Intervista al pittore Giancarlo Ciccozzi: “Guardo la realtà filtrandola attraverso gli occhi della mia mente”

L’Aquila sarà rappresentata negli Usa dall’artista Giancarlo Ciccozzi, molto apprezzato con idee ben precise non solo sull’arte ma sulla cultura e la situazione mondiale in generale. L’Artista aquilano è stato scelto tra miglaia di altri artisti a rappresentare l’Italia a Hollywood agli “Oscar Project” di Hollywood, California USA, per il Conference Room, 6250 Hollywood Boulevard 2016. Abbiamo avuto […]

L’Aquila sarà rappresentata negli Usa dall’artista Giancarlo Ciccozzi, molto apprezzato con idee ben precise non solo sull’arte ma sulla cultura e la situazione mondiale in generale. L’Artista aquilano è stato scelto tra miglaia di altri artisti a rappresentare l’Italia a Hollywood agli “Oscar Project” di Hollywood, California USA, per il Conference Room, 6250 Hollywood Boulevard 2016. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo per L’Impronta.

Parlami del tuo lavoro “Trasposizioni”

Trasposizioni è un’opera che ha origine dal terremoto del 2009.
È un’opera informale materica (…)
Racconta la storia “interrotta” da quel tragico evento e si è nutrita di tutti quegli incontri, emozioni, gioie e dolori di quel periodo buio. Un dipinto che può parlare di tutti, che può raccontare e risvegliare le storie di tante persone.
L’impatto è immediato, dirompente; è carica di eventi e di momenti, di zone d’ombra e di possibilità date, negate, ma anche pieno di luce e di leggerezza.
“Specchio” della mia storia che, attraverso l’impeto del colore, abbozza il bisogno di una cornice, che ferma, argina e definisce uno spazio e un tempo, che mi ha portato alla coscienza che un cambiamento è avvenuto, ma anche di quella coscienza che si libera dai miei terremoti emotivi più profondi.
E’ un bisogno di “trasporre” le mie emozioni; in essa è contenuta sofferenza, voglia di rinascere e, senza saperlo, voglia di donare…, sia a me stesso che agl’altri.
Volevo trasmettere uno scorcio di natura impetuosa che si è fatta sentire dinanzi alla la mediocrità dell’uomo e dei suoi errori, dove l’ombra prende forma nello sguardo di chi ammira, nell’emozione di chi impatta nell’opera, dove si intrecciano passato e presente, fuoco e acqua, notte e giorno, angoscia e pace, morte e vita, paura e coraggio, tragedia e comicità. Un’evoluzione verso la leggerezza, volti e figure che ogni spettatore riflette nel caos di colori che ho gettato di fiotto con mano arrabbiata, impetuosa, divertita, ma spesso, almeno per me, formidabile.

Quale è il tuo rapporto con l’arte ?

Già da piccolo ero affascinato dall’arte, quella immensa dei canoni classici, e forse perché mio padre, Severino, amava molto gli artisti, più o meno affermati, degli anni del dopoguerra a cominciare da Guttuso, Cascella, Carrà, Boccioni, fino a Modigliani piuttosto che Fontana o Burri. Vedevo quei dipinti che esteticamente non erano il massimo della bellezza estetica o figurativa, ma che naturalmente mi “attraversavano” in modo formidabile.
Ero curioso di capire i concetti che portavano l’artista a quel risultato, più che ammirare il dipinto in sé .…
Era il tratto, il modo di lasciare i colori sulla tela con pennellate libere, leggere e quasi soavi, accostare materiali diversi, che istintivamente lasciavano intuire la forza dell’artista che stava creando e provando emozioni in quegl’istanti.
Fatale fu l’incontro con l’opera di Jackson Pollok e Pomodoro; rimasi sbalordito dal fatto che io, già da qualche tempo, creavo opere simili alle loro (senza presunzione), ma senza sapere neppure della loro esistenza.
Da li il distacco, direi un distacco naturale, dal figurativo classico e l’affaccio all’arte contemporanea.
Oramai mi era negata la normale fruizione del bello a cui ero abituato (Michelangelo, Velasquez, Caravaggio ecc.). Ho cominciato a cercare qualcosa di più, nel profondo … un processo forse naturale che mi portava più a riflettere e “sentire” che ammirare l’opera.

Quali sono gli strumenti, le tecniche con cui preferisci lavorare?

Il legame con la materia è il mio punto di forza; non tralascio comunque l’uso della classica pennellata. Nell’informale materico, che rifiuta tutti i canoni classici a cui ero stato abituato, si utilizzano spatole e supporti che più da pittori sembrano quelli di un falegname.
Nelle mie opere prediligo materiali come legno, metallo, colori ad olio o acrilici, leganti, colle, stucchi, polvere e pietre.
Essendo un tipo con una spiccata sensibilità, non riesco neanche io a dare una giusta spiegazione ai materiali che utilizzo o al tipo di tecnica più adatta in quel momento particolare. Lo faccio e basta, senza stare a sottilizzare troppo sul tipo di pennello o spatola o piuttosto del colore acrilico o ad olio.
Combinare ingredienti naturali ed elementi di sintesi, strati di pigmento puro ed oggetti di recupero per ricavarne la mia profondità espressiva. Creo quadri scultorei penetranti di sicuro effetto visivo e sensoriale. La musicalità nelle mie opere è sensibilmente sempre presente. Con utensili, spatole, arnesi di ogni genere diventano gli strumenti per cercare di provare emozioni e crearne nella mente di chi osserva.

Quale è il messaggio principale che vuoi trasmettere con le tue opere?

Innanzitutto, mai più opere senz’anima …
L’arte è solo ed esclusivamente un fatto di idee, concetti ed emozioni: è su questo principio che mi baso per dipingere o creare le mie opere. Secondo il mio “sentire”, nell’opera astratta moderna, non ha importanza la competenza tecnica o il gusto del bello; non basta dipingere un grappolo d’uva che riproduca realisticamente quello della vigna o quello acquistato dal mio fruttivendolo sotto casa Francesco: occorre saper dare la possibilità di cogliere quello che di invisibile vi sta dentro, e cioè, l’anima del grappolo d’uva.
Egoisticamente debbo dire che lo faccio più per me che per gl’altri, ma automaticamente si trasforma in un modo col quale posso urlare ciò che ho dentro al mondo.

Cosa provi mentre crei?

Quando mi ritrovo, non per caso, davanti ad una tela vergine, mi sento carico di trepidazione, sicuramente derivante da un evento che mi ha travolto, oppure ispirato da un sogno fatto la notte precedente, od ancora preso dalla voglia di immortalare un pensiero, un concetto o una persona che mi stimola in modo particolare.
Interpreto e vedo il pennello, la spatola, gli stucchi piuttosto che le colle ed i materiali, e poi i colori, come il mio unico mezzo per esprimere ciò che stò provando in quel momento.
Non mi fossilizzo sulla tecnica o la scelta dei colori, acquarelli, pennarelli, matite, o carboncini; l’importante è sentirli “vicini”. Diventano un tutt’uno con il “me stesso” che ho dentro, un proseguimento della mia mano.
Guardo la realtà filtrandola attraverso gli occhi della mia mente; non ho interesse del risultato finale o di cosa gli altri penseranno della mia opera: in quei momenti è come se stessimo soltanto io e l’”altro io”, senza maschere, con l’unico mezzo per trasferire ciò che ho dentro al di fuori.
Per me l’arte è il cibo dell’anima e, solo quando riesco a saziarla, mi sento appagato e contento, anche se spesso mi capita di vederla finita dopo mesi o addirittura dopo anni (come è accaduto per “Trasposizioni).

Quando hai capito che la tua passione poteva diventare un lavoro?

Sinceramente non la vedo come un lavoro!
Per me è riduttivo interpretare l’arte come un lavoro; certo, anche gli artisti debbono mangiare!
Comunque ho accettato il fatto che potesse diventare l’occupazione che potesse togliere molto tempo all’attività di imprenditore che svolgo attualmente, nel momento in cui ne ho accettato le conseguenze….
Penso che vivere è possibile facendo qualsiasi cosa, dipende dal tenore di vita che scegliamo. Vivere della propria arte è possibile rinunciando ad una serie di sicurezze che per molte persone sono indispensabili.
E poi, il fascino del pittore porta sempre con sé il fascino di altri tempi; a me, questo, basta e avanza. Come già ho detto, per me è un modo per esprimermi; a volte lo faccio anche scrivendo. (Ho pubblicato “Le Storie migliori sono quelle personali” con un’ottimo successo, ed è in procinto di pubblicazione il mio secondo lavoro letterario – Romanzo)

Avevi pianificato la cosa o è successo in modo inaspettato?

Sicuramente no; sono stato sempre dietro le quinte, oppure mi sono comportato da paziente spettatore; ma qualcosa mi covava dentro.
Dovevo incontrare le persone giuste con gli eventi giusti per superare quella mia insicurezza legata al fatto del giudizio, o peggio, di vedermi sfumare quell’illusione fantastica che portavo dentro sin da piccolo.
E per questo debbo sinceramente ringraziare alcune “belle persone” che hanno creduto in me, che hanno speso tempo per me, e che mi hanno ridato una nuova vita dopo un brutto periodo legato al terremoto dell’Aquila e non solo. Grazie …

Quali progetti per il futuro ci sono nel tuo cassetto?

Dopo la splendida notizia di essere stato scelto tra miglaia di altri artisti a rappresentare l’Italia a Hollywood agli “Oscar Project” di Hollywood, California USA, per il Conference Room, 6250 Hollywood Boulevard 2016, ho in corso la Biennale del Senso e della Materia a Greccio, presso il Museo MACS curato dal maestro Guido Carlucci ed ospite d’onore Vittorio Sgarbi. Sono stato premiato come Artista 2015  al “Premio internazionale Michelangelo Buonarroti” a Seravezza (Lucca). Nei primi mesi del 2016 parteciperò alla mostra a palazzo presso la prestigiosa Galleria Farinio a Bologna, alla quale sono stato invitato.

Il Progetto futuro

Un progetto futuro, ma prossimo, che stò già vagliando assieme al maestro Guido Carlucci, creatore e direttore della Biennale del Senso e della Materiaa Greccio (TR) è quello di creare proprio all’Aquila un contesto ad hoc per tutti gli artisti emergenti e non nel quale si possano confrontare e crescere artisticamente e culturalmente. Naturalmente un progetto non da poco poiché si avrà bisogno di spazi idonei, un’organizzazione oculata e non da meno una struttura organizzativa che possa attrarre pubblico alla città dell’Aquila, con tutto ciò che comporta l’indotto per la collettività (Lavoro, aspetto economico, turistico, ricettività, ecc.)

Luisa Stifani

4 risposte a “Intervista al pittore Giancarlo Ciccozzi: “Guardo la realtà filtrandola attraverso gli occhi della mia mente””

  1. Alfonso Salmaggi ha detto:

    Bravo gianca’, in bocca al lupo.

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