A chiare lettere

Il governo italiano manda a dire all’Europa che sul pareggio di bilancio non intende, nel rispetto della clausola delle ‘circostanze eccezionali’, e volendo “accelerare il pagamento dei rimanenti debiti pubblici arretrati per ulteriori 13 miliardi, che aumenteranno il rapporto debito/pil nel 2014”, per quest’anno rispettare la clausola, assicurando che il pareggio vi sarà e sarà […]

renziIl governo italiano manda a dire all’Europa che sul pareggio di bilancio non intende, nel rispetto della clausola delle ‘circostanze eccezionali’, e volendo “accelerare il pagamento dei rimanenti debiti pubblici arretrati per ulteriori 13 miliardi, che aumenteranno il rapporto debito/pil nel 2014”, per quest’anno rispettare la clausola, assicurando che il pareggio vi sarà e sarà strutturale nel 2016, attraverso un piano di privatizzazioni da circa lo 0,7 per cento di pil all’anno ed annunciando, infine, che per il restante 2014 i risparmi della spending review “saranno usati per finanziare un ambizioso piano per ridurre il cuneo fiscale e aumentare la crescita potenziale dell’Italia nel breve e medio termine”.

Per giustificare il ritardo di pareggio, fatto slittare di due anni, il governo ha scritto una lettera in inglese direttamente alla Ue, inviata dal ministro della Economia Pier Carlo Padoan al vicepresidente della Commissione europea Siim Kallas, che nel confermare il ricevimento della stessa, aggiunge che la Commissione ne prende nota e che il rinvio verrà esaminato insieme con il Def (documento di economia e finanza).

Chi si infuria è invece Brunetta che si scontra con la Presidente Laura Bultrini durante la riunione dei Capigruppo alla Camera, prima sostenendo che, non volendo il governo mostrare il testo della lettera, questa era solo un bluff e poi, avutala, bocciandola per intero con la affermazione che è “confusa ed imbarazzante” , ricevendo la pronta risposta su twitter di Matteo Renzi che dice che ci sono sempre i bastian contrari, che ogni volta si appellano a qualcosa di diverso, prima le coperture per gli 80 euro promesse, ora la lettera e chissà poi domani.

Dopo lo scontro fra la Buldrini e Brunetta la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio, ha stabilito che inizierà giovedì mattina alle 10.30 in aula alla Camera l’esame del Def, con dalle 14, le dichiarazioni di voto in diretta tv e, attorno alle 16, il voto vero e proprio.

Lucio Fero sul Blitzquotidiano, nota come, ancora una volta, con mosse astute Renzi rintuzza i suoi avversari nella sincopata corsa politica di queste europee.

Beppe Grillo e M5S vanno dicendo a gran voce e raccogliendo voti a man bassa sulla parola d’ordine di “rinegoziare con l’Europa, altrimenti referendum sull’euro” e Sel vuole un’”altra Europa”, insieme con Tsipras, con meno austerità nel 2014/2015.

Ora dovranno entrambi rimodulare i loro piani strategici per queste elezioni, adesso che è il governo, con una sortita a sorpresa, a . chiedere all’Europa un pezzo di ciò che all’Europa chiede Forza Italia, M5S, Fratelli d’Italia, Lega Nord, Lista Tsipras, Cgil e Confindustria etc etc.

Sarà anche una sceneggiatura smagliata quella di Renzi, ma di certo funzionale nel tessuto più che smagliato della politica nostrana.

Alla vigilia del Consiglio dei ministri che dirà come e a chi gli 80 euro, forse con abbassamento degli sgravi fiscali, o con non meno Iperf ma meno contributi, la trovata di Renzi e dei suoi cogklie di sorpresa gli avversari e costringe l’Europa a guadare in faccia una realtà che non può continuare a bacchettare e comandare censoriamente.

Sulla sua lettera Padoan smorza le polemiche definendo la vicenda una “tempesta in un bicchier d’acqua”, ma sa benissimo che è una tempesta sufficiente in uno stato di totale confusione come quello che oggi regna nelle ciurme avverse.

