Finalmente!

(A proposito del tentativo di Obama e della Clinton di dirimere l’annosa e sanguinosa controversia israelo-palesinese). Si capirà leggendo che titolo e sottotitolo non rispecchiano affatto l’intento e il contenuto di questo pulviscolo. Infatti il “Finalmente!”non riguarda l’iniziativa di Obama e della Clinton ma Fiamma Nirenstein per aver titolato il suo articolo del 22 agosto […]

(A proposito del tentativo di Obama e della Clinton di dirimere l’annosa e sanguinosa controversia israelo-palesinese).

Si capirà leggendo che titolo e sottotitolo non rispecchiano affatto l’intento e il contenuto di questo pulviscolo. Infatti il “Finalmente!”non riguarda l’iniziativa di Obama e della Clinton ma Fiamma Nirenstein per aver titolato il suo articolo del 22 agosto 2010 per Il Giornale :

Israele farà accordi solo quando l’odio avrà un freno”.

Brava Fiamma anche se questa precondizione non può che rimandare a tempi forse incalcolabili la pace tra Israeliani e Palestinesi. Cioè fino a quando un Giornalismo di Pace non si sarà sostituito all’attuale giornalismo, cinico perché partigiano, in altre parole fino a quando il Giornalismo di Pace non si sarà sostituito al Giornalismo di Guerra.
Cerco di spiegarmi.
Nel titolo della Nirenstein c’è una grande intuizione, per essere Fiamma una giornalista e politica di parte come tutti i giornalisti e tutti i politici. La stessa intuizione grazie alla quale io che non solo per non essere una militante politica ma per essere una Giornalista di Pace vado dicendo da anni e cioè che contabilizzando le proprie ragioni, nulla o quasi può essere risolto se non come nei tribunali usuali secondo cioè una giustizia codificata.
Nel nostro caso a me pare non confutabile che entrambi i contendenti abbiano ragioni da vendere e che per tale motivo non è verosimile una bilancia in grado di stabilire quali ragioni abbiano maggior peso e diritto delle ragioni contrapposte.
Sembra un di più troppo bizzarro aggiungere che anche nell’ipotesi di un confronto numerico quanto mai eloquente e cioè che una parte abbia nove ragioni a sostegno dei suoi diritti e l’altra ne abbia soltanto due, tutte dello stesso peso e valore, la parte che rivendica i suoi diritti con solo due motivazioni non dovrebbe avere la stessa valenza di quella che rivendica i suoi diritti sulla base di nove motivazioni? Che si accetti o non questa bizzarria essa vorrebbe dimostrare in sostanza l’impotenza della razionalità alla soluzione di gran parte delle controversie umane.
Il problema invece investe la sfera dei sentimenti, ecco entrare in campo il menzionato odio. Se i sentimenti non vengono coltivati lo spazio del modo di sentire umano viene occupato dalle rivendicazioni razionali e dagli accadimenti che ne conseguono e quindi dalle passioni, in questo caso fanatismo e odio, che da essi scaturiscono. E quando le passioni non trovano argini di sorta non rimane che il ricorso allo scontro frontale.
(Un esempio direi grottesco lo troviamo perfino in certi comportamenti dei religiosi appartenenti a diversi riti, nella stessa Chiesa del Santo Sepolcro, che giungono alle mani in vere e proprie zuffe per futili o magari non futili motivi, in ogni caso incompatibili con quel particolarissimo luogo di preghiera e con la loro condizione di gente di chiesa. Ciò è a dire sconfitta dei sentimenti e vittoria delle ragioni dettate da rivalità quand’anche ben motivate).
Si è detto e non abbastanza ripetuto che Gerusalemme non dovrebbe appartenere a nessuno, essendo appunto il luogo della preghiera, quindi luogo di tutte le religioni, ebbene non so se più gli Israeliani o più i Palestinesi continuano a reclamarne la proprietà (anche se nella tolleranza e pacifica convivenza con le altre religioni). Ambedue le parti operano un distinguo tra la spiritualità e il possesso dei luoghi. Quindi un luogo aperto spiritualmente a tutti ma di proprietà materiale o israeliana o palestinese.
E’ ovvio che con tali presupposti non si giungerà mai alla Pace.
E’ ovvio anche che le usuali trattative tra governi non possono non continuare ad onta degli insuccessi sortiti fino ad ora. Anzi devono intensificarsi.
Ma tutto questo accadrebbe e sarebbe accaduto se Israeliani e Palestinesi non avessero sortito un pubblico vastissimo occupando instancabilmente il monitor televisivo e spazi privilegiati dei giornali mentre in altre parti del mondo continuano indisturbate e non o scarsamente appena menzionate molte carneficine? Se consideriamo che forse sarebbe stata evitata tanta strumentalizzazione e l’accanito scontro nell’opinione pubblica tra chi parteggia per gli Israeliani e chi per i Palestinesi, cosa che ha implicitamente legittimato il terrorismo praticato dai Palestinesi e le speculari misure difensive degli Israeliani.
Se al contrario l’opinione pubblica fosse indotta a pensare al di fuori di convinzioni partigiane e dichiarasse ripetendosi ossessivamente che le due parti sono destinate a convivere nello stesso spirito di fratellanza antecedente agli insediamenti israeliani, se cessasse d’esprimere con parole e pubbliche manifestazioni il deleterio sostegno delle ragioni dell’una o dell’altra parte, se sostenesse con instancabile petulanza l’idea che soltanto offrendo una credibile garanzia di vicendevole sicurezza e di Pace potrebbe essere possibile non tanto stabilire regole di convivenza quanto riuscire a fare a meno di qualsiasi regola.
Non dico nulla di nuovo che la Storia non abbia abbondantemente dimostrato. E cioè che soltanto cancellando la necessità di difendersi si possono scongiurare molti conflitti. Salvo quelli scaturiti da malate ideologie e vecchi decrepiti deliri di conquista.
Sottolineo che tutto questo dovrebbe essere soprattutto insegnato nelle scuole, dove purtroppo la tifoseria tanto appassionata quanto deleteria di tanti insegnanti ha formato molta opinione pubblica che davvero non lavora per la Pace. Opinione pubblica alimentata dall’elite del mondo della Cultura e dell’Informazione, non lontana spesso dall’assolvere più o meno ambiguamente a volte a chiare lettere il terrorismo eguagliandolo alla guerra. Come se scegliere lucidamente di uccidere civili fosse fatto assimilabile all’involontario costo pagato dalla società civile previsto dalla iattura della guerra. Guerra che continua ad essere analizzata o celebrata ora come indispensabile consapevolezza culturale ora trionfalisticamente dalla Storia dei vincitori in tutti i Paesi o ancora come estrema risorsa a difesa della Patria
In altre parole mentre la guerra fa parte della (demenziale) civiltà umana, il terrorismo è crudeltà al fine appunto d’incutere terrore tra i civili, e mentre la prima si sforza di darsi delle regole a mitigare l’orribile soluzione di certe rivalità tra popoli o meglio tra i loro governanti, il secondo non ha regole di sorta, anzi si dice in diritto di non averle rispondendo esclusivamente alle proprie ragioni intrise di odio.

Gloria Capuano

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