I giovani aquilani chiedono tensostrutture in centro per tornare a una “vita normale

Continuano a chiedere luoghi in cui riprendere una vita normale i giovani aquilani e lo fanno nelle sedi più diverse. Infatti, se solo pochi giorni fa alcuni gruppi di studenti delle scuole secondarie hanno occupato, insieme a ragazzi più grandi, uno stabile inagibile di proprietà del comune, altri, in un incontro tenutosi ieri presso il […]

Continuano a chiedere luoghi in cui riprendere una vita normale i giovani aquilani e lo fanno nelle sedi più diverse. Infatti, se solo pochi giorni fa alcuni gruppi di studenti delle scuole secondarie hanno occupato, insieme a ragazzi più grandi, uno stabile inagibile di proprietà del comune, altri, in un incontro tenutosi ieri presso il Liceo Classico “D. Cotugno” del capoluogo abruzzese hanno chiesto alle istituzioni di poter avere delle tensostrutture nel pieno centro della città ormai abbandonato.

“Ci siamo stancati – ha affermato una studentessa durante l’incontro – di trascorrere le nostre serate in un viale trafficato. Abbiamo richieste concrete, le istituzioni non hanno più scuse per questo immobilismo”. La soluzione individuata dai ragazzi dunque è quella di tre tensostrutture da collocare in tre zone del centro: una a piazza Palazzo, sede del Comune della città, luogo molto frequentato dai ragazzi prima del sisma data la vicinanza alla Biblioteca provinciale, dove realizzare un caffè letterario in cui poter anche studiare; la seconda struttura dovrebbe essere posizionata, secondo le richieste dei ragazzi, nella piazzetta di San Bernardino, altro luogo caro agli adolescenti aquilani, per dare spazio a esibizioni serali di gruppi musicali; la terza in piazza Duomo dovrebbe offrire un luogo dove organizzare incontri culturali.

La richiesta è stata posta all’aquilano Giorgio De Matteis, vice presidente vicario della regione Abruzzo, che si è detto pronto a chiedere un incontro al commissario per la ricostruzione Gianni Chiodi e al sindaco dell’Aquila Massimo Cialente per esaminare le richieste dei ragazzi. Durante l’incontro sono stati anche presentati i risultati di un questionario somministrato ai 1.200 liceali, sviluppato, somministrato ed esaminato da un gruppo di studenti del liceo stesso, con il supporto del preside Angelo Mancini, sulle esigenze dei giovani dopo il sisma del 6 aprile del 2009.
Il risultato univoco del questionario è stata la conferma di un forte bisogno di luoghi di aggregazione per i giovani e la netta volontà di tornare nel centro storico, e non di passare il tempo libero nelle scuole, come proposto dall’amministrazione comunale che sta lanciando il progetto “scuole aperte” che prevede l’apertura delle aule scolastiche e universitarie nelle ore pomeridiane al fine di colmare la carenza di spazi aggregativi e per consentire lo svolgimento di attività socio culturali. “Non vogliamo ghettizzarci nelle nostre scuole. Questo progetto non risolve il problema” hanno affermato gli studenti durante l’incontro odierno. D’accordo con loro il preside del liceo “D. Cotugno” che ha sostenuto che il ritorno ad una vita normale non significa frequentare le strutture scolastiche anche nelle ore libere.

Laura e Federica sono all’ultimo anno del liceo classico. 19 e 18 anni. Studiano in un’aula riscaldata di uno stabile comunale, ancora inagibile e non riparato. Le crepe alle pareti non sono rassicuranti, ma la struttura sembra solida: ospitava, prima del sisma un asilo e da 10 giorni è stato occupato da gruppi di liceali e universitari. Laura e Federica sono belle e vitali. “Vorremmo restare qui all’Aquila, fare qualcosa di utile, ma poi c’è anche la voglia di avere 18 anni normali e di andarsene in una città che sia una città. Gli amministratori locali ci hanno promesso più volte in questi due anni che si sarebbero dati da fare per noi, ma non hanno fatto nulla”. In mezzo alla frustrazione delle loro parole, però, c’è anche posto per un guizzo quasi eroico: “Stiamo scoprendo che possiamo essere protagonisti della nostra vita, noi ragazzi aquilani possiamo uscire dall’anonimato e dalla stasi in cui vivono i nostri coetanei. Noi abbiamo un grande compito, ricostruire questa città”. “Però è difficile e, anche se a malincuore, andremo via. E ci sentiamo già in colpa per questo, ed è grande l’ammirazione per gli universitari che restano qui, ma qui dopo due anni è tutto fermo, e siamo stanche”.

Laura e Federica parlano in tandem, dimostrazione che certi discorsi li hanno affrontati tantissime volte: ” Vivi immaginando di fare cose grandi, sogni, progetti, poi ti scontri con le difficoltà di vivere in una città che non c’è, con le vetrine del centro commerciale che hanno sostituito i portici, schiava di passaggi e mezzi, appuntamenti e orari, mentre prima eri libera, semplicemente di vivere in una città sicura”. L’effetto? “Una vita sospesa, fra l’amore per questo posto e la voglia di restare e di fare delle cose belle per tutti e la voglia di andarsene, il prima possibile e magari anche lontano, così da non avere la voglia di tornare”.

Capita lo stesso a Carlo, 16 anni, frequenta il terzo anno dello scientifico. “Non vedo l’ora di finire il liceo per andarmene via”. Abitava in centro, adesso sembra “disorientato” in uno spazio, in una vita forse, che non riconosce. L’ironia non gli manca: “Alla fine di questo anno scolastico avrò ?vissuto’ 15 giorni (360 ore) in un autobus. La distanza dalla scuola alla zona in cui ci hanno assegnato la casa provvisoria è di 13 chilometri ma con l’autobus ci metto quasi un’ora per andare e una per tornare. Più di 350 ore in 9 mesi di scuola, come 15 giorni di vita”. Sorride e racconta che avere 16 anni all’Aquila non è facile: “Dopo scuola torni a ?casa’, poi qualcuno deve portarti o al centro commerciale o in qualche posto. Al centro commerciale ci sono andato pochissime volte, anche perché visto che non c’è niente da fare, capita spessissimo che ?ci esce la rissa’ con qualcuno che deve mena’ a qualcun altro, e a me invece piace stare con i miei amici. Per questo preferiamo comunque venire in centro anche se è tutto chiuso e triste. Ci fermiamo nell’unico bar aperto e facciamo un giro per le 4 vie percorribili. Il sabato un panino al Mac e poi sul viale dove hanno riaperto dei locali in casette di legno”. Anche lui da qualche giorno passa i pomeriggi nello stabile occupato. E i genitori che dicono? “Niente, solo di rientrare senza puzzare troppo di fumo. Per il resto capiscono che c’era bisogno di uno spazio in cui passare i pomeriggi, stare con gli altri ragazzi, ascoltare la musica, studiare”.

La scorsa primavera all’Aquila ci furono i provini per il Grande Fratello. Si presentarono moltissimi ragazzi, ma la produzione fece sapere che nessun aquilano avrebbe fatto parte del cast: troppo noiosi, tutti avevano parlato troppo del terremoto. “E voi, riuscite a passare una giornata senza pronunciare la parola terremoto?”. Ci pensano. “Sì, oggi è la prima volta che se ne parla e sono le 19… ma ce lo hai chiesto tu”. Laura aggiunge: “Certo però, se il terremoto non ci fosse stato non saremmo qui… Vuoi o non vuoi c’è un prima e un dopo 6 aprile… prima andavamo in biblioteca, adesso siamo tornati all’asilo!”. Ridono.

Foto Manuel Romano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *