Una recente omelia nella chiesa di Santa Maria Assunta di Assergi ha sollevato un dubbio sulla figura del santo eremita Franco: per il predicatore, basandosi su informazioni reperite online, il monaco non sarebbe mai stato ordinato sacerdote. Un’interpretazione che contrasta con le conclusioni degli studiosi locali e con le tracce visibili ancora oggi nel paese.
Già nel Settecento Nicola Tomei, sacerdote e storico di Assergi, sosteneva l’ordinazione di Franco. Nei suoi scritti argomentava che, pur dedicandosi alla vita eremitica, l’eremita possedeva i requisiti per il sacerdozio, essendo stato scelto abate dai confratelli e avendo studiato lettere fin dalla giovane età. A suo avviso, l’omissione di un esplicito rifiuto del presbiterato negli atti agiografici equivaleva a una conferma: se avesse rifiutato l’ordine sacerdotale, come fece per l’incarico abbaziale, l’avrebbe sicuramente menzionato.
Le testimonianze artistiche e architettoniche della chiesa parrocchiale rafforzano questa ipotesi. Nella navata settentrionale si conserva una statua lignea del XV secolo che ritrae Franco a grandezza naturale con la pianeta, tipico indumento sacerdotale, e con un libro in mano. Nell’antica cripta, sul frammento dell’urna originale, è inciso l’abbreviazione latina “Presb.”, interpretabile come “presbitero” o “sacerdote”. Un tempo esisteva inoltre una teca d’argento cinquecentesca raffigurante il santo vestito da sacerdote, trafugata e mai recuperata.
Anche l’altro principale biografo di Franco, Demetrio Gianfrancesco, parroco di Assergi nel Novecento, conferma che il santo “quasi certamente sacerdote” rinunciò all’esercizio del ministero per restare fedele all’ideale eremitico ma continuò a partecipare ai sacramenti celebrati dai monaci benedettini.
Il caso sottolinea l’importanza di consultare le fonti originali e di non affidarsi esclusivamente a ricostruzioni online, dove verità e imprecisioni spesso convivono senza adeguati controlli. Per comprendere figure storiche antiche come San Franco, la ricerca diretta nei documenti e negli ambienti che ne custodiscono la memoria resta essenziale.