Ecco l’esoscheletro, “una tecnologia robotica” che farà camminare i paraplegici

Cose che voi umani non potreste neanche immaginare. Viene da parafrasare Blade Runner pensando al progetto dell’esoscheletro che il Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio sta portando avanti per consentire ai paraplegici di fare ciò che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe neppure osato immaginare: alzarsi in piedi sulle proprie gambe e camminare. […]

Cose che voi umani non potreste neanche immaginare. Viene da parafrasare Blade Runner pensando al progetto dell’esoscheletro che il Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio sta portando avanti per consentire ai paraplegici di fare ciò che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe neppure osato immaginare: alzarsi in piedi sulle proprie gambe e camminare. Un progetto che sembra fantascienza, ma invece è già realtà. Perché presso il polo di ricerca e riabilitazione dell’Inail è già in fase di sperimentazione una tecnologia robotica, inventata dall’ingegnere paraplegico israeliano Amit Goffer e testata fin dal 2001 dallo Sheba Medical Center di Tel Aviv. Dove il soldato Radi Kaiof, rimasto paralizzato ancora ventenne durante operazioni di servizio, già da un paio d’anni sperimenta quella speciale struttura robotica che gli permette di sedersi e alzarsi da una sedia, passeggiare e perfino salire le scale con sorprendente naturalezza.
“Il recupero del cammino da parte di persone con lesione midollare completa è una delle cose più difficili da immaginare ed ha impegnato moltissimo i ricercatori negli ultimi decenni”, spiega Franco Molteni, specialista in riabilitazione e direttore clinico dell’Ospedale Villa Beretta di Costa Masnaga che, insieme al Centro protesi di Vigorso di Budrio, sta portando avanti il progetto dell’esoscheletro. “Fino ad oggi però erano stati presi in considerazione semplicemente sistemi passivi, ovvero senza motore e capacità di movimento”, prosegue Molteni. “In questo caso invece stiamo applicando una tecnologia che, da un lato, sostiene il paziente in stazione eretta e, dall’altro, simula esattamente il movimento dei muscoli attraverso dei piccoli motori inseriti nell’esoscheletro e comandati dal busto che dà il là, innescando la sequenza tipica del cammino”.

Per questo l’esoscheletro, più che a una corazza, somiglia a un’armatura. “Un’armatura che il lavoro di ricerca sta cercando di rendere il più possibile leggera e indossabile addirittura sotto i vestiti”, precisa Molteni: “Un’armatura dotata di tutti dispositivi necessari a sostenere e far camminare la persona e di un computer in grado di controllare l’intero processo”. Attualmente la sperimentazione, che a Villa Beretta coinvolge dodici pazienti mentre altri sei saranno reclutati a Budrio, è già in fase di verifica. Si tratta cioè di metterne alla prova l’efficacia su soggetti che abbiano riportato una lesione midollare completa al di sotto della quarta vertebra dorsale. Un impegno che promette sviluppi interessanti anche per le vittime di un infortunio sul lavoro. “Oggi il progetto è rivolto a tutte quelle persone che hanno subito una lesione midollare di tipo traumatico o vascolare”, chiarisce il ricercatore. “Ma ? avverte ? l’esoscheletro non rappresenta una soluzione per tutti. E in primo luogo non è adatto a chi ha avuto un ictus cerebrale”.

Nel frattempo la sperimentazione procede senza sosta e la prima fase terminerà entro il prossimo anno. Fin da ora, però, l’Inail sta studiando come ampliare la platea dei pazienti. Probabilmente, inoltre, l’esoscheletro potrà entrare in commercio già dalla fine del 2011. “Ma attenzione a non creare l’illusione che basta indossare una tuta per camminare come niente fosse ? precisa Molteni ?. Bisogna selezionare bene i pazienti, avere le giuste motivazioni e lavorare sodo. Ed è necessario che intorno al paziente ci sia un ottimo team di medici, fisioterapisti e ingegneri”. Se la prudenza è d’obbligo, non manca però il messaggio di speranza: “Perché la ricerca procede a passo spedito e non è escluso che, nei prossimi anni, migliorerà quel mix nuove tecnologie, robotica e servizio alla persona che già rende l’esoscheletro un progetto tanto speciale. E poi ? conclude ? siamo al passo con gli Stati Uniti, dove l’esoscheletro è stato sperimentato con analoghe modalità a Filadelfia, e una volta tanto l’Italia non arriva dopo tutti gli altri”.

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