Abruzzo capofila del no al petrolio e tagli in sanità

All’Emiciclo, ieri, il Consiglio Regionale ha bocciato all’unanimità qualsiasi ipotesi di trivellazione per la coltivazione e la ricerca del petrolio, proponendosi, inoltre, come capofila tra le regioni adriatiche, per contrastare ogni possibile atto rivolto alla creazione di un distretto petrolifero che riguardi questa parte d’Italia. La risoluzione punta di fatto alla proposizione di un disegno di […]

All’Emiciclo, ieri, il Consiglio Regionale ha bocciato all’unanimità qualsiasi ipotesi di trivellazione per la coltivazione e la ricerca del petrolio, proponendosi, inoltre, come capofila tra le regioni adriatiche, per contrastare ogni possibile atto rivolto alla creazione di un distretto petrolifero che riguardi questa parte d’Italia.

La risoluzione punta di fatto alla proposizione di un disegno di legge contenente una proposta da presentare alle Camere (ai sensi del comma 2 dell’articolo 121 della Costituzione) per bloccare ogni attività petrolifera nel mare Adriatico. Un disegno di legge da trasmettere a tutte le regioni bagnate dall’Adriatico per ribadire il divieto assoluto di “prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi”, come riportato nel testo del documento, frutto di una sintesi delle proposte di maggioranza ed opposizione e delle istanze delle associazioni ambientaliste. Soddisfatto per l’esito del voto il Governatore Gianni Chiodi, che sottolinea come “il no al petrolio in Abruzzo sia suffragato dai fatti. Da quando siamo alla guida della Regione non è stata concessa alcuna autorizzazione per l’estrazione del petrolio ed è stata bloccata la realizzazione del Centro Oli”. L’idea di una proposta di legge nazionale alle Camere su iniziativa dei consigli regionali della fascia adriatica fu del capogruppo Idv Carlo Costantini. Proposta apprezzata anche dalla maggioranza che ha contribuito a migliorare il documento licenziato dall’aula.  Sempre nel Consiglio di ieri, certo più tranquillo di quello che oggi, in seduta speciale, deve occuparsi di piano sanitario “lacrime e sangue”, è stato approvato il disegno di legge con il quale viene prorogato al 31 dicembre il termine per continuare ad usufruire della gratuità sui servizi di trasporto pubblico locale ed extraurbano. In virtù di questo provvedimento studenti e lavoratori potranno godere di abbonamenti gratuiti per le tratte extraurbane. Ripristinata, inoltre, la gratuità anche per i biglietti andata-ritorno per le altre fasce di popolazione (come gli anziani). Potranno beneficiarne tutte le persone che dimorano fuori del Comune  di residenza, inserito, naturalmente, nel cratere sismico. Titoli di viaggio gratuiti  fino a fine anno anche per i bus urbani dell’Ama nella città dell’Aquila. Di ben altra natura, immaginiamo, il Consiglio di oggi, per l’approvazione di un piano, che dicono dall’opposizione e prevede solo tagli e grazia miracolosamente la sanità privata. Un piano che non dà ai cittadini delle aree interne alcuna alternativa e che mette in difficoltà ogni territorio, ogni presidio pubblico di tutte le province abruzzesi, con una insensata battaglia tra i territori, invece che nella direzione di una riaffermazione regionale della sanità pubblica in cui il privato faccia il privato e non il privato assistito con i soldi pubblici. Dai sindaci sui tetti e in sciopero della fame ai cortei degli amministratori pubblici, dalle dichiarazioni unitarie dei sindacati a quelle degli esponenti politici di opposizione e di maggioranza (pochi questi ultimi in verità, almeno a livello pubblico, perché in privato…): non c’è abbastanza spazio per dare conto del malcontento provocato dal Piano. E in tutte le proteste il denominatore comune è la critica per il metodo verticistico con cui sono stati imposti tagli e sacrifici. Certamente la voragine sanità non si è creata oggi ma nel tempo, fin dagli anni novanta e altrettanto certamente, le 5 delibere fatte approvare dall’assessore Dominici nel 2005 aperto praterie all’incursione della sanità privata sia per i ricoveri ospedalieri, che per quelli in Rsa che nelle strutture riabilitative ex art. 26, con pagamento a piè di lista di tutto quanto era richiesto. Ma ora pare tanto evidente quanto mascherato e nascosto, un fatto grave: nella gestione della sanità da parte della Giunta regionale, vi è stata una totale estraneità politica ai problemi del riassetto ospedaliero, prima per la presenza del commissario Gino Redigolo, poi attraverso la figura del sub commissario nominato da Roma. E adesso Chiodi, evidentemente più legato alle sue referenze romane e nazionali che alle esigenze del territorio, si assume la responsabilità dei tagli e della chiusura dei piccoli ospedali, in quanto è, adesso, anche commissario al settore, tirando fuori a sorpresa, un ulteriore carico pendente: i 101 milioni che riguardano la mancata cartolarizzazione degli edifici delle Asl, che invece sono rimasti invenduti. Interpretando il parere di molti (i sindaci ed i rappresentanti delle categorie della sanità, giunti oggi all’Emiciclo con più di 30 pullman), scrive Sebastiano Calella su PrimadaNoi, “restano intoccabili gli appalti, mentre si perdono le tracce del miglioramento dell’assistenza sanitaria”. Come dargli torto? Chi si dice d’accordo con il piano è il sindaco di Teramo, il medico ospedaliero Gianni Brucchi, che parla di scelte determinate e coraggiose, fatte non più con l’occhio antico delle logiche di campanile e di feudo, ma con quelle moderne e necessarie di “Regione”. In una sua recente e molto ferma uscita pubblica, il sindaco-medico Teramo sostiene (ma altri sono di parere contrario), che Teramo non è affatta privilegiata nel piano Chiodi-Venturoni ed anzi, pur essendo una città di confine, si vede ridotti spazi ed erogazione di risorse. Che dire allora dell’ex ASL 04, ora più ampio come 01, che ha un territorio smisurata, insiste su un’area dai molti confini, è orograficamente complessa ed offre eccellenze anche didattiche (attraverso l’Università) che altre realtà non condividono? Se la storia insegna qualcosa, essa deve ricordarci che il S. Salvatore, architrave della sanità dei territori interni abruzzesi, è nato e si è accreditato come ospedale di riferimento regionale e con le sue pur alterne vicende, è sempre stato, anche nei duri momenti di questi ultimi 16 mesi, in grado di corrispondere alla sua lusinghiera storia. Certo, so bene, dopo trenta anni di professione e diversi piani attraversati, che perchè un piano sanitario possa sortire gli effetti auspicati devono passare non meno di 10-15 anni dal suo inizio e sono necessari almeno 3 o 4 aggiustamenti in itinere. Questo che è successo sempre ed anche nella regione Veneto e in Toscana, che sono le due prese a modello per i loro assestamento sanitario. Ma, torno a dire, occorrono comunque precise linee guida o nella direzione di una tutela del pubblico e del privato; le due cose assieme non sono conciliabili 

Carlo Di Stanislao 

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