazia senza uscita.

Il Ponte di Messina: il sogno eterno e la realtà infinita
E infine, il capolavoro dell’assurdo: il Ponte sullo Stretto di Messina. Un progetto che sembra uscito da un romanzo di fantascienza, tanto è irrealistico. Da decenni si parla di costruirlo, ma il cantiere è rimasto solo una piazzola di sosta per birilli e macchinari arrugginiti.
Rendering futuristici, annunci trionfali e promesse da campagna elettorale si alternano a file infinite di automobilisti che aspettano il traghetto, impantanati in un parcheggio d’acqua. Il ponte non si fa, ma i birilli sì: proliferano come funghi velenosi, a testimonianza dell’arte di non fare nulla.

Il Capo Birillo: il sovrano dell’immobilismo
Il Capo Birillo, maestro supremo dell’arte del fermo, rivendica con orgoglio la sua missione. “Non si tratta di costruire, ma di fermare.
Il vero lavoro è insegnare agli italiani la virtù della pazienza.
Quando capiranno che il viaggio è l’attesa, allora forse sposteremo quei birilli… di qualche centimetro.”

Conclusione: il Paese che corre camminando all’indietro
In Italia, ogni autostrada è una sfida all’infinito, ogni cantiere una poesia del nulla. I birilli sono i nostri nuovi monumenti nazionali, arancioni e immutabili.
Abbiamo trasformato il viaggiare in un atto di resistenza, la fretta in un ricordo lontano.
Benvenuti nella Repubblica fondata sui birilli: dove l’unico traguardo possibile è sopravvivere alla prossima deviazione.

Carlo Di Stanislao

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