Marvin Wilson: Ucciso nella notte

Anche se il suo quoziente intellettivo era di 61, nettamente inferiore alla quota di 70 considerata la soglia d’infermità mentale e nel 2002, la Corte Suprema aveva deciso di vietare l’esecuzione di condannati con disabilità psichica, nella notte è stato giustiziato in Texas, con una iniezione letale, il 54enne afro-americano Marvin Wilson, giudicato colpevole per […]

Anche se il suo quoziente intellettivo era di 61, nettamente inferiore alla quota di 70 considerata la soglia d’infermità mentale e nel 2002, la Corte Suprema aveva deciso di vietare l’esecuzione di condannati con disabilità psichica, nella notte è stato giustiziato in Texas, con una iniezione letale, il 54enne afro-americano Marvin Wilson, giudicato colpevole per l’omicidio di un informatore della polizia, Jerry Williams, che pochi giorni prima lo aveva denunciato come spacciatore.

Nel tardo pomeriggio del 7 agosto, la corte suprema ha rifiutato un ultimo appello degli avvocati dell’uomo contro la sentenza e ha confermato l’esecuzione.

Gli appelli sono stati respinti, nonostante un neuropsichiatra con 22 anni di esperienza alle spalle, nominato da una corte, avesse confermato il ritardo mentale di Wilson.

Un articolo dell’Huffington Post riassume la vicenda (vedi: http://www.huffingtonpost.com/2012/08/07/marvin-wilson-execution-texas_n_1753968.html. )

Cresciuto in estrema povertà, facendo fatica a compiere gesti semplici come allacciarsi le scarpe, contare il denaro, falciare il prato., Wilson aveva frequentato scuole speciali, dove aveva ottenuto risultati mediocri. Da adulto si manteneva facendo qualche lavoretto manuale e ha avuto un figlio da una convivente.

Vari gli appelli risultati vani inviati da diverse associazioni umanitarie al governatore del Texas Rick Perry, già candidato repubblicano alla Casa Bianca, che già in passato aveva  posto il veto ad un progetto di legge bipartisan per mettere al bando nello stato le esecuzioni di condannati con ritardi mentali.

In Texas la pena di morte per iniezione letale viene praticata dal 1982.

L’anno scorso negli Usa sono state giustiziate 43 persone, di cui il 30% proprio in questo Stato che si conferma come il più “forcaiolo” degli USA.

Sono 43 nel mondo i paesi che ancora adottano la pena di morte, con  Cina, Iran e Arabia Saudita che sono quelli ai primi tre posti nel 2011, secondo il rapporto 2012 di Nessuno tocchi Caino “La pena di morte nel mondo”, presentato a Roma lo scorso 3 agosto.

La ricerca, edita da Reality Book, conferma quella che è una tendenza ormai irreversibile verso l’abolizione della pena di morte nel mondo, dove i Paesi che hanno deciso di eliminarla – per legge o nella pratica – sono oggi 155. Il boia lavora ancora, come dicevamo,  in 43 Stati, uno in più del 2011 poiché il Sudan del Sud – che ha guadagnato l’indipendenza dal Sudan nel luglio del 2011 – ha mantenuto la pena di morte.

Nel 2011 e nei primi sei mesi del 2012, non si sono registrate esecuzioni in 4 Paesi – Bahrein, Guinea Equatoriale, Libia e Malesia – che le avevano effettuate nel 2010. Viceversa, in quattro Paesi il boia ha ripreso a lavorare: Afghanistan e Emirati Arabi Uniti  nel 2011; Botswana e Giappone nel 2012,dove proprio in quest’ultimo, il boia ha ripreso a lavorare il 29 marzo 2012, quando tre detenuti sono stati impiccati per omicidio nelle prigioni di Tokyo, Hiroshima e Fukuoka.

Nel 2011 almeno 898 esecuzioni, contro le 823 del 2010, sono state effettuate in 12 Paesi a maggioranza musulmana. Nel 2011 e nei primi sei mesi del 2012, prosegue la ricerca, la legge coranica è stata applicata tramite impiccagione, decapitazione e fucilazione, anche se il `metodo´ più cruento rimane la lapidazione: il condannato viene avvolto in un sudario bianco; la donna è interrata fino alle ascelle, mentre l’uomo fino alla vita. Un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati – in alcuni casi anche semplici cittadini autorizzati dalle autorità – le scagliano contro i bersagli.

Negli Usa la pena capitale è prevista in 37 Stati su 50, e dal governo federale e, a livello mondiale, gli Stati Uniti sono secondi solo alla Cina nel numero di condanne a morte inflitte ogni anno e, fino allo scorso marzo, erano uno dei pochi Paesi che permettevano la pena capitale per reati commessi da minorenni: una pratica che la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale.

Per quanto riguarda i metodi di esecuzione, è prassi ormai utilizzare l’iniezione letale, prevista in 37 Stati su 38. Il secondo metodo più utilizzato è la sedia elettrica.

Samuel Gross, docente alla facoltà di Legge dell’Università del Michigan, uno dei curatori del Registro nazionale delle “exonerations”, cioè delle persone scagionate dalle accuse dopo la condanna e la carcerazione, i 2.000 errori giudiziari finora scoperti, in un Paese con 15-20 mila omicidi all’anno, rappresentano solo la punta dell’iceberg.

Questa dato è confermato dal fatto,  come la Cook County di Chicago, con 78 “exoneration”, e altre con nessuna.

E anche dal fatto che le aree in cui sono attive le organizzazioni a difesa dei presunti innocenti, come il Northern California Innocence Project della Contea di Santa Clara, vantano sempre un maggior numero di persone scagionate di quelle che ne sono prive.

Lo scorso maggio, al  “Festival Biblico di Vicenza”, suor Helen Prejean, la religiosa americana che ispirò negli anni Novanta il celeberrimo Dead Man Walking, il film che vinse 4 premi Oscar, portata sullo schermo da un’intensa Susan Sarandon, assistente spirituale (e non solo) di un Sean Penn destinato al patibolo, ha presentato il suo recente libro La morte degli innocenti (Edizioni San Paolo), in cui afferma che negli USA, negli ultimi dieci anni, comunque, grazie all’opera di molti, una forte diminuzione dell’appoggio alla pena capitale, anche nei cosiddetti stati della Death Belt, cioè la “cintura della morte”, ovvero Texas, Oklahoma, Alabama, Mississippi, South Carolina, Missouri e Georgia. Nel libro anche il contributo di Don Heller, un magistrato repubblicano pentitosi del suo appoggio alla morte di Stato, che denuncia il fatto che, finora,  la pena di morte negli Stati Uniti è costata la cifra pazzesca di 4 miliardi di dollari, pari a 185 milioni all’anno.

 

A Vicenza alla suora è stato chiesto se nella attuale partita per la Casa Bianca tra il presidente Barack Obama e lo sfidante repubblicano Mitt Romney, i due candidati hanno toccato l’argomento e lei ha risposto che certamente nessuno dei due intende farlo, perché la questione è in fondo alla agenda politica di tutti.

Suor Helen ha testualmente detto: “Obama non l’ha mai citata e non lo farà. Tutto ciò nonostante sia incontrovertibile il cambiamento popolare su questo argomento. È proprio la gente che sta spingendo, con i referendum, la politica e l’ambiente legislativo a rivedere le leggi. Questo è un motivo di speranza: significa che è la gente e non la politica, a far cambiare in meglio le cose”.

Carlo Di Stanislao

Una risposta a “Marvin Wilson: Ucciso nella notte”

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