Sarà anche vero, come è stato scritto, che sin’ora l’ex sindaco rottamatore assomiglia più a Mario Segni che a Tony Blair, ma certo il suo “spiraglio” continua ad essere l’unico possibile per una politica del tutto e da ogni lato delegittimata e le sue trovate geniali per tamponare gli avversari.

Guardando ai fatti, l’ex sindaco di Firenze ha aperto senza dubbio qualche finestra di rinnovamento e creato problemi al blocco conservatore che attraverso la supremazia sul nostro Stato domina lo sviluppo (recentemente il non sviluppo) dell’Italia.

La susseguente domanda necessaria è, però, se poi tutto ciò abbia il fiato per portare a termine un’impresa riformistica non dico completamente risolutiva dei nostri guai ma almeno rilevante, insomma non sia solo schiuma destinata a rifluire al primo ritirarsi dell’onda.

Il problema del rapporto tra cultura e forza necessarie per cambiare, come nei suoi precursori, non è risolto in renzi e pur tuttavia quanto fatto immaginare su burocrazia e smantellamento di rendite di comodo fanno pensare ad uno svecchiamento di uomini e di stili.

Per ora solo lettere e dichiarazioni su argomenti vari e cruciali: dalle regioni alle pensioni, dalla legislazione d’emergenza per la lotta prima al terrorismo poi alla mafia, al giusto processo fatto senza separare le carriere dei magistrati, dalla modifica dell’immunità e delle amnistie parlamentari senza parallele considerazioni per il rapporto tra politica e giustizia, alle elezioni dirette di sindaci-presidenti di Provincia-governatori attuate senza vere modifiche delle leggi sugli enti territoriali, dal mattarellum al porcellum, fino alla modificazione del titolo V per cercare di togliere due voti alla Lega, comprendendo le fondazioni bancarie, le privatizzazioni senza liberalizzazioni e senza diffusione thatcheriana dell’azionariato popolare, con un’adesione “antinazionale” (come si disse: abbiamo bisogno di un vincolo che ci disciplini dall’esterno) all’euro, insomma – e potremmo “elencarne” ancora – di scelte “strutturali” (in realtà per lo più destrutturali) sulle istituzioni sia per ciò che riguarda la Costituzione formale sia quella materiale, se ne sono fatte numerose nell’ultimo mezzo secolo e sempre con un ritmo imposto sostanzialmente – in tanti casi esclusivamente – dall’emergenza, evitando o minimizzando comunque il dibattito critico anche perché si doveva fare i conti con uno schieramento ostinatamente conservatore prima centrato su Dc e Pci, e poi su “las momias costituzionaliste” ben armate grazie alla Repubblica, alla Cgil più i vari Santori, Crozze, Travagli, GianAntonioStelle eccetera, e alla magistratura combattente.

Con Lodovico Festa, infine, credo che l’opera di Renzi (peraltro incistata nell’azione di un Giorgio Napolitano, che ha qualche merito per avere evitato crisi più pericolose, ma gravissime responsabilità nel non avere saputo aprire la via a una riforma nazionale impossibile senza scelte coraggiose di pacificazione), apre qualche spazio ma è non solo culturalmente bensì pure strutturalmente limitata. Per adesso non è poco.

Chaltron Hescon in “Fenomenologia del cialtronismo contemporaneo”, (Einaudi, 1998), ci dice che “nessuno, infine, è cialtrone a vita” e fa nutrire buone speranze per chi, almeno, prospetta nuove posizioni e sviluppa imprevisti colpi di testa e genio.

Scrive Alessandro Baricco (che a Renzi ha detto no, come si ricorda), in “L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin”: “Se si chiedesse alla gente, alla gente dei concerti, cosa mai distingua la musica colta da quella popolar-leggera, Berio da Sting e Vivaldi da Elvis […] è facile presumere che […] la gente metterebbe a fuoco alcune argomentazioni-base del tipo “la musica colta è più difficile, più complessa” oppure “la musica leggera è un fatto di consumo e basta, quella classica invece ha un contenuto, una natura spirituale, ideale”.

Ci serve questa frase per dire che adesso, dopo la lettera e le altre trovate, Renzi è pollista quanto basta per frenare Grillo ed autonomo e critico verso l’Europa da rintuzzare Lega Nord e Sel.

Carlo Di Stanislao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *