La forma dell’acqua della politica italiana

È quasi impossibile scattare oggi un’istantanea della società italiana, dare una forma alla sua politica: le operazioni fatte negli ultimi anni dai tre principali leader hanno prodotto dei partiti liquidi. Prima Matteo Renzi ha tentato di diventare l’erede di Berlusconi, cogliendo proprio la natura liquida del berlusconismo: un movimento basato sulla “rottamazione” – come verrà […]

È quasi impossibile scattare oggi un’istantanea della società italiana, dare una forma alla sua politica: le operazioni fatte negli ultimi anni dai tre principali leader hanno prodotto dei partiti liquidi.

Prima Matteo Renzi ha tentato di diventare l’erede di Berlusconi, cogliendo proprio la natura liquida del berlusconismo: un movimento basato sulla “rottamazione” – come verrà poi chiamata – di tutto ciò che l’ha preceduto, su un modello comunicativo molto forte e sull’uomo solo al comando circondato da una classe dirigente di fedelissimi.
Poi Di Maio lo ha imitato: spostandosi in continuazione da destra a sinistra, negli ultimi anni il Movimento Cinque Stelle ha tentato di dare un senso (cioè un risultato elettorale) alla sua natura originaria. Rinnegate molte delle idee con le quali era entrato in Parlamento ‒ lo Ius Soli, ad esempio ‒ il M5S si è rivelato il partito “liquido” per eccellenza. Quello che, pur indossando il doppiopetto mentre incontra l’alta finanza a Londra, fa incetta di voti al centro-Sud con proposte quali il reddito di cittadinanza.
Infine, Matteo Salvini: l’unico dei tre leader a non porsi in realtà come il successore di Berlusconi (fu eletto segretario proprio al grido di “mai più con B.”), è colui che ne raccoglie davvero l’eredità politica. E non solo numericamente, ma soprattutto da un punto di vista mentale: basta andare a guardare la nuova egemonia all’interno del blocco di centrodestra. Un risultato ottenuto decostruendo un partito fortemente radicato sul territorio come quello pensato da Bossi in origine. Quel partito ha allargato i propri confini: si è sciolto in tutta Italia, si è infiltrato nel Meridione che prima insultava, si è travestito da nazionalista quando il suo fondatore voleva “pulirsi il culo” con il tricolore.

Quelli che oggi sono i maggiori partiti hanno subìto, insomma, uno smottamento identitario: uno svuotamento dei propri valori da parte dei propri leader. Il risultato di una politica liquida (che è riduttivo chiamare quindi post-ideologica) è sì la facilità con cui “nuovi” movimenti si costruiscono, ma anche quella con cui essi si sciolgono: all’interno di partiti-contenitore, sempre più verticistici ed elastici, ridotti spesso a comitati elettorali, basta poco per acquistare o perdere moltissimi voti. Lo dimostra la letterale liquefazione del centrosinistra, ormai ridotto ad entità impalpabile. Oppure il Partito di Renzi, oggi meno della metà di quello che era nel 2014; lo dimostra ancora la Lega: quattro volte più grande di quella che partecipò alle ultime Politiche.
Paradossalmente, l’unico partito che regge nonostante tutto è quello di Silvio Berlusconi: il capostipite di tutti quelli liquidi che l’hanno seguito e, probabilmente, superato. Oggi, dare una forma a Forza Italia rimane ancora possibile: fare altrettanto con la Lega, il PD e il M5S, capire quale direzione prenderanno domani o la loro futura forza è invece impossibile.

Giovanni Succhielli-Pressenza

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